“Con le minoranze del partito si discuterà
ampiamente. Vedrete che la riforma del Senato sarà modificata”. Lo afferma
Angelo Rughetti, deputato del Pd e sottosegretario per la Pubblica
amministrazione in una intervista al Foglio nella quale sostiene che “Renzi
darà ascolto a tutti. Mantenendo però un punto fermo, il monocameralismo”. E a
chi accusa il governo di spavalderia replica che si tratta di “determinazione”
e aggiunge: “Nessun timore. La riforma del Senato, come quella della Pubblica
amministrazione e quella della scuola, vanno avanti perché sono aspetti del
nostro sistema che non funzionano e che abbassano la nostra competitività. Sul
Senato, è giusto che si discuta e trovo interessanti alcune cose che sento
dire anche nella minoranza del Pd” come “l’idea di trasformare il Senato in
una Camera davvero territoriale, dove siedano di diritto i presidenti delle
regioni, due assessori, e poi anche dei consiglieri regionali, anche
dell’opposizione, cui va garantito il diritto di tribuna”, “credo che se ne
possa discutere. Sono d’accordo con quello che dicono Cuperlo ed Epifani,
quando segnalano la necessità che, approvato l’Italicum, il Senato faccia da
contrappeso al potere dell’esecutivo. Dunque noi dobbiamo coinvolgere e
ascoltare la minoranza, ma la minoranza poi deve anche riconoscere le
decisioni che vengono prese negli organi democraticamente eletti. Altrimenti
non è più democrazia, e non c’è reciprocità”. E ad Eugenio Scalfari che
parlato di ‘democratura’, democrazia-dittatura, replica “Si sbaglia. Lui
rappresenta una certa idea di egemonia salottiera, la stessa di quelli che
dicevano: capotavola è dove mi siedo io”, “altro che democratura. In Italia
c’è un tentativo di cambiare le cose, ed è il tentativo di Renzi, che va
incontro a forti e fisiologiche resistenze conservatrici. L’esempio più
evidente è la sentenza della Corte costituzionale sulle pensioni. Una sentenza
sbagliata che rivela, assieme al rumoreggiare dei sindacati sulla scuola e la
pubblica amministrazione, il tentativo disperato di conservare lo stato di
cose presenti”. E conclude: “Il congresso non è lontano, è nel 2017. Adesso
non serve a niente. Il congresso lo fai quando una leadership è in crisi. Noi
abbiamo vinto tutte le elezioni, dalle comunali al le europee”.

