Credo che se chiedessimo in giro la definizione di democrazia, ciascuno ne conierebbe un significato diverso. C’è chi ritiene che consiste nella possibilità di fare ciò che vuoi finché non ti beccano; chi ritiene che si tratta di andare a votare; chi pensa che si realizza con la libertà di espressione; chi non ritiene nulla e per questo pensa di vivere i democrazia, ecc. E’ ozioso risalire al “mito delle origini” per ricavare il significato di chi ha coniato il termine. Ma vale la pena di accorgersi del modello di democrazia nel quale viviamo e del quale, di tanto in tanto, ci sorprendiamo di registrare limiti o eccessi.
E’ colpa del sistema democratico se personaggi come Berlusconi si permettono il lusso di evadere il fisco (per fare uno degli esempi possibili), venire più volte condannato, per poi apparire come vittima e trovare cittadini che lo sostengono? Dipende dalla democrazia se un partito, definito democratico, chiama i sostenitori alle primarie, prima e alle elezioni dopo, per poi scegliere un premier, mai proposto da nessuno, e alleanze e programmi mai condivisi ? E’ un limite della democrazia se la città è amministrata dalle solite persone che non si fanno alcuno scrupolo di incaricarsi a vicenda, di appaltare incarichi a se stessi o ai parenti più prossimi, di spartirsi gli spazi cittadini, come se fossero propri e ritenere un fastidio o persino un’invadenza dovere “rendere conto” del proprio operato?
La democrazia non è un sistema perfetto, così come non lo è nessun sistema sociale (per fortuna, altrimenti troveremmo qualcuno che lo imporrebbe) però è certamente quello che maggiormente rispecchia le condizioni di “salute sociale” di un sistema. In un contesto civile, orientato alla convivenza pacifica, alla condivisione degli spazi comuni, alla corretta gestione delle risorse collettive, sicuramente, la democrazia è il sistema che garantisce la massima partecipazione e consente a ciascuno di potere partecipare, nella stessa misura (più o meno). In un contesto “malato” di protagonismo, interessi personali, ingordigia, pettegolezzo, cioè, di tutte quelle “deviazioni” che minano la convivenza civile, è inevitabile che, anche il miglior sistema democratico non possa dare il meglio di sé. Certamente il principio cardine della democrazia è la “partecipazione”, cioè l’esercizio di ogni attività che consente di “prendere parte” alle scelte e alle decisioni che vengono assunte quando riguardano la collettività, un bene comune o interferiscono sulle “opportunità” di ciascuno e di tutti. E’ solo la partecipazione che assicura l’esistenza di una reale democrazia.
E’ il grado dell’intensità e della consistenza delle relazioni tra cittadini e istituzioni, tra bisogni di tutti e decisioni di pochi, che misura il livello della democrazia di un sistema. Non è il voto. Il voto, lo sappiamo bene, è uno strumento importante, solo che viene esercitato con consapevolezza diffusa. Diventa, persino, antidemocratico, se chi va a votare lo fa senza essere informato, per rispondere a schieramenti di partito o peggio ancora, per sostenere i propri “compari”. Ebbene, nel nostro Paese, si assiste a uno strano ribaltamento del concetto di democrazia. Sappiamo bene che etimologicamente deriva dai termini greci δῆμος (démos) popolo e κράτος (cràtos), governo, la cui unione esprimerebbe l’attribuzione del governo al popolo. Ma soltanto qualche stupido potrebbe affermare che nel nostro Paese, a qualunque livello, il popolo sia capace di incidere sul “governo” della “cosa pubblica”.
Il governo non appartiene al popolo, che peraltro, di questioni di governo non ne vuole sapere affatto, se si escludono le beghe tra personaggi politici, le prese di posizione di uno rispetto all’altro, la vittoria sullo schieramento avverso e via discorrendo. Del governo ci interessano le vicende, i palazzi, la vita, i protagonisti. E ad questi accettiamo di tutto, come sudditi passivi. Non ci importa che ci tolgono il futuro, se occupano le nostre città, se distribuiscono le nostre risorse, se svendono i patrimoni pubblici. E nemmeno se commettono ingiustizie o reati. Come buoni sudditi difendiamo strenuamente i nostri padroni, perdoniamo loro ogni cosa, purché non ci privino del gusto di sentirci all’interno di una parte che deve combattere contro un nemico.
E il nemico non è più la parte avversa. Come accade in matrix, il nemico è chi ha scoperto che il gioco è truccato e invita i sudditi a svegliarsi. E invece non c’è ragione di agitarsi: la povertà incalza, aumenta l’IVA, non c’è lavoro, le famiglie di costruttori si spartiscono la città, le case da gioco invadono le strade, le tangenti proliferano e altro ancora. E noi, come sudditi felici, sempre pronti all’appello delle urne o delle “primarie” possiamo democraticamente scegliere da che parte stare e restare alla finestra per vedere cosa succede. Come dice un mio caro amico: loro giocano la partita e a noi resta di vedere novantesimo minuto.