La città come un grande museo, al pari di Parigi: l'intervista a Vittorio Sgarbi • Terzo Binario News

La città come un grande museo, al pari di Parigi: l’intervista a Vittorio Sgarbi

Mar 10, 2021 | Cultura, Politica, Roma

Il dualismo con la capitale francese, un cambio di paradigma incentrato sulla storia e sul valore artistico, la mappatura del sottosuolo e la regolamentazione della street art. Questi alcuni punti salienti della nostra chiacchierata con Vittorio Sgarbi, con un imperativo rivolto a tutto il centrodestra: “Io unico candidato possibile. Convergete su di me”.

Solo il nome costituisce una esauriente presentazione. Vittorio Sgarbi, politico, scrittore, curatore di alcune delle più importanti mostre internazionali, critico d’arte e soprattutto personaggio che non smette mai di far discutere. Ha da poco ufficializzato la sua candidatura a Sindaco di Roma, mentre le principali aree politiche di riferimento stanno prendendo tempo. Lo abbiamo intervistato al fine
di capire come, nella sua idea di programma, la Capitale possa andare incontro ad una svolta rispetto alle sue annose criticità.

Professore, lei ha presentato la candidatura a Sindaco di Roma con il suo movimento, ‘Rinascimento’. Può spiegarci com’è nata questa idea?

Rinascimento è un movimento legato alla tradizione e alla cultura italiana, nel suo senso più stretto. È quella del momento più alto delle civiltà umana; a Roma ha avuto Michelangelo e Raffaello che da soli basterebbero per far capire ciò che dico. I recenti risultati della lista Rinascimento ad Aosta mi hanno confortato e mi hanno convinto a presentare questa lista per le elezioni comunali nelle principali città italiane. L’intenzione era quella, in una di queste città, di presentare la mia personale candidatura e ho scelto Roma perché è quella in cui ci sono trenta
secoli di civiltà. E in almeno venti di questi Roma ha raggiunto dei primati assoluti. Non solo in epoca romana, ma anche nel periodo bizantino e medievale e credo che nessun sindaco abbia visto in questo palinsesto di Roma quel qualcosa che la rende infinitamente più grande di Parigi, la quale vive di fatto attorno al Louvre e con un turismo legato a questo grande museo. Noi abbiamo i Musei Vaticani, tutti i siti archeologici romani, ci sono dieci Louvre sparsi per la città che però per
turismo è dietro anche a Berlino. Ciò vuol dire che la sua vita legata alla sua storia è stata utilizzata male.

Secondo lei, quindi, quale sarebbe la chiave per far rinascere la Capitale?

Se parlando delle criticità della capitale ci si limita a spazzatura e strade rotte, ciò dà la misura di quanto si tratti Roma come una città qualsiasi, dove queste cose possono essere sicuramente importanti, ma a Roma devono essere risolte rapidamente perché la Roma che conta è quella della sua grande storia. La civiltà romana antica, la culla della civiltà barocca, sono le ragioni per cui si viene a Roma come si va a Parigi, con la differenza che Parigi ha un solo secolo come perno
culturale che è l’800. A Roma hai almeno venti secoli di produzione artistica straordinaria. Quindi occorre ripartire da qua.

La scelta del nome de movimento non deve essere affatto casuale. Perché ‘Rinascimento’?

La parola Rinascimento ha un significato doppio. Dopo la situazione che stiamo vivendo non ci sarà parola più bella di ‘rinascere’. Rinascimento non è soltanto un momento storico, ma costituisce l’idea di rinascere da un momento di sonno e di morte come è stato in Italia. È una formula enormemente benaugurale ed è evidente che noi dobbiamo far sì che Roma sia trattata almeno come Parigi. Realisticamente penso occorra un miracolo per far rinascere Roma. Come si fa? Rovesciando ogni punto di vista e facendo diventare il suo passato il vero presente da vivere. È un progetto ambizioso, ma non impossibile.

Quali sono stati secondo lei gli errori più clamorosi della sindaca Raggi?

Lei non ha fatto niente di veramente importante, a partire dalla negazione delle Olimpiadi che sono una tradizione di una civiltà antica molto elevata. Non si può dire sempre di no. O il fatto di rovinare lo skyline della città, che è orizzontale, con la costruzione di grattacieli per speculare, cosa grottesca, per poi dare un significato allo stadio. Lo stadio è una cosa, i grattacieli sono un’altra. Ma in generale ci sono tante cose su cui lei ha sbagliato.

Professore, la Capitale ha un enorme criticità rispetto al suo sottosuolo. Manca una mappatura attendibile, cosa che crea problemi di vario ordine. Lei, eventualmente, cercherebbe di fare qualcosa rispetto a questo?

Assolutamente, cercheremo di fare il possibile, nessun dubbio su questo.

Il centro destra e il centro sinistra pare abbiano assunto una strategia attendista rispetto alle elezioni amministrative. Si aspetta di essere sostenuto da tutta l’area di centro destra alla fine?

I candidati veri sono due, Calenda ed io, che siamo due outsider rispetto alle aree di riferimento. E poi la Raggi che non conta nulla quindi non la considererei neanche della partita. Vuol dire che mancano in qualche modo il centro destra e il centro sinistra che fino ad oggi hanno tardato perché
hanno interpretato le parole del Presidente Mattarella come se non si dovesse prima o poi andare a votare. Aspetteremo adesso le candidature alternative delle due aree, per vedere anche se Calenda rimarrà in campo comunque e se anche io lo farò. Ma questo è un problema che affronteremo fra qualche settimana. Credo che la cosa migliore che possa fare il centro destra è convergere su di me come unico candidato, così come alla sinistra converrebbe convergere su Calenda.

A Roma c’è un enorme dibattito su street art, tag e graffiti. C’è chi criminalizza il fenomeno e chi invece pensa che possa senz’altro valorizzare la città, perlomeno in alcune aree degradate. Qual è la sua posizione?

Io sono quello che ha portato a Milano la street art come arte popolare legata alla contestazione dei centri sociali e quindi sono responsabile del suo primo sdoganamento. È evidente che va redatto un codice rispetto a come il graffito possa agire sulle architetture che abbiano meno di settant’anni. In questo modo la street art non può che migliorare la città. Dai settant’anni in su invece diventa vandalismo.

Alberto Salmè