Ogni nostro gesto “è” politico • Terzo Binario News

Riccardo-AgrestiNon esiste un momento specifico in cui si fa politica. Ogni nostro gesto “è” politico perché, vivendo in comunità, ogni nostra azione si riflette nella mente del nostro prossimo, inducendo, con il nostro esempio, emulazioni o repulsioni, convincimenti o rifiuti delle idee che esprimiamo. In particolare l’insegnamento e la diffusione della conoscenza sono atti politici molto profondi, che hanno conseguenze importanti nella società, perché inducono modifiche su un numero elevato di nostri concittadini contemporanei (che giudicano ed operano conseguentemente) o nella società futura (formando i ragazzi, futuri cittadini).

Volendo approfondire il senso della connessione fra cultura e realizzazione della democrazia, diciamo innanzitutto che non è completa la definizione di democrazia, se si intende per essa una società in cui tutti possono esprimersi intorno a una scelta e viene applicata quella indicata dalla maggioranza. Infatti, come possiamo essere certi che l’espressione del singolo su un certo tema sia avvenuta autonomamente e non sia invece il prodotto di un condizionamento o una manipolazione? Infatti, senza le opportune basi di conoscenza, di cultura o di corretta informazione, non è possibile essere certi di compiere una scelta autonoma e quella che sia migliore per il bene della comunità. Basti ricordare, fra Gesù e Barabba, chi sia stato democraticamente scelto, dalla maggioranza assoluta del popolo, per essere crocifisso. Le scelte della maggioranza discendono dalle informazioni messe a disposizione, quindi possono essere facilmente manipolate diffondendo informazioni incomplete o scorrette, raccontando mezze verità, “vendendo fumo”, “parlando alla pancia” in modo da generare confusione e cattiva informazione (che sono i prodromi della truffa e della dittatura). Allora non è pienamente democratica quella società nella quale tutti possono esprimersi e decide la maggioranza; è invece compiutamente democratica quella società nella quale tutti conoscono il problema, sanno valutare le conseguenze delle varie possibili scelte e quindi si applica la soluzione più “popolare”, cioè quella che porterà al maggior vantaggio per i cittadini. Spesso, invece, si fa largo uso dei sondaggi per prendere decisioni che accontentino il maggior numero di persone facendo sì che sia garantita la rielezione.

Se chi decide è realmente preparato sull’argomento, possiede tutte le informazioni necessarie, le sa interpretare correttamente e intende agire per il bene del popolo, allora prenderà la decisione migliore possibile. A sua volta chiunque sia preparato sull’argomento, possieda tutte le informazioni, sapendole interpretare e sia in buona fede, non può dissentire dalla quella scelta. Si comprende allora che, per effettuare correttamente una scelta o per avere tutto il diritto di criticarla, occorre avere piena conoscenza e informazione completa, cose che sono diffuse rispettivamente attraverso la scuola e l’università e attraverso la stampa ed i media in genere. Libertà di pensiero e di informazione e la diffusione della cultura sono quindi alla base della democrazia partecipata: la vera democrazia, la democrazia compiuta. Infatti chi affiderebbe la direzione di un’orchestra ad un sordo? Beethoven era sordo, scrisse musica sublime, ma non poté dirigere le sue ultime meravigliose opere. Analogamente chi darebbe credito ad un ragazzino che volesse dire la sua sulla gestione di una azienda?

Libertà non è essere liberi di mettere una croce su una scheda elettorale, ma poter scegliere con cognizione di causa le persone che siano preparate e di cui si possa avere fiducia. Tuttavia questo non basta: occorre saper giudicare se l’operato dei governanti sia stato svolto per il bene dei cittadini oppure no. Questa opportunità, realmente possibile solo se si ha conoscenza e corretta informazione, nel caso non sia concessa, implica la mancanza di libertà e di democrazia. Parafrasando una frase di Sciascia, potremmo dire che “la tranquillità dei profittatori si basa sull’ignoranza dei cittadini”. Infatti solo la corretta informazione, interpretabile solo se si è studiato, permette di mantenere viva e reale la democrazia; mentre le mezze verità (molto più insidiose delle falsità, perché hanno una parvenza di verità che sfuma nell’ignoranza e fa sembrare tutto vero) avvelenando l’informazione, avvelenano la democrazia.

Questo è il motivo per cui chi insegna, come chi fa informazione, genera democrazia formando cittadini preparati a gestire correttamente o a sapere giudicare correttamente chi gestisce. Solo grazie all’azione dell’insegnare e di informare, che è definitivamente “politica”, il potere rimane veramente nelle mani del popolo: si ha la democrazia compiuta.

Pubblicato mercoledì, 12 Novembre 2014 @ 08:41:02     © RIPRODUZIONE RISERVATA