È durata un’ora in corte di Cassazione a Roma, il processo in terzo grado di giudizio per l’omicidio di Pamela Mastropietro, la 19enne di Roma morta a Macerata nel gennaio 2018. Nei primi due gradi Innocent Oseghale è stato condannato all’ergastolo per omicidio, violenza sessuale, distruzione e occultamento di cadavere. La “sussistenza della violenza sessuale si basa sulla prova logica”, ha detto la procuratrice generale Francesca Loy sollecitando la Corte di rigettare la richiesta della difesa e, quindi, di confermare la condanna. Loy ha sostenuto che il ricorso della difesa è da considerare “inammissibile almeno nella parte in cui la sentenza ha smentito che il rapporto sessuale è avvenuto nel sottopasso, ma nell’abitazione” ed è escluso che si sia “trattato di un rapporto consensuale”. La sentenza è prevista nel tardo pomeriggio.
“Mi aspetto che venga confermato l’ergastolo”. Così Alessandra Verni, madre di Pamela Mastropietro.
Davanti al “Palazzaccio” diversi striscioni ricordano Pamela e chiedono giustizia per la ragazza romana assassinata non ancora ventenne il 30 gennaio 2018.
Dall’ottobre 2017 viveva in una comunità di recupero per tossicodipendenti nelle Marche. Il luogo da cui si era allontanata volontariamente il 29 gennaio 2018.
L’incontro con l’uomo che sarebbe diventato il suo carnefice avvenne nei giardini Diaz di Macerata dove era arrivata in cerca di droga. Osegale era uno dei pusher di quella zona.
Il giorno dopo due valigie sospette furono notate in un fossato fuori città da un passante. Contenevano il corpo smembrato di Pamela Matropietro.
Oseghale è già stato condannato all’ergastolo. La Cassazione è chiamata a pronunciarsi sulla sola aggravante della violenza sessuale, sulla quale c’è stato un appello bis a Perugia. Ma dalla decisione degli ermellini dipenderà la conferma o meno del massimo della pena.
La mamma di Pamela, Alessandra Verni, aveva spiegato sui social prima del processo di Perugia che ha ribadito l’accusa di violenza: “Due corti di Assise (Macerata ed Ancona), avevano detto di sì. La Cassazione ha posto il dubbio. Affronteremo pure questa: chi subisce una pacca sul sedere subisce violenza, su Pamela, invece, che ha fatto la fine che ha fatto, dovremo ancora lottare sul punto. Va bene. Lo faremo”.