I recenti provvedimenti conseguenti ai fondi disponibili con il PNRR hanno portato alla ribalta l’avvento di ulteriori biodigestori anaerobici in giro per l’Italia. Contemporaneamente l’attuale situazione geopolitica ed economica ha rivelato all’opinione pubblica la necessità di approvvigionarsi di maggiori quantità di gas da fonti diverse da quelle russe e asiatiche, lungi invece da una politica avveduta di risparmio energetico e di fonti rinnovabili e pulite, creando quindi l’illusione che questi digestori producano metano per i nostri fornelli e caldaie.
Il beneficio ( tutto da verificare ) è molto inferiore ai danni che i rifiuti di questi biodigestori anaerobici creano sul suolo e nelle acque.
“La biodigestione anaerobica, a differenza di quella aerobica, crea il “digestato” che altro non è che fango incoerente che non resiste al dilavamento dei campi agricoli infiltrandosi nelle falde e nelle acque superficiali” dichiara Ciro Pesacane, presidente di Forumambientalista, “ben differente, invece il compostaggio aerobico che crea compost che si può usare come fertilizzante in agricoltura”. “Ognuno dei biodigestori anaerobici dimensionati per ricevere 120.000 tonnellate/anno di materiale da fermentare é una enormità rispetto alle esigenze medie di una città italiana, impegnerebbe con il digestato in uscita dall’impianto ben 6.000 ettari di aree agricole” dichiara Roberto Barocci agronomo esperto e attivista del Forumambientalista Toscana, “i gestori di tali impianti, non essendo più allevatori di bovini, che avendo l’obiettivo di aumentare la produzione di foraggi con l’aumento della fertilità dei loro terreni, distribuivano i digestati con cura, ma essendo imprenditori estranei alla zootecnia e avendo la necessità di ridurre i costi di spargimento dei digestati su terreni anche molto lontani dall’impianto, scelgono di concentrare i depositi sui pochi terreni più vicini, inquinandoli”.
Questa operazione, nata con una legge del 2011, tendeva a favorire infatti la fertilità dei suoli, in un processo di economia circolare di smaltimento dei letami zootecnici e dei rifiuti di umido domestico, potature cittadine, residui da coltivazioni agricole. Ma questo era previsto anche tramite compostaggio finale aerobico di piccole e medie dimensioni. Ecco che ora spunta invece l’ondata di digestori anaerobici per smaltire in prevalenza rifiuti dell’industria insostenibile agro alimentare con tutti i problemi ambientali che ne derivano.
La referente del Forumambientalista di Civitavecchia, Simona Ricotti, impegnata contro la decisione del megaimpianto previsto in quella città, sostiene che “E’ proprio per queste ragioni che la nostra Associazione sostiene la vertenza del Movimento Legge Rifiuti Zero, per un’alternativa reale, puntando sul concetto di prossimità, con mini impianti di periferia, compostiere di comunità per il centro storico e piccoli siti per gli scarti”.