
Winnie the Pooh: Artwork by Ernest H. Shepard
di Ginevra Amadio
Ha da poco compiuto novant’anni ma non ha assolutamente intenzione di diventare mortale. Stiamo parlando di Winnie the Pooh, l’orsetto più famoso di sempre, amico e compagno di dolci giochi d’infanzia.
Era 14 ottobre del 1926 quando Alan Alexander Milne, scrittore inglese di gialli e sceneggiatore per cinema e radio, decise di raccogliere in un libro le storie che era solito raccontare al suo piccolo di sei anni, Christopher Robin. Winnie Puh (così inizialmente era scritto) fu un successo inaspettato, capace di catturare subito l’attenzione dei bimbi della Gran Bretagna e poi del mondo intero.
E pensare che all’inizio era solo un orsacchiotto di peluche comprato per poche sterline ai grandi magazzini Harrods di Londra. Christopher Robin lo adorava, così papà Alan decise di renderlo protagonista di goffe ed esilaranti avventure destinate a restare impresse su carta per tutti i bambini degli anni a venire.
Quel teddy bear spelacchiato non poteva però rischiare di finire sul fondo di qualche baule, o perso nel trambusto di rognosi traslochi che il Christopher ormai adulto avrebbe dovuto affrontare nella sua vita. Ecco allora che il dolce pupazzo risiede oggi in una casa d’eccezione, quella Donnell Library Center di New York che lo ha accolto con calore insieme ai suoi cari compagni d’avventura.
Tigro, Tappo, Pimpi e Ih-Oh hanno infatti aiutato sin dall’inizio Puh ad essere quell’ esempio di amicizia genuina che i ragazzi di tutto il mondo hanno amato da sempre. Animali di pezza al pari di Winnie, sono nati anch’essi dalla penna di papà Milne, desideroso di donare al figlio Christopher le storie indimenticabili di tutto un universo magico di cui lui stesso sarebbe stato protagonista umano.
Le fattezze che di loro abbiamo imparato a conoscere sono però legate alla mano dell’illustratore inglese Ernest Howard Shepard, il quale si ispirò proprio ai pupazzi di Milne (e disegnò anche il Bosco dei Cento Acri, sulla base della foresta che l’autore aveva dietro casa). Le sue immagini raffinate, lontane dalla “coccolosità” della versione Disney, appaiono anche nell’edizione italiana del testo compreso nella collana Gl’Istrici di Salani al pari de La strada di Puh, il secondo libro sull’orsetto scritto da Alan Milne.
Benché amasse moltissimo quella creatura che lo aveva reso celebre nel globo, l’autore inglese – dopo aver pubblicato delle poesie per bambini legate a Puh – decise di non occuparsene più. Quando morì, nel 1956, i diritti delle sue opere passarono alla moglie Daphne per poi venir acquistati, definitivamente, dalla Walt Disney Pictures.
E Winnie the Pooh fu una vera miniera d’oro per la casa di produzione, la quale dedicò, a partire dal 1961, tutta una serie di opere all’orsetto goloso di miele. Tra lungometraggi e cartoni animati (senza contare i ricavi derivati dal merchandising), Puh è diventato nel giro degli anni uno dei personaggi letterari più profittevoli della storia. Dal primo film del 1977 la Disney ha fatturato più di 5 miliardi di euro all’anno, mentre agli eredi di Milne non è rimasto quasi nulla.
Certo è che Christopher, per il quale tutto ebbe inizio, era «molto anti Disney». Secondo Lesley, nipote dello scrittore, Milne jr. «ha sempre odiato quello che la Disney ha fatto ai personaggi e ai libri» e, di certo, non gli si può dare torto. Al di là delle (forse) nobili intenzioni iniziali, la casa di produzione statunitense non ha fatto altro che trasformare un dolcissimo personaggio per ragazzi in una macchina da soldi, per fatturare, fatturare e fatturare ancora.
Un po’ la stessa cosa che hanno fatto – forse con altri mezzi, ma con intenzioni piuttosto simili – tutti gli autori di sequel o pseudo omaggi che di Milne hanno imitato lo stile senza riuscire però mai a cogliere l’anima del suo personaggio. Dopo il Ritorno al bosco dei cento acri di David Benedictus è stato pubblicato lo scorso 6 ottobre The Best Bear in All the World, altra avventura di Puh scritta ora da Brian Sibley.
Stavolta la storia sembrerebbe diversa; nel Bosco dei Cento Acri Sibley introduce infatti una novità, un piccolo Pinguino ispirato a una foto che ritrae Milne e il figlio Christopher giocare con tale animale di peluche. Una variazione che vede il futuro saldarsi al passato. Certo la mano di Milne non c’è più, speriamo però di riscattare tutte le ingiustizie che da più di quarant’anni il suo Winnie Puh ha dovuto subire.