Un ladispolano nei guai per una vicenda legata a dei conti correnti postali svuotati.
Come riportato da Il Corriere Salentino dovrà ripartire da zero il processo d’appello sui conti prosciugati a sedici clienti dall’ex responsabile dell’ufficio postale di Parabita con la presunta collaborazione di altri quattro complici. Sulla scorta di un’eccezione sollevata dagli avvocati David Dell’Atti ed Elvia Belmonte il Presidente della Corte Vincenzo Scardia è stato giudicato incompatibile per aver giudicato un’imputata in un altro processo. Il giudice ha così rimesso gli atti alla Corte che dovrà ora comporre un nuovo collegio per consentire di far ripartire il secondo grado di giudizio.
Nelle scorse settimane il sostituto procuratore generale Giovanni Gagliotta (titolare del fascicolo d’indagine) aveva chiesto la conferma delle condanne con l’esclusione del reato di falso in scrittura privata ormai depenalizzato contestato al solo Cosimo Prete (l’ex responsabile dell’ufficio postale) e già assessore comunale, condannato a 16 anni; 9 anni e 10 mesi erano stati inflitti a Marcolino Andriola, 51, di Cellino San Marco; 8 anni e 6 mesi ad Antonio Silvestri, 43 anni, residente a Casavatore; 8 anni ad Andrea Cesarini, 43, di Ladispoli (Roma); 4 anni e 6 mesi a Luigi Cecere, 30, di Casavatore (comune della provincia di Napoli). Le accuse, a vario titolo, erano quelle di peculato, truffa aggravata, falsità materiale e riciclaggio.
L’indagine è stata condotta dalla squadra della sezione di pg della polizia di stato specializzata nei reati contro la pubblica amministrazione. Il lavoro degli investigatori culminò ne settembre di tre anni fa con l’arresto di sette persone (tra cui proprio Prete finito in carcere). Dopo aver ottenuto i domiciliari l’ex assessore tornò in libertà con un provvedimento disposto dalla Cassazione. I giudici romani avevano poi escluso l’accusa di peculato. Diverse e circostanziate le accuse mosse all’ex assessore. In particolare, Prete si sarebbe impossessato di un milione e 300 mila euro spariti dal libretto di una donna di origini eritree ma residente a Locri, in Calabria.
L’allora responsabile del settore consulenze avrebbe duplicato il libretto della donna eritrea cointestato alla ignara cliente e ad uno degli indagati su cui sarebbero stati dirottati 437mila euro; la fetta più sostanziosa era trasformata in otto buoni fruttiferi postali del valore di 100mila euro ciascuno. Altri 52mila euro sarebbero stati consegnati, sotto forma di vaglia, ad un autosalone di Lecce. Gli imputati avrebbero così acquistato auto e orologi di lusso. Tra i veicoli venduti dalla concessionaria anche una Ferrari 430, un Audi A5, una Bmw e una Golf.
Fu una segnalazione dell’ufficio anti frode di Poste Italiane a segnalare l’anomalia. Vennero avviati gli accertamenti in collaborazione con il dipartimento di polizia postale di Bari. Ed emerse l’ammanco sui conti dei clienti. In particolare, facendo leva sul rapporto di conoscenza e di fiducia, Prete avrebbe prodotto alle vittime compaesane attestazione di falsi investimenti finanziari con consegna di un modulo da sottoscrivere. Le sedici parti civili, per le quali in primo grado venne disposta una provvisionale, sono rappresentate dagli avvocati Luca Laterza, Walter Gravante,Francesca Conte, Laura Pisanello, Alessandro Greco, Marco Castelluzzo, Luigina Fiorenzae Giuseppe Gabellone.