SuperProvincia sì ma non sia né un carrozzone né il feudo di Fiumicino • Terzo Binario News

Il primo aprile 2020 il pesce d’aprile di Terzo Binario fu la provincia di Civitavecchia. Uno scherzo, per l’appunto https://www.terzobinario.it/nata-la-provincia-di-civitavecchia/ .

Oggi la provincia, chiamata Porta d’Italia e il cui nome francamente non rappresenta niente e nessuno, sta diventando realtà. Ma come?

A Ladispoli nell’ultimo Consiglio Comunale si è discusso di questa modifica sostanziale del territorio, con le assise di Civitavecchia, Santa Marinella e ovviamente Fiumicino che hanno già detto di sì con Tarquinia che pare essere sulla stessa lunghezza d’onda.

Analizziamo. Perché sì? Perché il Litorale Nord ha bisogno di maggiore spazio di manovra che Roma non concede. Già, Roma intesa come Campidoglio poiché Città Metropolitana è diretta espressione del Campidoglio e il sindaco della Capitale è di diritto il sindaco di Città Metro. Solo che Città Metro mette assieme Litorale Nord, Sud, Tivoli, Torvaianica e Velletri ovvero zone talmente ampie e disomogenee che amministrarle risulta complesso per la necessità che hanno territori diversi con esigenze diverse. Spesso anche su queste colonne si sono raccolte lamentele sul fatto che dai Castelli piombassero interessi e professionalità che non rappresentavano questi territori, in percentuale decisamente anomala.

Bisogna ricordare che Civitavecchia ambisce al riconoscimento di provincia fin dalla fine degli anni ‘80 (quando peraltro il comune di Fiumicino neanche esisteva), tant’è vero che giravano adesivi a sfondo nero con scritta arancione che recitavano “Cv – Civitavecchia Provincia” ma poi i tentativi di costituire un ente autonomo sono naufragati di fronte alla reticenza di Cerveteri e Ladispoli, nonostante invece una certa apertura dei comuni del Lago di Bracciano, dei Monti della Tolfa, di Tarquinia e Montalto. Il perché della reticenza lo ha spiegato chiaramente l’ex sindaco ladispolano Crescenzio Paliotta: “Ladispoli è in proiezione su Roma, 13mila persone al giorno che si muovono sulla Capitale”. Tuttavia il progetto ha senso perché il nostro territorio ha bisogno di spazi di manovra che Città Metro non concede. Necessita avere un’interlocuzione che oggi non c’è, ed è reso evidente dal travaso di consiglieri ed assessori che provengono da zone lontane bloccando un ente che ha bisogno di stare vicino al territorio. A questo va aggiunto che già una certa contiguità esiste ed è data dagli ambiti di competenza di Asl, Tribunale, Guardia Costiera, Guardia di Finanza, Carabinieri e Autorità di Sistema Portuale che fanno riferimento a Civitavecchia. Prima della nascita del Commissariato di Ladispoli, anche la Polizia era diretta dal comune portuale ma sicuramente una Questura, la Prefettura e il Comando Provinciale dell’Arma rappresentano istituzioni che danno corpo e sostanza al progetto.

Vediamo ora il rovescio della medaglia. Perché no? Non tutto è oro ciò che luccica. Per come si sta progettando questo nuovo ente, l’asse pare piuttosto sbilanciato su Fiumicino che rappresenterebbe il comune “forte” per via dei suoi 80mila abitanti (a fronte dei 55mila di Civitavecchia) ma se i rispettivi scali, (aeroporto e porto) non cambiano troppo gli assetti, cambia il peso di chi ha proposto la SuperProvincia ovvero il senatore Mario Baccini, che ha intuito una prospettiva politica ovvero dare maggiore importanza al territorio che amministra. Non solo: attualmente ha pure una congiuntura politica favorevole visto che il Governo e la Regione sono a trazione di centrodestra, la struttura l’ha studiata Enrico Michetti, ex candidato meloniano al Campidoglio e battuto dall’attuale sindaco Gualtieri. Non a caso, finora sono stati i comuni con amministrazioni di centrodestra a dare parere favorevole, in primis Civitavecchia. Qui il sì è arrivato dal sindaco uscente, Ernesto Tedesco, che sulla SuperProvincia pensava di giocarsi carte buone per la sua campagna elettorale, salvo dover rinunciare al mandato bis per scelte… prese nella Capitale.

Altro aspetto non secondario è che un cambiamento così radicale del territorio non si può attuale a colpi di maggioranze nei consigli comunali, ma ci vuole un lavoro, lungo e laborioso, di conoscenza a cui va portata la popolazione perché la scelta di oggi avrà ripercussioni nei prossimi decenni. E serve un consenso ampissimo, da portare alle istituzioni superiori quando sarà il momento della decisione finale che dovrà essere ratificata da una legge nazionale. Invece si va di corsa, troppo di corsa, così da istituzionale la decisione diventa politica visto che a mettersi di traverso – in qualche caso per partito preso, in altri con motivazioni valide – sono i partiti di opposizione. Facile pensare che, a parti invertite, il comportamento sarebbe stato opposto. Ecco perché manca un ragionamento collettivo che dovrebbe vedere consigli aperti, interlocuzioni con esperti, studi di fattibilità. In ogni caso sarebbe fondamentale almeno una consultazione dei cittadini, proprio per creare quel sentimento di appartenenza che permetterebbe di sentire maggiormente proprio questo nuovo Ente.

E Santa Marinella perché ha detto sì? Sicuramente un nuovo assetto istituzionale gioverebbe alla Perla del Tirreno ma un vecchio volpone della politica come Pietro Tidei è stuzzicato dall’idea di concorrere al ruolo di presidente visto che È è al secondo mandato, a Civitavecchia si vota a giugno dunque per lui potrebbe essere un approdo ambito. Ragionamento simile a quello intrapreso da Baccini e di tanti che vedono nel nuovo ente un potenziale sbocco politico intermedio, per poi tentare la scalata alla Regione.

Non va dimenticato che sugli scali il nuovo ente non avrebbe voce in capitolo, visto che il veto rimarrebbe appannaggio della Regione in primis. Restano i vantaggi delle ricadute indirette sui rispettivi territori in termini di occupazione e ricchezza imprenditoriale.

Poi ci sono le incognite, ovvero cosa deciderà l’assise di Cerveteri, dove governa il centrosinistra, presa in mezzo dai comuni confinanti che invece hanno già detto sì. Il timore della sindaca Elena Gubetti, è quella di rimanere schiacciata in un assetto istituzionale calato dall’alto oltre che penalizzante per il suo comune. La dinamica su cui si muove il comune cerite è simile a quella di Ladispoli, ossia una visione più romanocentrica che “porticentrica” ed è comprensibile visto che le loro potenzialità decisionali saranno le stesse che hanno con Città Metro e non è detto che possano arrivare finanziamenti altrettanto consistenti.

Insomma, l’idea della provincia del Litorale non è male, ma è certamente male strutturata e i 5mila dipendenti che verrebbero assunti sembrano una cifra abnorme rispetto ai 1.300 dell’attuale Città Metro che amministra un territorio da 2 milioni di persone quando Porta d’Italia ne avrebbe 200mila ovvero un decimo. Sembrano proprio argomenti capziosi per giustificare decisioni già prese.

L’impressione complessiva è quella di un accentramento verso Fiumicino, che rischierebbe di schiacciare Civitavecchia, che già mirava a uscire da Città Metro spostandosi su Viterbo immaginando una provincia “etrusca” che sarebbe stata più omogenea e funzionale con due comuni in termini di strutture sociali ed economiche che non si sarebbero pestati i piedi ma anzi sarebbero stati complementari e paritetici. Non solo: sul settore dei collegamenti, gli interessi sarebbero stati coincidenti, con argomenti sui quali cui battagliare per reperire fondi e fare pressioni sulla politica nazionale quali ad esempio Trasversale, A12, ferrovia oltre all’aeroporto di Viterbo che l’Enac ha ipotizzato come possibile scalo Regional a vocazione turistica, ideale per valorizzare la Tuscia.

Invece questa Porta D’Italia pare decisamente una provincia di centrodestra con capofila Fiumicino che non scalda affatto i cuori e, forse, solletica troppi portafogli e forse per questo è figlia di fecondazione artificiale.

a.v.

Pubblicato sabato, 4 Maggio 2024 @ 07:42:00     © RIPRODUZIONE RISERVATA