Le premesse per una riflessione sull’universo umano e sul concetto di normalità c’erano tutte. Ho visitato il Centro Diurno per la Salute Mentale in una mattinata uggiosa ladispolense, durante il trasloco nella nuova sede, che comportava anche l’incertezza sulla possibilità di assistere alle prove del gruppo musicale del centro Pegasus, “Illusioni Ottime”. A completare il quadro, era il mio umore tipico delle persone meteoropatiche in un giorno piovoso primaverile e non proprio caldo. Nonostante i cattivi presagi, gli dei mi hanno regalato una giornata meravigliosa piena di musica, poesia e di emozioni che hanno portato il sole nella giornata grigia. Per di più, c’era la bella notizia annunciata dal Dott. Poerio, il coordinatore delle attività, riguardante l’opportunità, per i componenti del gruppo musicale, di partecipare al progetto “Insieme per un sorriso” che vedrà la presenza di grandi nomi della musica italiana degli anni ’50.
Anche il contesto e l’architettura offrono un elemento interessante che non può sfuggire all’occhio di chi è propenso a riflettere sulla natura umana e sul binomio malato – sano. Nello stesso edificio, la casualità ha voluto far convivere due realtà apparentemente diverse come possono essere un centro di salute mentale e un bar. Il passaggio dal primo piano, dove si trova il centro diurno, al bar al pianterreno dello stesso edificio è una discesa anche metaforica non soltanto fisica. Dal piano alto dove si svolgono attività culturali si scende al piano basso, dove decine di giovani uomini passano il tempo giocando a video giochi, slot machine e biliardo. Un passaggio che porta con sé numerosi spunti di riflessione sul relativismo e sullo stato di salute della nostra società.
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La struttura recentemente restaurata è spaziosa e, con le sue pareti allegramente colorate, ha un aspetto ospitale. Ma la prima impressione viene subito messa alla prova dalla logica del restauro che non rispetta il vero utilizzo della struttura: nonostante sia un centro diurno manca un angolo cottura, invece sono previste due stanze per servizi prettamente sanitari. Inoltre, già dall’ingresso si intravedono le tracce dei pregiudizi come testimonia il fatto che lo sportello dell’accoglienza è dotato di vetro antiurto, come paradossalmente dettato dalle normative vigenti.
Liberarsi dai pregiudizi è impossibile e neanche auspicabile, perché ci aiutano a semplificare la realtà circostante, a classificare, a mettere in ordine l’enorme quantità di informazione che ci circonda. Nessuno è scevro da pregiudizi, per questo motivo è importante prendere consapevolezza dei propri. Tra i pregiudizi più persistenti ci sono quelli che riguardano la malattia mentale, continuamente alimentati dai mass media che troppo spesso propongono l’equazione “pazzi = criminali”. Ricordiamoci che il paziente è un essere umano che si è ammalato.
Nel tentativo di superare i pregiudizi e abbattere le barriere culturali, il linguaggio universale dell’arte diventa uno strumento prezioso che fa da ponte tra mondi apparentemente distanti, nonché una via privilegiata per conoscere se stessi e per farsi conoscere. E proprio il linguaggio dell’arte e, in particolare, della musica è stato scelto dalla band “Illusioni Ottime” del Centro Diurno per la Salute Mentale di Ladispoli per testimoniare e sensibilizzare sulla condizione e la sofferenza di chi è affetto da un disturbo mentale. Il gruppo nasce nel 2009 da un progetto di arte-terapia coordinato dallo psicologo Alberto Poerio e ha come obiettivo la prevenzione, la riabilitazione e l’inclusione sociale di persone con disturbi gravi della personalità o affetti da psicosi. Il nome del gruppo si basa sul gioco di parole che fa riferimento alla percezione distorta della realtà, ma anche all’idea di mondi possibili. Tramite la musica e i testi originali, la band testimonia la condizione del disagio psichico, direttamente dalla voce di chi lo vive in prima persona. Questa esperienza dà un’opportunità di uscire dal ruolo preesistente e di vivere positivamente la vita consentendo una migliore gestione dei sintomi della malattia.
La mia visita al centro è finita, ma ancora mi risuona nella mente un verso di una loro canzone: “l’illusione che qualcosa nun va è perché qualcosa se sta a svejà”.
