Prendendola un po’ alla larga, e toccando un tema impopolare, Ladispoli non può costruire intorno a Caravaggio il suo senso di comunità. Semplicemente perché – storicamente parlando – non c’è alcun nesso fra il pittore lombardo e la cittadina, se non il fatto (questo sì, accertato storicamente) che ci sia sbarcato. Ma in realtà il problema di Ladispoli è proprio l’assenza di senso di comunità.
Indirettamente lo spiega l’interesse scarso intorno all’evento di qualche giorno fa a Marina di Palo dove dei pittori hanno esposto delle riproduzioni caravaggesche e organizzato un dibattito.
Cento persone secondo comune e organizzazione, meno della metà per la Polizia ma potevano essere anche 200 perché la sostanza non cambia: Caravaggio non è argomento che scalda i cuori dei ladispolani, nemmeno piazzando marmi delle rotatorie di ingresso alla città.
Giusto una piccola divagazione: posto che la morte dell’artista è ufficialmente dichiarata a Porto Ercole, non è peregrino pensare che sia morto a Ladispoli. Se non è probabile, è sicuramente possibile.
Ma un conto è pensarlo, un conto dimostrarlo. E la storia, un po’ come l’informazione, ha bisogno di fonti valide su cui basarsi e nessuna finora ha messo il bollo su una morte diversa da Porto Ercole. Anzi, proprio uno scritto dimostra che il Maestro perse la vita nel comune toscano.

“Nel dicembre del 2001, due ricercatori appassionati di Caravaggio, consultando i registri della parrocchia di Sant’Erasmo a Porto Ercole, trovarono un foglietto che avrebbe dato un importante contributo alla risoluzione della controversia, anche se non è mancato chi lo abbia considerato un falso. Sul fronte del foglio, oggi conservato presso l’archivio della curia di Pitigliano, si legge: “A li 18 luglio 1609 nel ospitale di S. Maria Ausiliatrice / morse Michel angelo Merisi da Caravaggio, dipintore / per malattia”; sul retro: “A li 31 luglio morse Alfier Gaspar Montero”. Essendo il foglio vagante, è impossibile definire quale sia il lato primario, ma solo la morte del militare (Porto Ercole faceva allora parte dello Stato dei Presidi, sotto la giurisdizione della corona spagnola) venne trascritta nel registro della parrocchia, con la seguente annotazione: “1609 — corrente 1610”. https://www.primopiano.info/2019/11/16/come-in-vita-per-caravaggio-non-ce-ancora-pace/
Ultima digressione, poi l’argomento si chiude qua. Se un giorno dove saltare fuori che Caravaggio sia effettivamente morto a Palo, non risulterà Ladispoli come città del decesso. Infatti allora, così come Cerveteri, il territorio del Litorale Nord dominato dallo Stato Pontificio era sotto la giurisdizione del comune di Civitavecchia.
Il tentativo abbastanza maldestro di legare indissolubilmente Caravaggio a Ladispoli è destinato a fallire anche per un altro motivo. Caravaggio, potrebbe essere morto ovunque ma non fu lui a scegliere il luogo. Non c’è legame che il soggetto abbia stabilito di sua volontà con la città in cui è morto.
Per fare un esempio: Giacomo Leopardi a Napoli ci volle andare di sua volontà (Recanati allora era sotto lo Stato Pontificio mentre Napoli era la capitale del Regno delle Due Sicilie, pertanto dovette richiedere un passaporto per attraversare i confini) mettendo in conto che nella città partenopea potesse morirci viste le sue condizioni di salute perennemente precarie.
Tornando sull’argomento principale, attorno a chi o a cosa si stringe a comunità ladispolana? Torre Flavia forse e la Palude ma entrambe – forse anche per una leggera distanza dal centro – sono luoghi di mare o naturalistici. San Giuseppe? A parte qualche fedele il 19 marzo non ci sono folle di fedeli in strada.
A scanso di equivoci, sono da escludere i film. Né Il Sorpasso, girato in parte sul rettilineo dell’Aurelia, e men che meno questo compito può essere assolto da Carlo Verdone nei panni di Leo di Un Sacco Bello. La pellicola del 1980, oltre a non mostrare mai la cittadina, non la fa neanche apparire come il Giardino dell’Eden.
Qui però il tentativo sembra più riuscito visto che quando Carlo Verdone venne a inaugurare la piazza il 4 settembre 2020 ci fu un bagno di folla. Ma poi? A parte la targa, cosa è rimasto? Il ricordo di una bella giornata ma niente di più. Perché una citazione in un film resta tale.
Già il carciofo. Una sagra di tre giorni che porta certo migliaia di persone. E dopo? Un evento che si parla addosso, che non cerca spazi nuovi, che non è a caccia di mercati diversi. Resta confinato nello spazio e nel tempo di aprile. Iniziativa che si chiama Sagra del Carciofo Romanesco (che non è ladispolano), con i produttori che diminuiscono così come le terre dove piantare la verdura sostituite dal cemento.
Ci sarebbe lo sport e in parte si è visto nello spareggio-salvezza fra Ladispoli e Cerveteri dove l’Angelo Sale si riempì di gente. Può essere una strada, specie se la formazione dovesse essere composta per lo più da giocatori “indigeni” ma siamo ancora lontani dalla meta.
È vero che i ladispolani doc sono pochi, la città è giovane e questo non aiuta. Però negli anni nessuno ha coltivato né lavorato affinché ci fosse un punto di riferimento valido per tutti.
Guardando al Litorale, Cerveteri e Tarquinia si ritrovano nelle vesti di eredi della civiltà etrusca e Civitavecchia rivendica la definizione di Porto di Roma dalla fondazione risalente al 100 d.C. escludendo i simboli che la rappresentano (vecchi come il Forte Michelangelo o nuovi come la Statua del Bacio).
Santa Marinella vive una situazione simile ma il Castello tuttora e una volta anche il Palio dell’Autopedale facevano stringere i pochi veri cittadini santamarinellesi intorno a eventi condivisi.
Seppure composti da poche migliaia di anime, Tolfa e Allumiere vivono una situazione dove invece il senso di comunità è spiccatissimo, rivendicato nel Palio dei somari e negli eventi estivi tolfetani, per non parlare della squadra di calcio seguitissima con qualsiasi condizioni meteo.
Discorso diverso per Fiumicino, staccatasi da Roma appena 33 anni fa ma totalmente inserita nel contesto della Capitale e della vicina Ostia. E comunque nel comune aeroportuale possono sentire loro a ragione le vestigia di Porto e Torre Clementina, che identificano immediatamente la città, oltre all’aeroporto stesso.
E Ladispoli? Spera in lampo di luce caravaggesco.
a.v.