Almaviva chiude a Roma, licenziati 1666 operatori di call center. Fallito il tavolo tra Governo, azienda e sindacati • Terzo Binario News

E’ una triste fine d’anno per i 1.666 lavoratori della sede romana di Almaviva Contact. L’incontro che si è svolto ieri presso il ministero dello Sviluppo Economico ha registrato una fumata nera.
Le sorti degli operatori di call center romani sembravano più rosee dopo la sottoscrizione dell’accordo per la sede napoletana di Almaviva, anche se nella Capitale si registrava prima di Natale la mancata conclusione dell’accordo. E mentre per i lavoratori partenopei si protrae la trattativa con governo e azienda per ulteriori tre mesi, i colleghi romani dopo un referendum interno all’azienda hanno smentito negli ultimi giorni la  volontà di non voler firmare l’accordo concluso a Napoli. Da qui, il nuovo impegno del governo per scongiurare i licenziamenti.
Ma in serata arriva la doccia fredda. Il viceministro allo Sviluppo Economico, Teresa Bellanova, ha dichiarato ai microfoni di Rainews24: “Purtroppo l’azienda ha avanzato difficoltà anche dal punto di vista della tenuta della procedura e quindi ha ribadito il mantenimento dell’accordo dei lavoratori di Napoli e il mancato accordo con Roma che non ha firmato”. Fallito, quindi, il tavolo tra governo, sindacati e azienda e a quanto pare sarebbero già partite le lettere di licenziamento dei 1.666 dipendenti.

“Vicini a lavoratori #Almaviva”. Ha scritto Virginia Raggi su Twitter. “Condividiamo preoccupazione per loro futuro e sosteniamo battaglia M5S su call center”.
Sulla vicenda è intervenuto anche il deputato di Sinistra Italiana Stefano Fassina: “Il calvario subito dalle lavoratrici e dai lavoratori di Almaviva dimostra ancora una volta l’insostenibilità del mercato unico europeo, oltre che di mercati globali alimentati dalla concorrenza al ribasso sulle condizioni del lavoro. Il governo, come appena fatto su Mps – prosegue l’esponente della sinistra – dovrebbe fare un decreto per introdurre il requisito di territorialità per i call center, anche a rischio di infrangere una normativa europea palesemente in contraddizione con i principi della nostra Costituzione. Soltanto così – conclude Fassina – si possono invertire derive di delocalizzazione che nulla hanno a che vedere con efficienza e qualità del servizio, ma dipendono soltanto dalla possibilità di sfruttamento dei lavoratori”.
Di sconfitta tutti parla invece, il deputato romano dem Marco Miccoli, membro della Commissione Lavoro. “Non è bastato mettere in campo risorse per ammortizzatori sociali, norme più stringenti per le
delocalizzazioni, e la clausola sociale per i cambi di appalto. L’azienda non ha voluto riaprire la trattativa, nonostante il referendum che si è svolto qualche giorno fa tra i lavoratori e che
aveva visto prevalere i ”Si” all’accordo. Credo sia ingeneroso e ingiusto ora addossare tutta la colpa alle Rsu, che avevano deciso di non sottoscrivere l’accordo. Non si può tacere sulla totale mancanza
di responsabilità sociale da parte dell’azienda. Le cose messe in campo da Governo e Parlamento, erano infatti state richieste proprio dagli imprenditori del settore e dalla stessa Almaviva. Forse a
vincere è stata proprio l’arroganza di chi non ha voluto prendere atto di questi sforzi, che erano inerenti proprio a scongiurare i licenziamenti. Per questo le responsabilità di Almaviva a nostro
avviso sono gravi ed evidenti. Roma paga un prezzo alto, lo pagano soprattutto gli incolpevoli lavoratori e le loro famiglie, a loro va la nostra solidarietà e la nostra preoccupazione. Oggi la loro rabbia
è anche la nostra”.

Pubblicato venerdì, 30 Dicembre 2016 @ 08:53:10     © RIPRODUZIONE RISERVATA