Il nuovo governo conferma la fine del bipolarismo • Terzo Binario News

Il nuovo governo conferma la fine del bipolarismo

Apr 29, 2013 | Blog, Santo Fabiano

Abbiamo un nuovo governo: e adesso tocca a ciascuno di noi. E adesso abbiamo un Governo. Non importa che ci piaccia o meno e nemmeno che sia l’esito di un processo sciagurato che ha evitato qualunque scelta di buon senso per approdare verso un’accozzaglia dove, tra qualche personaggio rispettabile (fuori discussione) regna la mediocrità, frutto della mediazione. Non importa! Credo che tutti noi abbiamo bisogno di ritrovare il gusto di sentirci uniti nella speranza che funzioni e che porti il nostro Paese fuori dal guado. Non serve sperare che cada, nè sperare di tornare alle urne. Servirebbe soltanto a lacerare un sistema sociale ormai frammentato e disorientato Se ci sta a cuore la vivibilità e la tenuta sociale del nostro Paese, dobbiamo sperare che “chiunque si trovi a governarlo”, lo faccia nel migliore dei modi, trovando le soluzioni adeguate che possano assicurare una vita dignitosa a ciascun cittadino (quello è il fine primario, non dimentichiamolo) avendo bene presente che il fine primario di qualunque sistema rappresentativo, come quello democratico, non è quello di attribuire privilegi a chi governa e opportunità a chi li frequenta, ma quello di prendersi cura, soprattutto, di chi non può farlo direttamente e di favorire l’integrazione sociale, soprattutto a favore di chi ne è escluso.

Ma soprattutto di consentire l’esercizio della libertà di ciascuno di coltivare le opportunità che la vita gli da. Qualche anno fa mi capitò di spiegare a un ministro proprio questo concetto di esercizio della democrazia intesa come libertà di esercitare diritti, doveri e “opportunità”. I primi sono quelli che consentono di sentirci “parte” di un sistema sociale, cioè di essere “riconosciuti”. Mi è sempre sembrata una sensazione straordinariamente affascinate pensare che ciascuno di noi, non appena viene al mondo, si trova in una situazione “protetta” grazie ai diritti che gli vengono riconosciuti, non importa il suo colore, l’orientamento religioso o di “gusto”, nemmeno la sua condizione sociale e il suo aspetto. Non ce ne accorgiamo, ma è straordinario. I doveri non sono, come spesso ci dicono, un risvolto dei diritti, né l’altra faccia della medaglia, quanto, invece, il nostro contributo alla tenuta del sistema di tutti. La legge non è un fastidio da evitare, nella speranza di non essere sanzionati, ma un sistema di regolazione delle relazioni sociali, finalizzato sia all’ordine, sia alla perequazione. E non è un caso che siamo tenuti a rispettarli, a titolo diretto e personale, dopo la maggiore età.

Le opportunità, di cui, purtroppo non si parla (e pure quel ministro non ritenne di farne parola nell’intervento che stavamo predisponendo, perché troppo complesso) rappresentano il contributo di “speranza” e di “sviluppo” che ogni società deve garantire ai suoi cittadini. E’ come una forma di eguaglianza sostanziale. E’ facile parlare di diritti quando c’è chi parte da situazioni di vantaggio (fisico, economico o di genere), ritenendo che ciascuno deve essere garantito nella condizione in cui si trova. Per questo non servono leggi o sistemi sociali. Un sistema realmente democratico è quello che riconosce la ricchezza dell’immaginazione, della fantasia, della libertà di intraprendere e di osare, senza l’imposizione di vincoli o balzelli che hanno solo lo scopo di mantenere le posizioni di chi già le ha. Non si tratta di finanziare o sostenere, quanto, invece, di consentire e di riconoscere il “diritto all’esercizio delle opportunità che il contesto consente di esercitare”.

Forse quel ministro aveva ragione: è troppo complesso. E forse è persino inattuabile in un sistema sociale impaurito che interpreta il coraggio come una malattia, la speranza come un male di stagione, l’impegno sociale come un difetto di alcuni… e la voglia di cambiare come un pericolo da cui difendersi. Ma adesso che abbiamo un Governo, brutto o bello, adesso, tocca a noi. Non possiamo continuare a fare gli spettatori, vivendo la politica al bar, con gli amici, in birreria, come se si trattasse di qualcosa che riguarda altri, per riservarci sempre il ruolo dei commentatori che fanno solo la fatica di prendere posizione, senza mai partecipare attivamente. E’ proprio questo tipo di governo a richiedere un modo diverso di impegno politico. Come sappiamo è sostenuto da PD, PDL e Scelta civica, ma sarebbe da stupidi pensare che ogni sua azione possa stare bene agli elettori di quei partiti. Se la politica ci ha dimostrato che non ci sono distinzioni tra PD e PDL, tanto da potere governare insieme, spetta a noi prendere atto del superamento dell’antico bipolarismo. Dobbiamo abbandonare i vecchi stereotipi di contrapposizione ideologica, dietro i quali si trincerano i leader che ci vogliono contrapposti, lontani e inconciliabili, per poi superare ogni distinzione, quando di tratta di andare al governo.

Si profila ormai un nuovo bipolarismo, dobbiamo prenderne atto: da una parte chi vuole perseguire l’interesse del Paese e crede nel valore della collettività; dall’altra chi tende a promuovere solo gli interessi personali o di parte e lo fa con la spocchia di chi considera persino immaturo e inadeguato chi non vuole piegarsi al “mercato del potere”. Spetta a noi, non al governo, ritrovare una nuova dimensione nella politica. Che non è più la sterile contrapposizione tra destra e sinistra, tra cattolici e laici, tra terroni e polentoni, ma sempre di più, tra “civili” e “barbari”. I primi, proiettati alla costruzione di un sistema che si fonda sulle regole, sui diritti, sui doveri e sulla promozione delle opportunità. I secondi, sommersi dall’ingordigia del potere senza vincoli, né regole, che utilizzano la legge per difendere la propria posizione, ma non esitano a disprezzarla per servire i propri interessi. E soprattutto vogliono occupare ogni spazio e impadronirsi di ogni opportunità, impedendo a chiunque di esercitarla, per il timore di essere scalzati.

Questo è il vero bipolarismo. Non si tratta di stare con Marx o con Mussolini. Ho conosciuto persone straordinarie e delinquenti incalliti, in entrambi gli schieramenti. In una bella canzone di Vecchioni si parla di due leader di opposte fazioni: uno aveva la barba e l’altro la cicatrice, si sentivano diversi e si facevano la guerra. Finchè un giorno, quello con la barba, la tagliò e si accorse di avere sulla pelle la stessa cicatrice del suo presunto avversario. Siamo un Paese straordinario che ha bisogno di ritrovarsi, nelle radici, nella storia nelle opportunità, nel sostegno dei deboli e dei diversi e nel presidio delle regole che rappresentano la base del sistema di tutti. Siamo all’alba di un nuovo bipolarismo, spetta a ciascuno di noi decidere da quale parte schierarsi.