Roma e provincia. Qui si sono estesi gli affari della ‘ndrangheta: oltre 120 milioni di euro di beni sequestrati. Questo il canovaccio dell’operazione Giù le mani condotta dalla Polizia.
Il maxi sequestro il cui valore è di oltre 120 milioni di euro, è stato adottato nei confronti di:
SCRIVA Placido Antonio, nato ad Africo (RC) l’11.04.1966; MORABITO Domenico, nato ad Africo (RC) il 09.08.1967; MOLLICA Domenico Antonio, nato a Melito di Porto Salvo (RC) il 10.09.1967; VELONA’ Giuseppe, nato a Bruzzano Zeffirio (RC) il 28.11.1954 e LIGATO Salvatore, nato a Bruzzano Zeffirio (RC) il 23.11.1964, esponenti di vertice del gruppo laziale della pericolosa e temuta ‘ndrina di ‘ndrangheta MORABITO – MOLLICA-PALAMARA-SCRIVA, originaria di Africo (RC) e insediatisi a nord di questa Provincia a partire dagli anni ’80.
Il loro inserimento nella cosca di ‘ndrangheta può definirsi per nascita, sono figli di indiscussi sodali, insieme ai quali parteciparono attivamente alla sanguinosa guerra intestina, combattuta negli anni ‘80/’90 nei comuni reggini di Africo e Bruzzano Zeffirio tra i potenti gruppi degli “SCRIVA-PALAMARA-SPERANZA”, da una parte, e quello dei “MOLLICA-MORABITO, dall’altra, tristemente nota come “faida di Motticella”, che determinò l’uccisione di circa cinquanta persone e la chiusura, da parte degli organismi di vertice della ‘ndrangheta, della “locale”.
L’attività investigativa, svolta da personale del Settore Misure di Prevenzione Patrimoniali della Divisione Polizia Anticrimine coordinati dalla dottoressa Angela ALTAMURA, ha ripercorso “la carriera criminale” ed ha analizzato le posizioni economico-patrimoniali, dei rispettivi nuclei familiari e di numerosi terzi, evidenziando una sproporzione tra i beni posseduti, direttamente o per interposti fittizi, e i redditi dichiarati o l’attività economica svolta ovvero la sussistenza di sufficienti indizi per ritenere che essi siano il frutto di attività illecite o ne costituiscano il reimpiego.

La pervasività nel tessuto economico ed i rilevanti interessi imprenditoriali sono emersi, oltre che in questo capoluogo, prevalentemente nei centri poco distanti, nell’area della Tiberina e della Flaminia, quali Rignano Flaminio, Morlupo, Sant’Oreste, Capena, Castelnuovo di Porto, Campagnano e Sacrofano, con investimenti immobiliari in Alghero (SS), Rocca di Cambio (AQ), Genova, Bruzzano Zeffirio (RC) e Faleria (VT), inquinando profondamente l’economia legale, anche avvalendosi dell’apporto di specifiche competenze professionali, istituzionali e del sistema bancario.
Sono state accertate pesanti infiltrazioni in molteplici settori produttivi tramite interposti fittizi, tra cui Massimiliano Cinti nipote del noto boss romano e il cassiere della “Banda della Magliana” Enrico Nicoletti.
I settori economici di diretto riferimento sono risultati quelli della distribuzione all’ingrosso di fiori e piante; della vendita di legna da ardere; dell’allevamento di bovini e caprini; bar/ gastronomia e commercio di preziosi e gioielli, mentre attraverso prestanome sono penetrati nel settore della grande distribuzione attraverso supermercati della catena “Carrefour”; in quelli edilizio/immobiliare, della panificazione, della vendita di prodotti ottici e dei centri estetici.
L’indagine ha individuato nella forma giuridica del contratto di rete di imprese uno strumento idoneo e perfettamente funzionale alla realizzazione degli scopi illeciti dell’organizzazione criminale he, attraverso la Rete di Imprese Morlupo (RM), si è recentemente aggiudicata l’assegnazione di un finanziamento pubblico di 100 mila euro da parte della Regione Lazio, oggi in sequestro.
In particolare, il provvedimento giudiziario riguarda il seguente compendio patrimoniale, il cui valore, allo stato, può solo approssimativamente indicarsi in oltre 120 milioni di euro. Secondo gli investigatori, restano ancora da quantificare le disponibilità finanziarie presenti sugli oltre mille rapporti bancari accertati e gli ulteriori beni che dovessero essere individuati in corso di esecuzione:
173 immobili, ubicati in Roma, Rignano Flaminio; Sant’Oreste; Morlupo; Capena; Castelnuovo di Porto; Campagnano Romano; Riano; Grottaferrata; Faleria (VT); Rocca di Cambio (AQ); Alghero (SS); Genova e Bruzzano Zeffirio (RC);
38 quote societarie e ditte individuali;
40 complessi aziendali di cui 7 supermercati siti in Roma, Rignano Flaminio, Capena, Fiano Romano, Morlupo e Castelnuovo di Porto.
4 allevamenti di bovini, bufalini, ovini e cavalli;
38 veicoli tra cui una Ferrari F 131 ADE;
1 contratto di rete di imprese e fondo patrimoniale finanziato dalla Regione Lazio di 100.000 euro;
titoli per l’erogazione di aiuti all’agricoltura finanziati dall’Unione Europea;
oltre 1000 rapporti finanziari;
gioielli e preziosi il cui valore deve essere periziato, contenuti in 3 cassette di sicurezza gia’ sottoposti a sequestro preventivo ex art. 321 c.p.p.;
assegno circolare di 90.000 euro;
dispositivi informatici (personal computer, tablet, telefoni cellulari ecc.) intestati a persone fisiche comunque nella disponibilità diretta o indiretta dei proposti;
monete virtuali o criptovalute che dovessero essere individuate;
ulteriori beni di valore che nel corso dell’esecuzione dovessero essere trovati nella disponibilità dei proposti.
Infine, una particolare menzione si ritiene di dover riservare all’elemento di assoluta novità in materia di procedimenti di prevenzione, costituito dal disposto sequestro di eventuale moneta virtuale o criptovaluta che dovesse essere individuata nella disponibilità diretta o indiretta dei proposti.
L’esecuzione del provvedimento ha richiesto l’impiego di 250 della Polizia di Stato delle Divisioni e Commissariati di polizia Sezionali e Distaccati territorialmente competenti per Roma e Provincia, nonché la collaborazione di personale del Compartimento Polizia Postale e delle Comunicazioni Lazio, del Reparto Prevenzione Crimine Lazio, del locale Gabinetto Interregionale di Polizia Scientifica, di un’unità cinofila e del Reparto Volo.
Inoltre risultano altresì impegnate nell’esecuzione le Divisioni Polizia Anticrimine delle Questure di Viterbo, L’Aquila, Sassari, Reggio Calabria, Genova, Milano, Palermo, Pistoia e Vibo Valentia ed i Commissariati di P.S. di Alghero (SS) e Bovalino (RC).
La caratura criminle, l’impero imprenditoriale della cosca calabrese, il potere di alterare il mercato economico, consentono di sostenere – secondo quanto riportato da una nota della Questura – che le mani della ‘ndrangheda su Roma “sono ormai sempre più “ visibili” e che i “pezzi di ‘ndrangheda” presenti nei comuni a nord della capitale sono capaci di replicare pienamente la propria struttura criminale nel territorio dove si sono stabilizzati”.
In tale ottica, il maxi sequestro “costituisce una straordinaria azione di contrasto alla criminalità organizzata e un importante strumento attraverso il quale le aziende sequestrate vengono sottratte al circuito criminale per essere restituite alla collettività. Infatti le attività non saranno chiuse bensì gestite dall’Amministrazione giudiziaria al fine di immetterle in un percorso di legalità”.