Mercati in bilico: Wall Street rimbalza, Europa in rosso – Il FTSE MIB cerca direzione • Terzo Binario News

Mercati in bilico: Wall Street rimbalza, Europa in rosso – Il FTSE MIB cerca direzione

Apr 17, 2025 | Mondo, Redazionale

È un mercato a due facce quello che si presenta agli investitori questa mattina, 17 aprile 2025. Negli Stati Uniti, i futures segnano un rimbalzo tecnico: l’S&P 500 registra +1,14% e il Dow Jones fa il +1,01%, dopo la pesante caduta del 16 aprile. Dall’altro capo dell’oceano, in Europa, le Borse restano in territorio negativo: il FTSE MIB va a -0,31% e 35.954 punti.

Indici in rosso, ma l’Asia sorride: i numeri chiave della giornata

Le Borse europee continuano a soffrire sotto il peso delle tensioni commerciali. Milano lascia sul terreno il -0,31%, con il FTSE MIB che si attesta a quota 35.954 punti in un clima di cautela. Anche gli altri listini continentali mostrano debolezza: Francoforte si staglia a -0,11%, Londra cede lo 0,41%, mentre l’Euro Stoxx 50 arretra del -0,44%.

La giornata del 16 aprile 2025 ha portato una vera tempesta a Wall Street, con vendite massicce che hanno affondato l’S&P 500 del 2,24% e il Dow Jones dell’1,73%. Particolarmente colpito il Nasdaq, in caduta libera del -3,04% sotto il peso dei timori per i colossi tecnologici. Questa mattina, però, i futures americani tentano di rialzare la testa, segnalando un possibile recupero tecnico.

In controtendenza i mercati asiatici, che sembrano aver trovato un’opportunità nelle tensioni tra le due superpotenze. Hong Kong avanza dell’1,45%, mentre l’India sale dell’1,47% e l’Australia guadagna lo 0,78%. Il mondo asiatico sta rapidamente riposizionando le proprie catene produttive per proporsi come alternativa alla Cina nelle forniture globali.

Sul mercato valutario, l’euro si rafforza sul biglietto verde, guadagnando lo 0,28% e portandosi a 1,1374 dollari. Intanto l’oro non arresta la sua corsa, con un balzo dello 0,80% che lo porta a 3.331 dollari l’oncia, continuando ad attrarre gli investitori in cerca di protezione.

Auto e tech europei in caduta libera: i settori più colpiti dalla guerra commerciale

Il settore dell’automotive è tra i più penalizzati. Stellantis crolla del 28,08% in un mese, STMicroelectronics perde il 21,17%. Anche i titoli industriali mostrano forte debolezza: Prysmian (-21,97%) e CNH Industrial (-18,01%) guidano i ribassi mensili. Solo i settori difensivi come utilities e telecomunicazioni resistono meglio.

FTSE MIB in bilico: i livelli chiave da monitorare

Il FTSE MIB attraversa una fase decisiva. Dai massimi storici di 41.113 punti toccati a febbraio, l’indice ha corretto fino ai 32.000 punti di inizio aprile. Ora si muove in un territorio incerto, alla ricerca di una direzione chiara.

Il primo supporto da monitorare è a 35.441 punti, minimo intraday del 16 aprile. La sua tenuta è cruciale nel brevissimo termine. Più in basso troviamo il supporto psicologico a 35.000 punti, la cui rottura aprirebbe scenari più negativi. L’area 34.500-34.000 ha respinto le vendite nelle scorse settimane, mentre a 32.030 punti si trova il supporto critico che, se violato, segnerebbe un cambio di trend primario.

Guardando alle resistenze, il primo ostacolo è a 36.134 punti (massimo odierno). Più in alto troviamo l’area di congestione 36.500-37.000, che coincide con la media mobile a 50 giorni. A 38.000 punti si trova una resistenza significativa, mentre il target finale resta il massimo storico.

L’RSI (Relative Strength Index) a 46,66 indica neutralità, mentre il MACD mostra una timida divergenza positiva. I volumi restano sotto la media, segno di indecisione. Il pattern di “doppio minimo” sui 32.000 punti potrebbe preludere a un’inversione rialzista, ma serve conferma.

Tutti gli occhi su Blair House: cosa aspettarsi dall’incontro Trump-Meloni

I mercati guardano con trepidazione all’incontro tra Donald Trump e Giorgia Meloni in programma per il 17 aprile alla Casa Bianca. Il vertice potrebbe segnare una svolta nelle relazioni commerciali transatlantiche, con ricadute dirette sui listini europei e sul FTSE MIB.

L’Italia si trova in una posizione ambivalente. Da un lato, il paese è profondamente integrato nelle catene del valore europee e vulnerabile ai dazi; dall’altro, gode di un rapporto privilegiato con l’amministrazione Trump, che potrebbe tradursi in un’interlocuzione speciale.

Sotto i riflettori i titoli italiani più esposti al mercato USA: Ferrari (-7,99% in un mese), che genera il 30% dei ricavi in Nord America; STMicroelectronics (-21,17%), fornitore chiave di Apple; Stellantis (-28,08%) con i suoi marchi americani Jeep, Dodge e Chrysler; Campari (-4,16%) con Wild Turkey e SKYY Vodka; EssilorLuxottica (-5,96%) con la sua forte rete retail negli Stati Uniti.

Un ammorbidimento della posizione americana potrebbe innescare un deciso rimbalzo di questi titoli. Al contrario, un inasprimento potrebbe intensificare le vendite sull’intero listino milanese.

Navigare nella tempesta: strategie di trading per mercati volatili

L’attuale contesto richiede un approccio disciplinato al trading. Per gli operatori a breve termine è essenziale ridurre l’esposizione, limitando le posizioni all’1-2% del capitale per operazione. Gli stop loss vanno posizionati sotto supporti tecnici ben identificati: 35.441 punti per il FTSE MIB, 21.000 per il DAX.

È consigliabile privilegiare operazioni intraday, chiudendo le posizioni entro fine giornata per evitare gap overnight. Il pairs trading tra indici con diversa correlazione (long FTSE 100 / short DAX) può ridurre il rischio direzionale. Fondamentale monitorare il VSTOXX, l’indice della volatilità europea, attualmente a 20,6 punti.

Per gli investitori di medio-lungo termine, meglio sovrappesare settori difensivi come utility e telecomunicazioni. Interessante il comparto della difesa europea, con Leonardo che potrebbe beneficiare della spinta verso l’autonomia strategica del continente. L’approccio agli acquisti dovrebbe essere progressivo, scaglionando gli ingressi su livelli tecnici significativi.

La diversificazione geografica suggerisce un’esposizione ai mercati asiatici, in particolare Taiwan, che emerge come beneficiario della riconfigurazione delle catene globali del valore. Il settore energetico europeo mostra resilienza, sostenuto dalle prossime iniziative UE per l’indipendenza energetica dalla Russia.

Il paradosso dei dazi: crescita a rischio mentre l’inflazione potrebbe risalire

La guerra commerciale genera un paradosso economico: Trump celebra la riduzione dell’inflazione americana come risultato della sua politica, ma gli economisti temono l’effetto boomerang nel medio termine. I dazi sono tasse invisibili che finiscono per aumentare i prezzi al consumo.

L’Istat quantifica il possibile impatto negativo sul PIL italiano: -0,2% nel 2025 e -0,3% nel 2026. Cifre che sembrano contenute ma pesano su un’economia già fragile, specialmente se sommate alle incertezze geopolitiche globali.

Le banche centrali navigano in acque agitate. La BCE resta focalizzata sull’inflazione, con Lagarde che ribadisce come i prezzi si stiano “stabilizzando verso l’obiettivo del 2%”. Nella riunione di giovedì potrebbe mantenere il tasso dei depositi al 2,5%, in attesa di maggiore chiarezza.

La Fed vive un dilemma ancora più complesso: Powell deve bilanciare l’inflazione in calo con i rischi dei dazi, che potrebbero stravolgere le catene di approvvigionamento globali e riportare pressioni sui prezzi. Questa divergenza di approccio tra BCE e Fed si riflette sul cambio EUR/USD, in risalita negli ultimi giorni.

Materie prime: l’oro brilla, energia in bilico

Nella partita a scacchi della guerra commerciale, le materie prime si muovono come pezzi strategici, ciascuna con la propria storia da raccontare. L’oro brilla sempre più intensamente, toccando i 3.331 dollari l’oncia con un balzo dello 0,80% solo oggi. Il metallo giallo non tradisce mai la sua reputazione: quando i mercati tremano, gli investitori corrono a comprarlo come un’antica assicurazione contro l’imprevedibile.

Il petrolio, invece, non sa che strada prendere. Sballottato tra le preoccupazioni per una possibile frenata dell’economia globale e le fiamme che non si spengono in Medio Oriente, il Brent resta aggrappato sopra gli 85 dollari al barile. Il greggio americano WTI si mantiene intorno agli 80 dollari, mentre trader ed esperti scrutano ogni titolo di giornale alla ricerca di indizi sul suo prossimo movimento.

I metalli industriali raccontano le ansie dell’economia reale. Il rame – che gli operatori chiamano “il metallo con la laurea in economia” per la sua capacità di anticipare i cicli economici – passa da fasi di euforia a momenti di panico in un battito di ciglia. Non se la passano meglio alluminio e zinco, che seguono l’altalena delle notizie sui dazi come sismografi delle tensioni commerciali.

Di particolare interesse il litio e le terre rare, componenti fondamentali per la transizione energetica e la tecnologia. Qui la guerra commerciale assume contorni strategici, con gli USA che cercano di ridurre la dipendenza dalla Cina, principale produttore mondiale. Questo sta spingendo verso l’alto i prezzi e creando opportunità per produttori alternativi in Australia, Canada e America Latina.

Il ritorno dell’inflazione: uno spettro che si aggira per l’Europa

Le banche centrali festeggiano vittoria contro l’inflazione, ma sui mercati serpeggia già il timore di un ritorno di fiamma dei prezzi. Dietro questo nuovo allarme ci sono i dazi, che promettono di sconvolgere ancora una volta le già provate catene di approvvigionamento globali.

La verità che consumatori e investitori iniziano a intuire è semplice: cambiare fornitori all’improvviso, aggirare dazi e trovare alternative costa. E questi costi finiscono inevitabilmente sul carrello della spesa. Addio all’ottimismo sui prezzi che ha caratterizzato i primi mesi dell’anno.

Nelle sale operative di Londra e Francoforte, gli analisti hanno già iniziato a rivedere al rialzo le stime sull’inflazione 2025-2026, mentre il consumatore medio resta ancora ignaro della tempesta in arrivo sui prezzi di elettronica, auto e beni di consumo quotidiano.

La sostituzione di fornitori efficienti con alternative più costose, l’aumento dei costi logistici e le maggiori spese amministrative legate alla compliance rappresentano un cocktail potenzialmente inflazionistico.

Per l’Europa, il rischio è particolarmente elevato. La dipendenza dalle esportazioni e dalle importazioni rende l’economia del Vecchio Continente più vulnerabile agli shock commerciali. L’euro più forte contribuisce a mitigare parzialmente questi rischi, ma non può compensare completamente l’impatto dei dazi e delle interruzioni nella catena di fornitura.

I mercati obbligazionari stanno già iniziando a scontare questo rischio, con i rendimenti dei titoli di stato che mostrano segnali di tensione. Il differenziale tra i rendimenti a breve e lungo termine sta modificando la propria configurazione, suggerendo una revisione delle aspettative inflazionistiche a medio-lungo termine.

Outlook: novanta giorni di montagne russe per i mercati

I mercati attraversano una fase di transizione, sospesi tra la fine di un lungo ciclo rialzista e l’incertezza generata dalla guerra commerciale. I livelli tecnici identificati rappresentano punti di riferimento essenziali, ma la vera chiave per navigare questa tempesta resta la gestione del rischio.

I prossimi 90 giorni saranno caratterizzati da forte volatilità. I mercati reagiranno bruscamente a ogni dichiarazione di Trump, a ogni dato economico e a ogni decisione delle banche centrali. In questo scenario, è più saggio gestire efficacemente il rischio che tentare di prevedere la direzione del mercato.

L’attenzione rimane puntata sull’incontro Trump-Meloni del 17 aprile, che potrebbe fornire indicazioni cruciali sul futuro delle relazioni transatlantiche. La capacità di mantenere una strategia coerente, adattandola con flessibilità alle mutevoli condizioni, farà la differenza tra chi sopravvivrà a questa fase turbolenta e chi subirà perdite significative.

FAQs:

Come proteggere il portafoglio dai rischi della guerra dei dazi? 

La diversificazione resta l’arma migliore. Bilanciate l’esposizione tra diverse aree geografiche, privilegiate settori difensivi come utility e telecomunicazioni, e mantenete una quota di liquidità per cogliere opportunità. L’oro e altre materie prime possono offrire protezione in caso di escalation delle tensioni.

Quali sono i titoli italiani meno vulnerabili ai dazi USA? 

Le utility regolamentate come Terna, Snam e Italgas hanno business prevalentemente domestici e flussi di cassa prevedibili. Anche Telecom Italia e le aziende del settore sanitario come Recordati mostrano minore correlazione con le tensioni commerciali.

Conviene operare con i CFD in questa fase di mercato? 

I CFD permettono di beneficiare sia delle fasi rialziste che ribassiste, ma amplificano anche i rischi. In questa fase è essenziale ridurre la leva finanziaria, utilizzare stop loss rigorosi e limitare l’esposizione all’1-2% del capitale per operazione.

Che impatto potrebbe avere l’incontro Trump-Meloni sulle borse? 

Un ammorbidimento della posizione americana verso l’Italia potrebbe innescare un rimbalzo dei titoli più esposti al mercato USA come Ferrari, Stellantis e STMicroelectronics. Un inasprimento, invece, potrebbe accelerare le vendite sull’intero FTSE MIB. La volatilità aumenterà sicuramente nei giorni precedenti e successivi all’incontro.

Quando potrebbe intervenire la BCE per contrastare gli effetti della guerra commerciale? 

La BCE resta focalizzata sull’inflazione piuttosto che sulla crescita. Un intervento significativo sarà probabile solo se le tensioni commerciali provocheranno un deterioramento sostanziale delle prospettive economiche europee o rischi per la stabilità finanziaria. Il primo segnale sarebbe un linguaggio più accomodante da parte di Lagarde, seguito eventualmente da una pausa nel percorso di riduzione del bilancio.