“Lei è Martina Ciontoli, la fidanzata, la grande assente nell’ambulanza che porta Marco Vannini a morire come un figlio di nessuno, a soli 20 anni”. Con queste parole inizia il commento di Carmelo Abbate sul caso Vannini in merito alle testimonianze di Martina Ciontoli.
“Il pomeriggio successivo alla morte di Marco – spiega Abbate – Martina è con il fratello Federico e la fidanzata Viola Giorgini sul divano della caserma dei carabinieri di Civitavecchia.
“Io ho visto lui, quando papà gli ha puntato la pistola…non ci posso pensà”, dice Martina, sotto l’occhio della telecamera che intercetta e filma la conversazione.
Al processo, il pubblico ministero le contesta: signorina lei allora ha visto, guardi qui, sta mimando la scena. E le mostra le immagini.
Risposta: No, me ne aveva parlato mio padre.
Il pm la incalza: ma lei parla in prima persona, non riferisce un resoconto di altri!
Risposta: avevo fatto mio il racconto di mio padre, e lo ripetevo.
Lo stesso pm ha già interrogato Martina in precedenza e le ha contestato una frase che la ragazza ha detto nella stessa conversazione intercettata.
“Qui sotto c’aveva il proiettile…sembrava una ciste”, racconta Martina nel video.
Allora lei c’era! Ha visto! insiste il pubblico ministero.
Risposta: no, me lo ha riferito il comandante dei carabinieri in caserma quella sera.
Sempre il pm: signorina abbia pazienza, ma il comandante come poteva sapere che Marco si trovava nella vasca! E soprattutto, come poteva sapere della traiettoria del proiettile! L’autopsia non era stata fatta!
Risposta: io sono certa che non ho visto minimamente che Marco aveva un proiettile”.
“Al processo, il comandante dei carabinieri ha giurato di non aver mai detto nulla del genere alla ragazza – continua Abbate – Morale: uno dei due mente, da qui non si scappa. Per i giudici non è Martina Ciontoli. Ma se non è lei, allora noi abbiamo un comandante dei Carabinieri che ha mentito sotto giuramento dentro l’aula di un tribunale.
Perché non è stato indagato per falsa testimonianza?”.