Montalbano da record: le ragioni di un successo • Terzo Binario News

Montalbano da record: le ragioni di un successo

Mar 4, 2017 | Cinema e libri, Cultura, Dal Web

montalbanodi Ginevra Amadio

Che ritorno in grande stile per Il Commissario Montalbano! Più di 10 milioni di spettatori hanno seguito il primo dei nuovi episodi tratti dai romanzi di Andrea Camilleri e, in attesa del bis già preannunciato per lunedì 6 marzo, appare tutt’altro che scontato tentare di comprendere le ragioni di quest’enorme successo.

La maestria di Luca Zingaretti, senz’altro, fa la sua parte; il personaggio che interpreta, quel commissario amato persino oltre i confini nazionali, è un uomo semplice, lontano dai cliché cui ci hanno ormai abituato i garanti dell’ordine che abitano le fiction nostrane. Apprezza il genere femminile – da cui è ampiamente ricambiato -, ama la buona cucina italiana, fa lunghe nuotate nello splendido mar di Sicilia e rende la sua vorace verve elemento primario da mixare agli altri ingredienti necessari a trasformare Vigata nel posto che occupa oggi nell’immaginario di migliaia di persone.

Ad affiancarlo ci sono poi, ancora, gli storici personaggi di contorno, colonne secondarie senza le quali il tempio della fiction Rai si presenterebbe azzoppato e pericolante: dal piantone Catarella, bizzarro tuttofare del commissariato, allo sciupafemmine pentito (a volte sì, a volte decisamente no) Mimì Augello; dal fedele braccio destro Fazio all’eterna fidanzata Livia (ancora Sonia Bergamasco, non troppo digerita dal pubblico nostalgico della storica e amatissima Lina Perned, che aveva già  sostituito Katharina Bohm).

Ma le ragioni di un successo non posso essere tutte qui. Sono profonde, insite, oseremmo dire empatiche. Sì, perché ciò che rende Montalbano un prodotto unico è l’imperfezione del suo stesso oggetto. Salvo indaga, racconta e rappresenta storie, ma non è rassicurante. Tradisce, prende abbagli, tentenna. Come buona parte del pubblico osservante.

Zingaretti ha saputo dargli corpo e spessore mai visto, anche a costo di correre il rischio di vedersi identificare per sempre con un personaggio dall’ombra gigantesca e schiacciante. Che nasce però, ed è bene non dimenticarlo mai, dalla penna inconfondibile di Andrea Camilleri.

Scrittore prolifico, costantemente in cima alle classifiche, mai però dedito – e costretto – alla produttività seriale, priva di contenuti, che va bene per il mercato di oggi il quale più che alle librerie punta alle edicole o, peggio ancora, ai supermarket tutto-compreso. È Camilleri l’anima che informa, senza limitarsi a creare, il Commissario Montalbano e tutte le sue creature. Fa cultura con ironia, guarda al malaffare senza spingersi oltre ciò che gli compete, non cede alla tentazione di diventare feticcio da élite ristretta e preferisce rivolgersi al grande pubblico popolare (non basso, non pop, ma interclassista) girando Saloni anziché salotti.

C’è tanto di lui, forse più di tutti, in questo successo da dati Auditel alle stelle. Che poi la fiction diretta da Alberto Sironi e prodotta da Palomar sia una signora serie non c’è dubbio. In Italia, dove si riesumano Belli delle donne con protagonisti che negli anni hanno (ri)trovato collocazione saltando da un serial all’altro senza mutare espressione, Il Commissario Montalbano è come una boccata d’aria fresca che non smette mai di rigenerare i polmoni.

Sa unire pubblici televisivi diversi, produce intrattenimento senza scadere nel vouyerismo da reality, regala finalmente al piccolo schermo italiano attori degni di tale qualifica. Senza contare il fatto che non c’è spazio, durante la sua messa in onda, per i commenti compulsivi che affollano i social con discutibili operazioni critico-valutative; il ritmo è talmente perfetto da non lasciare tempo a nessuna distrazione, tale è il potere ipnotico di una messa in scena perfetta. Ed è questo, più di ogni altra cosa, l’ingrediente segreto della sua ricetta vincente.