Tanta indignazione per il furto avvenuto ieri al cimitero di Ladispoli. Le immagini dei fiori a terra hanno fatto il giro delle bacheche Facebook, così come l’indignazione per un gesto che offende le coscienze, ma che viene visto però dal punto di vista sbagliato.
Non basta considerare gli episodi nella loro singolarità per risolvere i problemi. Quello che è avvenuto ieri purtroppo è quello che si registra tutti i giorni in tante parti d’Italia. Se siamo arrivati a rubare i tombini nelle strade figuratevi l’appeal che può avere un vaso di pregio. E’ questa purtroppo la logica di chi ruba. Chi lo fa per malattia o per arricchimento e chi lo fa per campare. Chi ruba non guarda in faccia ad un vivo figuriamoci ad un morto.
La nostra società però ci porta a distinguere il rubare di serie A ed il rubare di serie B. E nel rubare di serie B c’è sicuramente il rubare più “povero”, quello che in genere ci indigna di più perché è lontano dalla nostra concezione.
Sul rubare di serie A invece siamo molto più tolleranti forse perché attribuiamo a certi gesti persone più vicine a noi almeno come contesto sociale. Vorremmo città piene di telecamere, ma non tolleriamo il tracciamento dei nostri pagamenti. Bisognerebbe forse riflettere su questo.
Ma i due rubare hanno punti in comune. Dove saranno finiti quei vasi rubati ieri? Per tenere i fiori a casa di coloro che li hanno rubati? Certo che no. Rame, ferro, ghisa vanno ad alimentare un mercato che parla lingua straniera e lingua nostrana. Nel malaffare non c’è razza o nazionalità. Qualche vaso finirà per essere rivenduto. La refurtiva ha un mercato e a quel mercato a volte, più o meno consapevolmente, partecipiamo tutti noi. Basta pensare a quanto poco scrupolo ci facciamo nel comprare oggetti contraffatti. L’estate ci indigniamo per i venditori di colore sulla spiaggia, ma in fondo una felpa della Nike a 10 euro non ci dispiace.
Siamo veramente frustrati da questa ondata di furti. Ci sentiamo indifesi ed abbiamo la necessità di dare un volto al nemico nascosto, al ladro che di notte ci entra in casa.
C’è bisogno da parte della politica e delle istituzioni di un atto di responsabilità. Nel caso di Ladispoli non è successo, ma vedere spesso certi episodi alimentare dibattiti che portano a richieste di dimissioni o a misure spregiudicate del tipo “mettiamo telecamere ovunque” fa sorridere. E spesso il giorno dopo l’amministratore di turno si vede all’angolo e prende provvedimenti forti quanto inutili. Quante telecamere sono state piazzate l’indomani di un furto, soldi pressoché buttati perché il territorio è un mare che si vorrebbe svuotare con un cucchiaino.
Non c’è danno più grande che prendere provvedimenti di cui non si è in grado di garantire il rispetto. Parlando sempre di Ladispoli riporto un caso per tutti. Nonostante la presenza da anni delle telecamere nel sottopasso della stazione persone continuano a scrivere cretinate con la vernice in maniera del tutto indisturbata. Certe cose fanno più danno nella società che la vernice su di un muro.
L’aumento dei furti va forse inserito nel contesto sociale in cui viviamo. L’indifferenza e la paura ci porta spesso a comportamenti che favoriscono chi delinque. Viviamo sempre di più rapporti rarefatti e nelle città non siamo più in grado di conoscere nemmeno i nostri condomini.
Lo chiamano controllo del vicinato, e forse è proprio questo che manca nelle nostre città. Vanno abbassati i toni e limitata la spettacolarizzazione. I ladri hanno vita facile perché operano nel silenzio in mezzo ad indifferenza ed ipocrisia. Forse anche noi nel silenzio dovremmo essere più vigili, meno indifferenti e meno ipocriti. Il ladro inizierà a sentirsi più insicuro e noi più protetti ed in pace con la nostra coscienza.