Fra le varie opportunità che la nostra scuola ci offre per fare lezione in modo diverso abbiamo potuto, grazie anche all’intervento della dottoressa Pina Tarantino e l’UNICEF di Civitavecchia, l’opportunità di visitare il palazzo della Farnesina, sede del Ministero degli Affari Esteri.
Si tratta di un edificio di epoca fascista, voluto da Benito Mussolini per ospitare la sede del Partito Nazionale Fascista. Fu progettato dagli architetti Enrico Del Debbio, Arnaldo Foschini e Vittorio Ballio Morpurgo, e deve il suo nome di Farnesina agli antichi possedimenti della famiglia Farnese nell’area dove sorge. Originariamente l’imponente edificio sarebbe dovuto sorgere su via dei Fori imperiali. Nel 1937 si decise di realizzarlo nell’area del nuovo foro voluto da Mussolini, in quanto non era possibile costruirlo sulle preesistenti vestigia del centro storico di Roma. Il progetto fu scelto tra tanti altri (più di cento) in quanto rispondeva ad alcune esigenze dell’epoca, infatti è imponente, grandioso e riporta forme geometriche semplici e lineari. Alla fine della II Guerra Mondiale il palazzo venne utilizzato come sede del Ministero degli Affari Esteri del nuovo Stato repubblicano.
Noi studenti dell’IC “Corrado Melone” di Ladispoli abbiamo avuto la fortuna di entrare in questo splendido edificio, per visitare una collezione d’arte contemporanea, costituita da opere realizzate a partire dal XX secolo. Mi è piaciuta davvero molto! Forse perché la maggior parte della opere che hanno arricchito il mio bagaglio culturale, sono opere astratte. Un “astratto” che si allontana ed evita la forma e un astratto che la va a ricercare, anche se in modo molto distaccato. Al di là di ciò, però, chi veramente mi ha fatto subito incuriosire e appassionare all’argomento è stata senza dubbio la Dott.ssa Redenta Maffettone, la nostra preparatissima guida: è stata davvero brava a rendere la visita leggera e a non farci annoiare in alcun momento. Non perché l’argomento fosse noioso, ma perché è riuscita, parlo personalmente, a farci comprendere tutte le opere alle quali siamo andati incontro, anche quelle che a primo impatto, sembravano particolari e “strane”. Ed è proprio questa stranezza che le rende uniche ed inimitabili! Le opere visitate sono disposte in ambienti diversi del palazzo: nell’atrio, nell’ammezzato, al primo piano e al quarto piano. Ogni ambiente ospita degli esempi straordinari e unici, vere sperimentazioni nell’uso del colore, delle tecniche, dei materiali. Inoltre la nostra guida ci ha spiegato che gli artisti studiano anche l’installazione dell’opera, cioè il luogo dove collocarla e anche il contesto in cui viene posizionata è importante e assume un suo significato. Ne cito alcune, quelle che mi hanno più emozionato. Ricordo in particolare , “Lo Squarcio” di Osvaldo Caló, un’istallazione composta da due parti in metallo divise tra loro appunto da uno squarcio. Questa rottura, questa separazione o meglio lacerazione, mi ha fatto subito pensare, essendo libera l’interpretazione, alla Shoah.
Un’altra opera,” ’82-10-… à l’Ouest rien de nouveau”, mi ha colpito per la grandezza, per i suoi molteplici colori e per il titolo, richiamo del titolo di un romanzo del tedesco Erich Maria Rémarque narrante la Grande Guerra, combattuta sul fronte occidentale (in Francia) sul quale avevamo già lavorato in classe.
Sono tante, numerosissime le opere che compongono la mostra, bellissime e tutte colme di significato. Come non citare “Viaggio nel paese delle meraviglie” di Gastone Novelli del 1966, opera originale e anche divertente con la presenza di vari elementi riconducibili alla natura, oppure “Senza titolo” di Jannis Kounellis del 2001, opera straordinaria per l’originalità dei materiali utilizzati (sacchi di juta, carbone all’interno dei sacchi, ferro, piombo …) per ricordare un’arte povera, che sta vicina al vivere quotidiano dei lavoratori.
Con un po’ di fretta, in quanto si stava facendo tardi, abbiamo visitato il quarto piano dove nel corridoio principale è presentata un’interessante esposizione dei disegni relativi al cantiere del Palazzo della Farnesina e nell’ultimo tratto una mostra con il titolo “Sistema”, che raccoglie alcune opere che testimoniano le varie espressioni dell’arte contemporanea degli ultimi vent’anni. Tra queste ultime “It Was Me. Diary.1900-1999” di Daniela Comani 2002/2007, un vero e proprio diario in cui l’artista espone un secolo di storia, immaginando di vivere in prima persona i momenti più significativi del secolo.
Un’esposizione favolosa! A dire il vero ci tornerei, perché ora che conosco meglio le tecniche che gli autori dei vari capolavori hanno utilizzato, saprei gustarmi ancora di più la bellezza di questa arte.