Prosegue la riorganizzazione interna al partito dopo la morte del Cav.
Orfano di Berlusconi il segretario blinda ‘macchina’ con Battistoni-BATTILOCCHIO- portavoce Nevi ‘presidierà’ media
Roma, 3 ago. (Adnkronos) – Con la nomina di tre suoi fedelissimi nei posti chiave (organizzazione, elezioni e portavoce) Antonio Tajani di fatto prende il ‘comando’ di Forza Italia, almeno fino al Congresso, fissato il 24-25 febbraio a Roma, marcando in senso ancora più governista la geografia politica interna del partito dopo la scomparsa del leader Silvio Berlusconi.
Il segretario affida a Francesco Battistoni da Montefiascone, suo storico braccio destro, già sottosegretario all’Agricoltura del governo Draghi, la ‘macchina’ sul territorio e, tramite Alessandro BATTILOCCHIO, potrà gestire ogni campagna elettorale, ma soprattutto -la cosa che più conta specialmente in tempi di magra e senza la ‘forza attrattiva’ del Cav-fondatore- avrà in mano le chiavi che più pesano: quelle della selezione dei candidati al momento delle liste.
Non solo: il vicepremier e ministro degli Esteri, avrà una sua ‘voce’, il portavoce Raffaele Nevi, attuale vicepresidente vicario del gruppo alla Camera, che curerà “i rapporti quotidiani con la stampa”, creando ”analoghe strutture a livello regionale e provinciale sotto la direzione dei coordinatori regionali e locali”, come scritto nel comunicato finale della segreteria riunitasi stamane. Se Nevi, che dovrà anche individuare ”una figura per i rapporti con la stampa estera”, sarà il ‘braccio operativo’ sul fronte dei media, ora andranno definite le competenze del senatore Alberto Barachini, confermato alla ‘Comunicazione e immagine’.
C’è chi immagina per il sottosegretario all’Editoria un ruolo più di strategia. Di certo, con questi innesti, compreso il capogruppo alla Camera, Paolo Barelli, Tajani potrà blindare la ‘macchina’ di un movimento ma la strada è tutta in salita. “Non è facile raccogliere l’eredità di Silvio, Tajani rischia di bruciarsi in qualsiasi momento”, dice a mezza bocca un big.
Da qui la necessità di muoversi a piccoli passi, anche perchè i malumori di chi accusa Tajani di essere troppo appiattito sulla Meloni continuano a serpeggiare e c’è chi lo critica per non aver ‘allargato’ il suo board (ai governatori per esempio), prediligendo gli uomini più fidati.
