Jova, Comitato No Party alla Palude: "Non è tournée ecologica, ma una grossa operazione commerciale" • Terzo Binario News

Jova, Comitato No Party alla Palude: “Non è tournée ecologica, ma una grossa operazione commerciale”

Ago 10, 2019 | Ambiente, Cerveteri, Ladispoli, Politica

Gli appassionati di storia della televisione ricorderanno un momento iconico del piccolo schermo che vide protagonisti Mike Bongiorno e la signora Giuliana Longari. Correva l’anno 1970 quando la Longari, concorrente del telequiz Rischiatutto in onda sulla Rai, esperta in storia romana perse il titolo di campionessa nella puntata del 16 luglio. Ma cosa successe in quel lontano giorno d’estate di tanto eclatante? Banalmente gli autori della trasmissione scelsero la categoria ornitologica per le domande e, da grande professionista qual’era, Mike Bongiorno con i suoi collaboratori inventò la sua gaffè più popolare “Ahi, ahi, ahi signora Longari, lei mi cade sull’uccello”.
Sulla veridicità dell’aneddoto i diretti interessati e gli stessi autori del programma, intervistati molti anni dopo, smentirono fosse stata pronunciata la frase, dato il clima morigerato dell’epoca e la prescrizione di un linguaggio consono in pubblico. Infatti la rigidità un po’ bigotta di allora censurava pure la parola “membro” indicante rappresentanti del Parlamento. Ma gli anni passano e cadono i tabù, i fili della storia si riannodano e, richiamando i corsi e ricorsi storici di Giovambattista Vico, quel divertente episodio si riallaccia ai giorni nostri, trovando sponda nell’articolo pubblicato da Selvaggia Lucarelli sul Fatto Quotidiano relativo al Jova Beach Party. La giornalista, opinionista e blogger è intervenuta sullo scontro tra ambientalisti e Jovanotti, ma peccando di onniscenza ha dimostrato la poca dimestichezza con il mondo animale e, in particolar modo, di non possedere sufficiente confidenza con gli “uccelli” laddove ha confuso in foto il Fratino (Charadrius alexandrinus) con il Corriere vocifero (Charadrius vociferus). L’errore non è di certo passato inosservato agli esperti ornitologi, puniti dalla giornalista sui con la bannazione sui social, rei di aver tentato di spiegarle che il Corriere vocifero vive nel Nord America, e non sulle coste italiane dove si tengono i raduni musicali del Cherubini: in altre parole Selvaggia come la Longari “è caduta sull’uccello”.
A parte lo scambio di immagini, il brano apparso sulla prestigiosa testata e ripreso da diversi siti e redazioni online, mette in luce  l’insipienza e mancanza di tatto da parte dell’autrice nel trattare una materia così delicata e complessa, la tutela ambientale, che non è gossip estivo da commentare sotto l’ombrellone. La Lucarelli invece ha usato l’argomento come pretesto per ritagliarsi un spicchio di visibilità e regalare perle di saggezza ai suoi followers, innalzando il re del qualunquismo ambientale – Lorenzo Cherubini – a vittima sacrificale con un lessico degno di uno scaricatore di porto quando scrive “che nella speciale classifica della gente a cui sono stati stracciati i coglioni per i temi più disparati (…) ci sia il povero Jovanotti”. La saccente opinionista non risparmia poi di rovesciare olio bollente contro i detrattori del menestrello “spazzadune”, colpevoli di opporsi a quanti speculano ed arricchiscono sfruttando le risorse naturali solo per tornaconto economico e personale. Così scrive “Franco Sacchetti del “Comitato del fratino”, autore del volume “Fratini d’Italia” (giuro, è vero), strepita: “Danno ambientale ingente a Cerveteri dove ettari di habitat dunale, probabilmente interessato da nidificazioni di cappellaccia e beccamoschino, sono stati rimossi per il concerto” e prosegue scagliandosi persino addosso alle vittime prime di tale barbarie, le specie a rischio estinzione con queste parole “Grande sconcerto per l’assenza di un Comitato della cappellaccia, ma per fortuna presto in libreria “Vita e opere del beccamoschino” con prefazione di Vittorio Sgarbi”. L’articolo è una summa di luoghi comuni e banalità al fine di silenziare chiunque osi documentare e denunciare i danni prodotti nelle spiagge da questi concerti, non solo a Marina di Cerveteri dove ironia della sorte il concerto si è svolto il 16 luglio u.s. ossia cinquantadue anni dopo il siparietto della Longari, ma in ciascuna delle tappe toccate dal tour. Fortunatamente non basta un “sarcasmo grossolano e rozzo” a smontare le argomentazioni addotte in queste mesi da numerose associazioni ambientaliste ed esperti di settore, corredate da relazioni e pareri tecnici da ultimo quello di ISPRA (Istituto Superiore per la Ricerca Ambientale) che ha espresso forti criticità sulla realizzazione di iniziative come il Jova Beach Party nei contesti individuati dall’organizzazione, estremamente fragili e delicati. A riprova di ciò l’annullamento a dicembre della tappa, in primis, di Ladispoli pensata nel Monumento Naturale Palude di Torre Flavia, quella di Albenga e, notizia di ieri, di Vasto. Date soppresse per gravi criticità ambientali, nonché problemi di sicurezza, che richiamano gli organi competenti nel verificare le procedure sul rilascio delle autorizzazioni. Gli esposti su Marina di Cerveteri, Roccella Ionica, Policoro, Lido degli Estensi, Praia a Mare, Rimini, rendono palese che il Jova Beach Party non sia una tournée affatto ecologica, ma una grossa operazione commerciale;  l’ultimo e pericoloso epilogo, in ordine di tempo, di una tendenza tristemente in voga sul territorio nazionale e cioè il consumo indiscriminato di suolo, una vergogna indicibile avvalorata dalla partnership del WWF Italia.
Non si tratta di criminalizzare la voglia di divertimento dei giovani, né ostacolare un sano sviluppo economico e le richieste legittime degli imprenditori locali, ad ospitare eventi capaci di attrarre turismo e visitatori. È la scelta dei luoghi e la modalità proposta scientemente dagli organizzatori del tour ad essere in discussione, la persuasiva campagna pubblicitaria ideata per far credere di risolvere il problema ambientale con qualche slogan urlato dal palco e la distribuzione di opuscoli sulla raccolta differenziata, effettuata da volontari/lavoratori reclutati dietro la promessa di panini, bibite, cappellini e concerto gratis: non potrebbe essere diversamente perché chi accetta deve rimanere nell’area villaggio fino al termine delle esibizioni. In sintesi ai fans viene fatta vivere la sensazione di salvare gli ecosistemi minacciati dalla plastica, senza accorgersi di essere parte di un mega rito catartico di massa, utile solo a lavarsi la coscienza e ad appesantire le tasche di un cantastorie. Sì perché i danni all’ambiente oltreché dalla plastica, sono prodotti dai nostri stili di vita e da un concetto di progresso obsoleto e non sostenibile. Le ruspe sulle dune, la rimozione di vegetazione protetta, il passaggio di trattori e mezzi meccanici sulla spiaggia a modificarne la morfologia, la musica ad alto volume che supera i decibel consentiti, il lancio di sostanze colorate e i loro effetti sugli habitat e sull’uomo, il frenetico spostamento di automezzi dentro e fuori il villaggio musicale, l’installazione di strutture imponenti e le milizie di par e fari e luci che riflettono pure in acqua, quarantamila persone che saltano e ballano sulla sabbia, tutto questo non è impatto ambientale. Il Jova Beach presentato dal WWF Italia come occasione per sensibilizzare alla lotta contro l’abbandono di plastica in Natura, non è, d’altronde, un evento Plastic Free vista la mole di plastica – bottigliette, contenitori e altro (sarà tutto biodegradabile???) – raccolta ad ogni sosta della città itinerante del prode Lorenzo. Orbene la plastica inquina i mari e soffoca le specie marine, ma la cura proposta dal WWF che appoggia Jovanotti non può essere più dannosa del male da guarire. Un’ipocrisia affermare che gli allarmi lanciati dagli ambientalisti è solo finzione di pochi fanatici esaltati in cerca di bersagli da colpire per sadico piacere personale. Rinnegare la realtà non ci salverà, è inutile sottovalutare la questione climatica perché a ricordarci che il tempo per agire è in scadenza, ci pensa il quotidiano bollettino di guerra sui media e nelle cronache giornalistiche a ricordarci che il tempo per agire è in scadenza. Allagamenti, frane, rovesci e grandinate improvvisi,  valanghe, incendi boschivi, disboscamenti, morie di pesci, si dice un’estate anomala, il clima è impazzito. No. Purtroppo le nostre montagne sono sempre più fragili ed esposte a dissesto idrogeologico, i ghiacciai si sciolgono ed i sistemi costieri sono minati dall’erosione.  Per questo un evento metereologico avverso si trasforma in disastro, con ingenti conseguenze per intere comunità, mentre indipendentemente da Jovanotti le isole di plastica galleggiano sulla superficie liquida del globo. Evidentemente servono azioni rapide per invertire la rotta e celebrare davvero la vita, nel rispetto di ogni specie vivente, non solo umana. Un cambiamento richiesto a gran voce  pure dai 107 scienziati provenienti da 57 Paesi che hanno stilato il rapporto sui cambiamenti climatici e il consumo di suolo delle Nazioni Unite. Il documento denuncia il consumo dissenato delle risorse naturali, l’estensione di zone desertificate e la sempre più diffusa  carenza di approvvigionamento idrico. E noi  invece di fare “mea culpa” preferiamo vivere con il pensiero a Marte, ballare allegramente sulla spiaggia e causare la perdita di biodiversità per fare spazio ad un’altro piano regolatore, che prevede urbanizzazione e cementificazione del litorale di turno.

Comitato No Party alla Palude