Bigattini di idee,
come burattini d’anima,
lasciano segni indelebili
su volti incolori,
trasparenti come monitor.
Dietro quella tenda virtuale
cade a pezzi la dignità umana,
perdono peso i valori,
che scricchiolano, come cimici,
sotto i piedi della storia,
lasciando una lunga scia di sangue
d’incoscienti innocenti
Questi miseri versi sgraziati traggono origine da alcune mie riflessioni, circa il distorto uso della rete. Intanto analizziamo la parola: bigattini, che il computer segna in rosso, perché il suo vocabolario non lo conosce. E’ il diminutivo di – bigatto – che è il baco da seta, comunque un vermetto. Io alle idee ho dato la forma dei piccoli vermi. Le stesse diventano marionette, quando dietro la tenda virtuale del monitor, cambiano identità; oppure perdono di dignità. Io sono una profana della rete. Mi ci sono avvicinata per caso in ufficio, per passa parola tra colleghi e amici.
Ho scoperto, con lo stupore dei bambini, la tragicità di queste maschere. Dice infatti la poesia: “ Dietro a quella tenda virtuale \ cade a pezzi la dignità umana. “ Ho scoperto donne e uomini, magari seri professionisti, ridicolizzarsi davanti ad una gioventù, sempre più disorientata. Magari solo perché in cerca di emozioni adolescenziali, che la vita necessariamente nega alle persone mature. L’età, il declino inesorabile che dai cinquant’anni appare ogni giorno più evidente, credo che nella rete abbia trovato il modo migliore per essere esorcizzato. Sui social network la superficialità è dilagante; è una fuga apparentemente innocente, in quanto per molti lo è, ma che può avere dei risvolti torbidi e forse anche drammatici.
L’ultima parte della poesia scivola su un risvolto forse più tragico degli effetti devastanti della rete, ma analizziamola se volete insieme. Lì dove dico “ perdono peso i valori \ che scricchiolano, come cimici, sotto i piedi della storia \ lasciando una lunga scia di sangue \ d’incoscienti innocenti “ Non so se avete notato la scelta lessicale, volta ad esaltare la musicalità del senso. Io volevo dare al lettore la sensazione che la rete, mal usata, è assimilabile alle cimici, il cui scrocchio, se schiacciate dalle nostre suole, ha un che di sinistro e ci provoca, sicuramente, un brivido di orrore. I valori morali alti dell’essere umano sono i primi che cadono, sotto i colpi nefandi della noia improduttiva e demente, dalla quale siamo affogati. E’ la noia improduttiva che alimenta fantasie, che la rete rende reali.
La storia, che è il lungo filo di bava del baco da seta, che ci lega indissolubilmente ai nostri predecessori, ci dimostra negli eventi drammatici e quasi quotidiani, quanto sia pericoloso questo decadimento, quanto sia fondamentale recuperare quella dignità e per questo alzare la voce. I fatti di cronaca penalizzano le donne, le bambine, ovvero tutto ciò che assomiglia al desiderio e alla debolezza, ci devono per forza indurre a pensare che, forse, dovremmo cominciare a non tollerare neppure le idiozie, apparentemente innocue.
Ma quel che più dovremmo combattere è l’uso della violenza spettacolarizzata nei video giochi. Forse, ma dico forse, i tragici fatti di quei giovani calabresi e di tutti gli altri di cui si narra sui telegiornali non sarebbero mai accaduti. Vi dico questo, perché personalmente sono rimasta allibita dalla crudeltà di quel ragazzino, che poteva essere mio figlio, mio nipote e vostro figlio o vostro nipote e su questo dobbiamo riflettere. Vedete bene come dei semplici versi possano servire ad aprire discussioni e nel contempo offrire un gradevole ascolto sensitivo.