La terza opera finalista è della giornalista glamour che sa vedere il mondo in rosa, senza perdere nessun particolare
Oggi presentiamo Manuela Cassarà, terza ed ultima finalista di “Femminile, Plurale”, il prestigioso premio letterario di Allumiere che il prossimo 30 agosto chiuderà la sua sesta edizione come sempre al Parco del Risanamento (ore 21).
Manuela Cassarà è una giornalista che ha lavorato per anni nel campo della moda. Ha collaborato con testate di settore nazionali e internazionali, con settimanali e mensili dedicati, ha scritto di costume, attualità, industria, mercato, stile e tendenze. Poi, chiamata da Elio Fiorucci, è passata al marketing e alla comunicazione aziendale.
Il lavoro, negli anni, le ha fatto girare il mondo, il mestiere l’ha spinta a osservarlo, il carattere a raccontarlo in modo scanzonato e appassionato. I viaggi sono la sua passione, i ricordi e le impressioni che si porta a casa, diventano scritti e racconti che condivide sul suo sito e sui social. Viaggia con un compagno che è anche il beneamato compagno di vita e di avventure e che fa il fotografo: Gianni Viviani. Insieme provano a raccontare il mondo, lui con le immagini, lei con le parole.
Per questa sesta edizione di “Femminile, plurale” è entrata nella terna di finaliste con l’opera “Io ero mia”, pubblicata con All Around.
“Io ero mia” è un racconto che sfida le convenzioni e abbraccia la vita con tutto il suo caos e il suo splendore. Un racconto audace e spregiudicato di una vita vissuta al massimo, una storia di amore, avventura e scoperta personale.
Ripensando alla sua esistenza, Cassarà dichiara con leggerezza:«Io c’ero. Magari qualche volta dormivo, ma c’ero». Queste parole diventano il filo conduttore del suo racconto, una testimonianza di un’esistenza intensa, affascinante e, a tratti, esilarante.
La scrittrice, nota per la sua versatilità come disegnatrice e factotum, guida attraverso le tumultuose acque dei movimenti studenteschi del ’68, fa un tour nelle stanze della prestigiosa Maison Valentino e ci porta a ballare nella vivace Swinging London. Il viaggio, on the road, continua nell’India degli anni Settanta, alla scoperta di sé stessa.
L’autrice condivide le sue esperienze “a contatto ravvicinato” con alcune delle donne più influenti del Jet Set internazionale, offrendo un affascinante dietro le quinte che cattura l’immaginazione dei lettori.
Tuttavia, Manuela Cassarà non è solamente una donna legata a un mondo glamour. È una viaggiatrice dallo spirito vivo che ha percorso cento paesi e incontrato cento esseri umani, ognuno con una storia da raccontare.
Di seguito l’incipit del libro, letto lo scorso 8 ottobre dalla dottoressa Flavia Verbo, una delle colonne portanti del premio letterario.
Ero una bimba irrequieta, tranquilla solo quando disegnavo completini per le bambole di carta. Li inventavo, li scopiazzavo, ci passavo le ore. Non che volessi fare la stilista; il termine ancora non esisteva.
Ma alla Maison Valentino, prima come disegnatrice, poi come factotum, ci sono arrivata.
La Moda, in un modo o nell’altro, è stata sempre la mia vita.
Un amore conflittuale, con pause e ripensamenti.
Quasi per caso sono diventata giornalista e ho scoperto che scrivere mi veniva facile.
Complice l’ennesima casualità, dopo un’intervista, Elio Fiorucci mi ha chiamata per dirigere l’Ufficio Stile; ho finito per occuparmi della Comunicazione e di svariate cosette, tipo il Marketing e le Licenze. E così ho chiuso il cerchio, tornando a fare la factotum.
Ripensandoci, della mia vita, potrei dire: io c’ero.
Magari qualche volta dormivo, ma c’ero.
C’ero durante i movimenti studenteschi del ’68, c’ero durante la Swinging London, c’ero in India quando ci si andava per strafarsi o, come nel mio caso, a scoprire sé stessi, c’ero nella Roma alternativa delle Estati Romane, c’ero con gli amici LGBTQ, quando l’acronimo non si sapeva cos’era, c’ero nella Milano da Bere e della Moda, c’ero nel cercare la casa della pensione in paradisi tropicali, c’ero quando faceva sano ritirarsi in campagna.
Il lavoro mi ha fatto girare il mondo, il mestiere mi ha spinto a osservarlo e a raccontarlo, il carattere a farlo in modo scanzonato e appassionato.
In retrospettiva, più importanti dei tanti lavori, sono sempre stati gli amici, le persone e gli incontri; quelli di viaggio, casuali e lontani, quelli strani, quelli con gente semplice, quelli con persone speciali, quelli non scritti. Sono grata per questa mia vita ricca ma senza allori, senza traguardi; sono felice di averla viaggiata in parte con Gianni Viviani, fotografo e beneamato compagno di semplici giornate e di tante avventure. In modi diversi, proviamo a raccontare il mondo; lui con le immagini, io con le parole.
Qui dovrete accontentarvi solo dei miei ricordi.