Quando la disinformazione diventa "Social" • Terzo Binario News

Quando la disinformazione diventa “Social”

Ott 3, 2013 | Blog, Jonathan De Sciscio

E questa dove l’hai sentita? – L’ho letto su Internet. Conversazione che a molti risulterà familiare e che negli ultimi anni è diventata quasi un mantra quotidiano. Il mondo dei media è in continua evoluzione: all’inizio c’erano i giornali, poi la radio, poi la televisione; oggi la Rete.
Quante volte ci capitava di sostenere una tesi basandoci su ciò che avevamo precedentemente ascoltato in tv, strumento che era, per i più, fonte quasi esclusiva della verità e del sapere. Non importava chi fosse a parlare, importava che chi parlava lo facesse attraverso la televisione.

Poi l’idillio tra noi e il tubo catodico è venuto meno; quest’ultimo ha mostrato, soprattutto nel nostro paese, i suoi indiscutibili limiti, i suoi legami troppo spesso perversi con politica, imprenditoria e altri poteri. E poi all’improvviso l’avvento di Internet. “L’hanno detto in tv”, nel giro di poco tempo, si plasma nel più gettonato “l’ho letto sul Web”.

Internet è diventato la fonte quasi assoluta del sapere per tanti, è diventato il luogo libero per eccellenza. Basta giornalisti corrotti (pennivendoli per alcuni) strapagati dai poteri forti per fare solo ed esclusivamente gli interessi dei padroni. Basta con i telegiornali di partito che censurano e fanno campagna elettorale trecentosessantacinque giorni all’anno. Basta! Ora c’è Internet. La Rete era, ed è ancora oggi da molti, vista come pura, libera da influenze, sicura.

Sul Web abbiamo l’opportunità di informarci, ma anche la possibilità di informare e questo comporta, senza ombra di dubbio, notevoli risvolti positivi perché garantisce, in una parte dei casi, un’informazione senza filtri, diretta, per tutti.
Con la Rete, e soprattutto dopo l’avvento dei Social Network ( Facebook e Twitter su tutti), siamo diventati protagonisti della notizia, possiamo, noi stessi, offrire un servizio straordinario: raccontare il mondo in tempo pressoché reale.

Social e blogger sono stati senza dubbio i protagonisti durante le primavere arabe in Nord Africa, durante la rivoluzione “verde” in Iran nel 2009, sempre nello stesso anno protagonisti nella cosiddetta “Twitter Revolution” in Moldova e infine durante l’occupazione in Turchia di “Gezi Park”.
L’ex segretario di Stato Usa, Hillary Clinton, in un discorso al Newseum di Washington dichiarò:”Grazie al Web oggi l’informazione è libera e globale e, laddove non lo è, dovrebbe esserlo. L’accesso libero all’informazione in tutte le sue forme è fondamentale per la democrazia”.
Siamo di fronte ad una rivoluzione di proporzioni enormi nel campo dell’informazione, indietro non possiamo più tornare, il processo è irreversibile. La rivoluzione digitale, come tutti gli eventi destinati a scardinare i vecchi schemi e ad alterare lo status quo, comporta mutamenti che sconvolgono il campo in cui avvengono e il pubblico li assorbe nell’immediato sapendo apprezzarne tutti gli aspetti positivi.

Col trascorrere del tempo cominciano ad emergere però anche i primi problemi, le prime pecche di un luogo virtuale suscettibile a manipolazioni continue. L’informazione libera e democratica può nascondere complessi meccanismi distorsivi che portano alla luce il lato più oscuro e brutale del Web.
La libertà di cui possiamo godere sulla Rete permette anche di manipolare notizie e informazioni, più o meno volontariamente e consapevolmente, andando ad alimentare il fenomeno della disinformazione.
Parto da episodi di vita reale. Qualche tempo fa mi è capitato di imbattermi in un link su Facebook dove si sosteneva esplicitamente questo: “Non puoi sparare ai Rom che vengono a rubare a casa tua. La Cassazione ha stabilito che i Rom rubano per un fatto di disagio sociale e vanno compresi. Caro italiano fagli trovare un bigliettino con scritto: SEI IL BENVENUTO!”. Ovviamente non è riportata né la fonte della notizia, né tantomeno il numero della sentenza.

Ora, non servono studi approfonditi di Diritto penale o costituzionale per capire che la fantomatica sentenza della Cassazione non esiste e sarebbe anticostituzionale. La cosa che mi ha lasciato basito sta nel fatto che il link in questione abbia avuto una diffusione capillare sul Social ricevendo centinaia di “mi piace” e commenti di natura xenofoba, che facevano trapelare un odio diffuso contro i Rom, ma anche contro la stessa Corte di Cassazione rea di discriminare il popolo italiano.

Di esempi simili se ne potrebbero fare a centinaia. Questo è un piccolo, ma rilevante, spaccato di società virtuale, che mostra come sia facile portare avanti vere e proprie campagne di disinformazione attraverso la rete utilizzando Social Network, Blog e siti Web.

I temi sui quali si fa leva sono sempre gli stessi, quelli attraverso i quali si portano alla luce le paure e i timori più comuni fra la maggior parte delle persone: xenofobia, omofobia, rabbia indiscriminata contro minoranze o contro la classe politica tutta.
Incitamenti all’odio sono riscontrabili in un sempre maggior numero di gruppi o pagine su Facebook, blog e presunti siti di informazione. In un contesto di grave crisi non solo economica, ma anche sociale, l’opinione pubblica è fortemente suscettibile e propensa a credere a tutto ciò che le permetta di manifestare la propria rabbia. La Rete è utilizzata come valvola di sfogo da un sempre maggior numero di individui.

Analizzare criticamente tutto ciò che leggiamo e verificare l’effettiva attendibilità delle fonti sono gli strumenti indispensabili che abbiamo a disposizione per non cadere nel tranello della disinformazione. Sta a noi decidere se accendere, oltre il PC, anche il cervello.