Pascucci: "Ascanio Celestini ha ricordato a Cerveteri da dove veniamo" • Terzo Binario News

Pascucci: “Ascanio Celestini ha ricordato a Cerveteri da dove veniamo”

Ago 16, 2020 | Cerveteri, Politica

“Destinazione non è proprio un destino. Ma ci assomiglia parecchio.

Con queste parole Ascanio Celestini ha iniziato l’altra sera il suo spettacolo al Parco della Legnara. E abbiamo capito subito, se mai qualcuno avesse avuto qualche dubbio, che avremmo assistito a qualcosa di magico e di diverso da quello che il titolo “Barzellette” avrebbe potuto lasciar intendere. Abbiamo capito subito che quel poeta, come sempre, ci avrebbe condotto in un meraviglioso viaggio dell’anima.

Da quando è finito il lockdown, nonostante la mia passione, a causa delle tantissime incombenze, non sono mai riuscito a vedere un film al cinema o ad assistere a uno spettacolo dall’inizio alla fine. L’altra sera, per la prima volta, invece ho voluto farlo. E sono davvero felice che questa mia piccola rinascita, abbia avuto come capostazione proprio Ascanio Celestini.

Una scenografia semplice, essenziale, intima; con un filo di luci a fare da cornice alla panchina di una stazione di periferia; e lì, proprio lì accanto al protagonista, un uomo silenzioso – un becchino che per tutto lo spettacolo Celestini chiamerà “geometra” – che si è espresso soltanto attraverso la sua fisarmonica a colorare ancora di più il già bellissimo monologo dell’attore.

Le barzellette sono quanto di più lontano uno potrebbe aspettarsi da Celestini, è vero. Eppure, raccontate da lui tutte, quelle mai sentite, quelle dimenticate, quelle rielaborate, quelle banali e quelle più complesse, come piccoli ingranaggi a definire un grande gioco di magia, si sono intrecciate con la storia del protagonista – un ferroviere alla ricerca della risposta a una domanda fattagli dal suo capo il primo giorno di lavoro. E le abbiamo viste prendere forma e diventare favola spiritosa, elegante e soprattutto storia di noi.

Ed ecco spuntare di fronte a me di colpo il Mazziotto – famoso per le sue doti amatorie, il Padre santo – prete di campagna che mangia bucatini in canottiera e mutandoni, la suora di Mozzagrogna, i due tradizionali carabinieri, mariti e mogli che viaggiano sui treni o sulle navi, un bizzarro venditore di uova ricco di storie di galli e di galline. Ma anche il sarto, l’ingegnere, femmine mozzafiato, cannibali africani e poeti di periferia. Tutti lì a intrecciare i loro fili per ridere e farci sorridere.

Sempre un sorriso profondo, a volte amaro. Come quando Celestini ci parla di Auschwitz e ci fa ascoltare la voce di una sopravvissuta che sorpresa ha trovato un’erba alta tantissimi anni dopo in quel luogo di morte, dove aveva visto soltanto terra e fango; o quando ci racconta, a pochi giorni dall’anniversario, spaccati di vita delle vittime dell’attentato terroristico alla stazione di Bologna; quella stazione nella quale, come dice il protagonista, il biglietto non va pagato, no; perché lo abbiamo pagato già. E proprio mentre pronuncia queste parole, e si sta per levare un applauso emozionato, una stella cometa, la più grande che io abbia visto quest’anno, arriva a illuminare il cielo del Parco della Legnara, rendendo per un attimo Celestini davvero il nostro Piccolo Principe che ci porta a esplorare tutti i pianeti dell’universo.

L’altra sera, in questa nostra strana arena estiva, dove possono entrare un numero limitato di persone, dove le sedie non si possono spostare e sono a distanza di sicurezza, dove bisogna indossare la mascherina per spostarsi dal proprio posto, mentre assistevo allo spettacolo, ho capito perché abbiamo lottato così tanto per mettere su questa stagione culturale. Perché non abbiamo lasciato correre, facendo forse quella che sarebbe stata la scelta più semplice e immune da critiche di sorta: rimandare tutto e aspettare banalmente tempi migliori; così come ho avuto bene chiaro in testa il perché da tanti anni mi batto per avere nella nostra città inziative culturali gratuite e aperte a tutti oppure, come ieri sera, con un biglietto di ingresso molto popolare, di facile accesso (soli 8 euro per lo spettacolo di Celestini).

Non perché ospitiamo un sito Unesco; non perché siamo la Città della Cultura del Lazio 2020 (e lo saremo anche nel 2021); non per far uscire la gente dalle case e movimentare un po’ il centro storico. O meglio, non soltanto per queste ragioni. Ma soprattutto perché lì, su quel palcoscenico, risiede la nostra essenza; quello che siamo, quello che possiamo essere, la comunità che possiamo costruire. Tutto passa necessariamente anche da qui.

Se esistesse un video integrale dello spettacolo, lo comprerei per regalarlo alle scuole di Cerveteri. E chiederei ai più giovani di vederlo. Quei ragazzi e quelle ragazze che magari conoscono poco artisti come Ascanio Celestini o Antonio Rezza (per citare un altro grandissimo attore che questa estate ha calcato il nostro palcoscenico), performer che raramente sono presenti sulla televisione di Stato e meno che mai sulle emittenti commerciali. Dovremmo chiederci perché.

Chiederei ai ragazzi, ma anche a tutti noi, di guardarlo, di ascoltarlo, di viverlo. Per ricordarci dove siamo oggi e da dove veniamo. Ma soprattutto per avere chiaro in testa dove stiamo andando e capire se quella destinazione ci piaccia o meno. Perché, anche se è più facile lasciar correre e aspettare banalmente tempi migliori, possiamo davvero lottare per cambiarla.

La destinazione, in fondo, non è proprio un destino, ha ragione Celestini. Ma ci assomiglia parecchio.

Alessio Pascucci