Una lettera mi basta • Terzo Binario News

Una lettera mi basta

Nov 3, 2014 | Blog, Silvia Leuzzi

Una lettera mi basta

di Liu Xiaobo

per Xia
una lettera mi basta
per andare oltre e
trovarmi a parlare con te

proprio come il vento che attraversa
la notte
e usa il suo sangue
per scrivere un verso segreto
che mi ricorda che ogni parola
è l’ultima

il ghiaccio che hai nel corpo
si scioglie in una leggenda di fuoco
negli occhi del carnefice
l’ira diventa pietra

due file di sbarre di ferro
inaspettatamente si sovrappongono
falene sbattono forte le ali verso
la luce della lampada, segno incessante
che disegna la tua ombra

8. 1. 2000

Liu Xiaobo

Liu Xiaobo

Hanno chiuso la cella; hanno buttato la chiave. La penna è diventata un ago e la carta tante pezze da cucire. Questa è la pena assurda che sta scontando questo poeta, colpevole di aver aderito al movimento Charta 08, di cui è stato il primo firmatario, alla cui stesura aveva attivamente collaborato.

Professore, politico e poeta Xiaobo nato nel 1955 ha inteso l’impegno con l’umiltà e l’amore per il suo paese, propria degli orientali, senza clamori o vanità. Quando nel 1989 ci furono le mobilitazioni che portarono agli scontri di Piazza Tienanmen, Xiaobo era in Occidente per alcune conferenze, che interruppe per tornare in Cina a dare il suo aiuto a quella lotta per un paese più libero e giusto. La dura repressione, il sangue di quei morti non potranno cadere nell’oblio del silenzio. Scrive nella poesia Le anime dei morti in primavera :
“Quella primavera, un’illusione divenne per le madri eterna pena “.

È quella pena che ha spronato gli intellettuali cinesi, tra cui Liu, a redigere Charta 08.

Sono gli artisti e i pensatori cinesi che hanno pagato e pagano il prezzo più alto, per aver espresso pubblicamente il loro dissenso ad un governo corrotto e oligarchico.
La poesia e l’arte tutta non è più semplice gusto per il bello, ma diventa uno strumento di lotta per una società più giusta e onesta, .

Xiaobo è stato condannato da un processo farsa ad undici anni di reclusione, costretto all’isolamento e trattato peggio di un delinquente pericoloso.
A nulla è valso il premio Nobel per la Pace attribuitogli nello stesso anno, se non ad inasprire gli animi tra il governo cinese e quello danese. Inasprimento che sono costati alla moglie di Xiaobo e ai suoi familiari gli arresti domiciliari e la perdita di ogni forma di sostentamento.
Dopo il primo momento di clamore per la famosa sedia vuota a Oslo, i governi e l’Occidente tutto hanno dimenticato questo poeta e insieme a lui tutti gli altri: artisti, giornalisti, pittori e intellettuali in genere perseguitati tutt’oggi..

Il motivo di queste righe è proprio quello di ricordare questo povero poeta, che vive in completo isolamento, costretto a cucire divise per carcerieri, privato e avvilito perché colpevole di aver pensato, di aver insegnato a pensare ( il grande compito degli insegnanti è anche la loro colpa – Socrate docet ) di aver proclamato i suoi pensieri e di averli scritti.
Ho scoperto questo poeta grazie ad un articolo del giornale La Repubblica. Io di questo intellettuale cinese non ricordavo neppure l’esistenza e ringrazio l’autore del pezzo ( di cui non rammento il nome e chiedo perdono! ), per averlo riportato alla nostra attenzione.

Io nel mio piccolo provo a fare altrettanto senza dilungarmi sulle condizioni politiche e umane di Xiaobo ma cercando di scoprire meglio il poeta. Ho scelto la poesia: In una lettera mi basta, perché
non è una poesia politica ma una poesia d’amore, di un grande amore:

“una lettera mi basta
per andare oltre e
trovarmi a parlare con te “

l’amore non è solo la passione della carne, l’amore è fatto di parole, di comunicazione tra esseri umani. Se si è compreso il concetto dell’amore, quello che, usando i versi del poeta: “ .. usa il suo sangue / per scrivere un verso segreto “ si sono compresi l’infinito del pensiero e la sua libertà da difendere sempre, anche e soprattutto quando:” negli occhi del carnefice /l’ira diventa pietra “.

Se entriamo nella vita attraverso la porta dell’amore, che non è una filamentosa e stucchevole caramella, ma un sentimento che pervade ogni nostra azione, impariamo il gusto del libero pensiero.

Purtroppo i pensatori, gli artisti, le anime libere sono come: “falene sbattono forte le ali verso/ la luce della lampada,” o poveri Albatri, goffi sulla terraferma per quanto aggraziati nel volo sconfinato, sempre affacciati a quel colle “ che il guardo esclude “.

Xiaobo, Baudelaire, Leopardi un filo teso sull’Infinito.

Queste menti sempre in anticipo sui loro tempi; li prevengono ma vengono affogate nei flutti rabbiosi delle tempestose Bocche di Bonifacio, limite mitologico del pensiero, oltre il quale: “ il cor si spaura “, come scrisse il sempiterno Giacomo.

Questi uomini ci dimostrano una cosa in cui credo: che la politica è un metodo di vita, è una scelta coraggiosa e morale, un impegno a cui attendere con serietà e spirito di sacrificio e non una via di fuga dalle responsabilità e trionfo dell’opportunismo becero, così come sembra diventata dalle nostre parti, dove assistiamo ogni giorno alla commedia avvilente di teatranti da strapazzo, millantatori e facinorosi a cui abbiamo dato le sorti della nostra vita.

Liu Xiaobo ha coraggiosamente affrontato il Dragone cinese con la sua penna e il suo libro.

La penna è stata ridotta in briciole, l’inchiostro bevuto fino all’ultima goccia e il libro bruciato dal fuoco della repressione ma Liu è lì, gettato in una cella, che ripete a memoria più volte al giorno il documento Charta08 e scrive le poesie con l’acqua sul pavimento di pietra.

Nessuno di noi avrà mai la fortuna di leggere quei versi, solo l’aria se ne giova e il suo animo provato. Il corpo straziato si ribella e afferma di vivere in quei versi non versi, in quel nulla che gli permette di esistere, di affermare a se stesso che, se hanno rinchiuso un corpo e lo hanno condannato a cucire ( se ci penso, credo che al suo posto, mi sarei impiccata con il filo), quel corpo ha un cervello, un animo poetico che nessun carcere, nessun isolamento, nessuna privazione riusciranno a tacitare.

Noi che siamo soliti vivere di stoltezze, totalmente inquinati dalle banalità, pusillanimi e bambocci, che pestiamo i piedi per ragioni sicuramente meno importanti, noi dovremmo trarre insegnamento da questi maestri del dolore. Invece nella nostra bella società di marionette dipinte, l’importante è apparire, per l’Essere c’è sempre tempo…
La poesia si chiude con cinque versi, che si riveleranno profetici per la vicenda umana e familiare di Xiaobo:

“…..due file di sbarre di ferro
inaspettatamente si sovrappongono
falene sbattono forte le ali verso
la luce della lampada, segno incessante
che disegna la tua ombra “

Alla moglie è stata praticata una tortura psicologica fatta di: isolamento e privazioni economiche. Attualmente ho letto che è rinchiusa in un ospedale psichiatrico. Una spessa coltre di silenzio è calata su questa povera gente.

Purtroppo il potere, soprattutto dittatoriale ( senza distinzioni di colori e tendenze, dittatura è privazione della libertà di pensiero e non si può accettare MAI ) ha come presupposto di ridurre in briciole il pensiero speculare e critico.

Oggi in Cina si sta assistendo ad un progresso economico di tipo consumistico. Si è liberi di acquistare ma non di pensare. Del resto a chi detiene il potere economico non servono pensieri ma soldi.

Assistiamo ogni giorno, privi di parole e scandalizzati, alla perdita di qualsiasi valore morale di fronte al crescente bisogno di avere, di acquistare, di affermare di essere attraverso il possesso di oggetti.

Le nostre celle hanno sbarre d’aria ma ci sono. Il nostro inchiostro, al pari dell’acqua di Liu, evapora al contatto con la menzogna e l’amoralità. Ma abbiamo la fortuna dell’illusione della libertà e abbiamo l’obbligo di dare voce a questo poeta, che oggi è dimenticato dallo stesso Occidente, che con la Cina fa grossi affari. Le dittature sussurrano parole dolci alle orecchie del Dio Quattrino, ai piedi del quale giacciono ammassati: corpi, versi, spartiti, quadri, libri e la croce di un tizio che disse di scegliere tra Dio e il Potere, che illuso! Non si sono vergognati di usare pure quella croce per fare soldi e i versi e le scoperte e i quadri e la musica. Tutto viene riciclato dal potere del dio Denaro; tutti siamo costretti ad ossequiarlo e pochi sono coloro che possono affermare di non averlo pregato: Liu Xiaobo è uno di questi.

Chiudo con alcuni versi tratti dalla poesia struggente e lunghissima Le anime dei morti in primavera e compresa nella raccolta Elegie del Quattro Giugno, scritta da Xiaobo a diciotto anni dalla strage di Piazza Tienanmen del 4 giugno 1989,

“….
Quella primavera, si gettò sotto i cingoli dei carri armati
Pur donando ogni saggezza pur offrendo la mia nuda anima
non sono assurto alle altezze della tomba

Quella primavera, un illusione divenne per le madri eterna pena
da allora ogni primavera
è legata con ceppi e catena
Ma io so
essa è prova e lascito delle anime dei defunti

Quella primavera, il crollo delle mie speranze
Il mio esile corpo la mia debole anima
se ne andarono prima del primo fascio di luce
Temo ogni prodezza da eroe
e non ho la forza d’infierire su me stesso
Una vita rinchiusa
lotta nel vuoto
Posso solo accendere una sigaretta
afferrare saldamente ogni attimo della caduta
sopravvivere è una prova
nessuno sa
se crollerò in meno di un’ora

Ho verniciato di nero uno specchio
lo lecco finché sia lucido da riflettere di nuovo