Non sembra passato così tanto tempo da quella domenica piovosa del novembre 1997 giorno nel quale per un pugno di voti Gino Ciogli conquistò a sorpresa lo scranno più alto di palazzo Falcone. Eppure nel 2017 – anno nel quale Ladispoli tornerà al voto amministrativo – si festeggeranno i 20 anni di guida ininterrotta del centrosinistra al governo locale.
Il giudizio globale su questo ventennio deve necessariamente partire da un’analisi sulla città di oggi in relazione a quella di allora. E da questo punto di vista non si può negare che il complesso processo di trasformazione – da stazione balneare a vera e propria realtà urbana – sia stato gestito con abilità avendo chiara la missione alla quale si era stati chiamati.
La rivoluzione demografica che Ladispoli ha subito negli ultimi decenni non era per niente facile da gestire. L’aumento esponenziale della popolazione ha innescato un processo di radicale cambiamento del corpo sociale della città rendendo necessaria un’azione amministrativa straordinaria che ha toccato ogni ambito: da quello urbanistico a quello dei servizi pubblici e quello delle politiche sociali passando per quello della viabilità. Insomma abbiamo assistito alla nascita di una città; a una rifondazione urbanistica, sociale e culturale; all’abbandono di un’idea di comunità e all’approdo verso un’altra. L’impresa non era per niente scontata.
D’altro canto – e come spesso accade se perdura al governo uno stesso gruppo dirigente – la mancanza di ricambio politico ha via via indebolito l’azione amministrativa fino a renderla, nell’ultimo periodo, addirittura dannosa per la città.
Quello che si è visto in questi ultimi anni sembra la trama di un film dal finale amaro e tragico. Il comune è in sofferenza economica e questo dato non può essere attribuito come si fa di solito in politica a chi governava prima perché in questo caso chi stava alla guida di palazzo Falcone è stato sempre lo stesso gruppo dirigente. Ma non è solamente la questione dell’indebitamento a far pensare che siamo al tramonto di una stagione politica. A fianco ad essa se ne sommano tante altre di natura urbanistica, politica e sociale che se messe insieme offrono un quadro generale alquanto preoccupante.
Questa è un’amministrazione che ha perso in questi ultimi anni il contatto con la realtà nella quale opera, che fatica a intercettare e soddisfare i bisogni dei cittadini, soprattutto di quelli più deboli; che accoglie i voti in consiglio comunale di due ex candidati a sindaco del centro destra senza spiegarne in maniera convincente la vera ragione e senza destare il pur minimo clamore, trasformando quindi la maggioranza uscita dalle elezioni in qualcosa di spurio, una sorta di patto del Nazareno alla ladispolana.
Ma più di ogni altra cosa quello che più si avverte è la mancanza di una visione per il futuro di questo territorio nei prossimi dieci/venti anni. Perché se è vero che la sfida della trasformazione a città è stata vinta adesso che deve fare questo nuova realtà urbana? Dove vuole andare? Quali sono le prossime sfide?
Naturalmente non potranno essere riprodotte le ricette e i modelli applicate negli ultimi decenni. Ad esempio perseverare con la logica del cemento – come si vorrebbe fare con Osteria Nuova o come si è scelto di fare con il famigerato e chiacchieratissimo piano integrato di Piazza Grande – per favorire il rilancio dell’economia locale (e le tasche dei soliti palazzinari sarebbe da aggiungere) è una ricetta sbagliata oltre che superata. Ladispoli non ha bisogno di crescere ancora bensì quello di consolidarsi, riconvertire professionalità (soprattutto nel campo edile) e riposizionarsi su nuovi settori. Mai come oggi ha bisogno di ricette serie e innovative sul fronte del turismo, servizi verso i nuovi residenti, sostenibilità ambientale, agricoltura e welfare locale.
Si sente forte l’esigenza di un ricambio generazionale tale da consentire lo sprigionamento di idee ed energie nuove. Per questo motivo i nomi di vecchi giovani o giovani vecchi che circolano in questi mesi – tra l’altro legati da cima a fondo al ventennio che si sta per concludere – non sono all’altezza di una città che necessita di discontinuità.
Nel centro sinistra ladispolano verrebbe da dire parafrasando un celebre cantante che se qualcuno ha voglia di cambiare, si faccia avanti adesso. Anche perché se non si riuscisse ad offrire alla città un progetto politico serio con figure di rottura a guidarlo il centro sinistra non farebbe altro – come successo a Roma e Civitavecchia – che consegnare la città al Movimento 5 Stelle, gli unici al momento totalmente alternativi al vecchio sistema di potere, strutturati e attivi nel tessuto sociale e dunque i naturali favoriti per una città che deve guardare avanti e inventarsi un nuovo futuro.