“La burocrazia, la regola di nessuno, è divenuta la forma moderna di dispotismo.” M. T. McCarthy.
Che la burocrazia sia, soprattutto in Italia, il peggior nemico del cittadino è una verità assoluta, e ce ne siamo accorti quando, purtroppo, per l’emergenza epidemia, sono cadute alcune barriere che hanno semplificato la vita che imponeva file e rituali inutili.
Ma la burocrazia vive intorno a noi ed ha imparato e gestire le regole attraverso i cavilli.
Tale è il caso sollevato dal consigliere Eugenio Trani nel Consiglio Comunale del 26 Luglio (QUI), il quale non ha votato una variazione di bilancio asserendo che pur essendo un atto apparentemente configurato secondo la norma era inopportuno in quanto aggiudicava una gara ad importo notevole ad un parente di primo grado del responsabile del servizio.
Il riferimento è al servizio Demanio e Territorio, che peraltro ha già un procedimento giudiziario aperto per un motivo nella stessa area. Apprezzabile la convergenza dl consigliere Fabio Paparella sul parere di Trani.
Tutto ciò in assenza di elementi che possano rendere veramente certa la prassi usata.
Il fatto è semplice: l’amministrazione destina soldi dei cittadini di Ladispoli per un servizio utile come l’assistenza ai bagnanti, ma non sono molti e restano parcheggiati.
All’improvviso la Regione Lazio finanzia i comuni ed arrivano nuovi fondi ma a ridosso dell’inizio del servizio che comunque poteva partire con i fondi già stanziati anche perché la copertura già era nota giorni prima del 22 giugno per stessa ammissione del sindaco.
Viene così deciso tutto il 22 giugno, andando a gara pubblica cui potesse partecipare chiunque. Il codice degli appalti impone di norma 35 giorni di pubblicità per far conoscere a tutti il bisogno, per urgenza possono essere ridotti a 15 giorni e addirittura per somma urgenza (ma parliamo di calamità) 7 giorni, ma debbono almeno essere 7 giorni veri.
In questo caso invece il giorno 22 si raduna la Giunta, che autorizza il Responsabile del servizio e pubblicare l’avviso che ragionevolmente viene pubblicato non prima di metà giornata con la gara che si chiude alle 12 del 29 Giugno.
Quindi 7 giorni ma solo sulla carta perché sono 6 reali e se si considerano sabato e domenica sono 4. Lasciare una misera foglia di fico a copertura di tanta, diciamo, confusione implicava solo fare la commissione il 30 pomeriggio, ma era venerdì e si sa che sarebbe stato chiedere troppo.
Così il giorno 30 viene aggiudicata la gara, ma non si trovano i verbali di commissione e assegnazione per cui non sappiamo quante ditte abbiano partecipato e neanche i criteri di scelta.
Di fatto il 30 giugno l’appalto viene assegnato ad una ATI (che fra l’altro sette giorni prima si dichiarava costituenda per cui non si capisce come siano potuti coincidere i tempi), il cui rappresentante è il familiare di primo grado del responsabile del servizio.
Il verbale di gara viene firmato da un RUP che è subalterno del responsabile. Resta un dubbio di relazione fra controllore e controllato nei tre mesi di servizio, ma sarebbe chiedere troppo.
Tutto lecito, forse, a parte il mancato rispetto dei giorni di pubblicità che è palese ma ci sono molti buchi nella trasparenza.
Da qui il giudizio di inopportunità di Trani che ritiene tutto troppo nebuloso e ambiguo per essere accettabile. Ma dato che il nostro dovere è approfondire abbiamo dato un’occhiata ai codici ATECO delle aziende dell’ATI che ha preso il lavoro e nella mandataria, quella del familiare suddetto, senza trovare una grande attinenza.
A conti fatti ciascun bagnino, tolte tasse e ragionevoli spese vive, dovrebbe ragionevolmente costare alla comunità circa 150€/giorno: un margine elevato, ma non si capisce se se sono prezzi di mercato
Andando oltre, si è già toccato l’argomento della concessione balneare fatta dal medesimo ufficio a favore di un soggetto privato, attuando il PUA ancora in approvazione e considerando una prosecuzione della spiaggia già concessa che di fatto è stata artificialmente realizzata e distruggendo un ecosistema che che si era formato da solo nei secoli.
Un’altra perla che riguarda la videosorveglianza, che sempre al medesimo ufficio fa capo. Parliamo della Determina 1874 del 5/12/2020 assegnazione per “LA MANUTENZIONE ORDINARIA E STRAORDINARIA DEL SISTEMA DI VIDEO SORVEGLIANZA URBANA”, una gara questa volta ad inviti.
Sono circa 138mila euro oneri compresi in tre anni, circa 46mila€/anno. La chicca è che per fare ma manutenzione del sistema di videosorveglianza urbana ordinaria e straordinaria, siano state invitate 5 ditte delle quali una di Cerveteri che si occupa di sistemi di illuminazione aeroportuali, due sono sostanzialmente di informatica, una di siti e sw ed una di ricerca aereospaziale e sistemi avionici.
Ma, a parte quella di Cerveteri, le altre sono di Napoli, Salerno e ben due di Milano e con sede sulla stessa strada decisamente una coincidenza singolare. Nessuna di loro ha un codice ATECO che indichi che possa operare sistemi di videosorveglianza ed anche i portfolio ordini sono nebulosi per noi comuni mortali.
Hanno risposto solo due ditte, una di Milano ed una di Napoli, segno evidente che gli inviti erano palesemente non ben mirati o qualcosa non tornava vista la crisi che c’era in pandemia, ricordiamo che siamo a fine 2020. Dal verbale si apprende solo che è stata scelta quella che costava meno e dettagli minori, ma non si sa se potesse ricorrere al subappalto di una ditta locale e magari semplicemente girare parte del fatturato.
Nulla si sa sui livelli di servizio che doveva rispettare e che servizio sia stato offerto, ci sono solo le fatture regolarmente pagate. Appare improbabile che per 138mila euro una ditta da Milano operi per la manutenzione di apparati a Ladispoli se non in subappalto.
Eppure, vince la ditta di Milano che poi viene indicata ovunque come una srl ma che in realtà è una spa, ma che strano, non sanno neanche chi hanno invitato? Già, lo sport preferito dei burocrati, il “mero errore materiale”, non convince.
Permangono anche tutti i dubbi sul silenzio/assenso che ha accompagnato la vicenda Gotha, di proprietà della famiglia del sindaco. Una interpretazione decisamente ardita visto che la norma sicuramente parla del silenzio che può esserci fra enti diversi, ma applicata ad un Dipartimento dello stesso ente è altra cosa.
È l’ente che non risponde a sé stesso e poi dice “già che non mi sono risposto autorizzo, anche se non so cosa dire”…
Anche qui siamo in presenza, come nei casi precedenti, di atti forse formati in modo legittimo ma in una nebbia ed uno slalom fra le interpretazioni delle regole che fanno poco bene alla credibilità di qualsiasi ente, in questo caso il Comune di Ladispoli.
Esistono ben altri esempi di trasparenza e interpretazione della norma. La conclusione arriva da una citazione dal film ‘Operazione Sottoveste’, ai più conosciuto come ‘il sommergibile rosa’ “… nel torbido si pesca meglio”.
cardinal Mazzarino