Continuano ad arrivare i risultati dalla varie regioni per quello che concerne il numero dei docenti che hanno superato la prova scritta e quindi possono essere ammessi all’orale.
Ultimo dato shockante è quello della regione Sardegna e il concorso per il sostegno per il primo grado: 18 posti a bando, un solo ammesso all’orale.
Un risultato unico nel suo genere, ma non di certo raro: basti pensare ai numerosi posti messi a bando che rimarranno vacanti perchè un numero insufficiente di persone non ha superato gli scritti.
La mia riflessione parte da un presupposto: nessuno deve superare le prove scritte se non ha le giuste capacità richieste dal bando.
Ma allora, cosa significano queste “bocciature”?
La prima bocciatura, a mio avviso, è verso la tipologia di prova. Nessuno prima d’ora aveva mai sostenuto un concorso con dei quiz in lingua straniera: bastava non sapere la lingua inglese e commettere qualche altro sciocco errore nel concorso per prendere la sufficienza.
La seconda bocciatura va al tempo dato: sfido io ciascun insegnante orma in ruolo e ricco di esperienza a fare una programmazione didattica, anzi ben 6 o 8 (come nelle lingue straniere), in due ore e mezza: non sarà mai una programmazione di qualità ma solo un’accozzaglia di nozionismi. E la commissione non può che correggere un’accozzaglia.
La terza bocciatura va alle Università e al Miur per la programmazione dei Tfa. Se così tante persone falliscono un test, vuol dire che una buona percentuale di questi non ha avuto una preparazione adeguata ad un concorso del genere o, almeno, l’offerta in uscita dei Tfa non ha incontrato la domanda del concorso. Basti pensare a quante persone fresche di Tfa sostegno non hanno superato il concorso. E io, che sto frequentando il corso di abilitazione, so cosa significa prepararsi per accedere a quella specializzazione e non voglio credere che i miei colleghi della mia stessa regione (Lazio) o di altre regioni (Sardegna) dopo aver superato gli inaccessibili test di ingresso e aver fatto 8 mesi di corso non abbiano saputo spiegare “quali sono i bisogni che una famiglia con un figlio disabile può manifestare”, dopo essere stati tartassati per 8 mesi da queste nozioni.
Non voglio biasimare le commissioni, colleghi che si sono ritrovati a creare griglie di valutazione per una prova unica nel suo genere, spesso senza conoscere le normative di riferimento: basti pensare che si chiedeva di menzionare la didattica speciale ma molti insegnanti non sanno neanche la differenza tra Pei e Pdp e non sanno ancora come valutare le competenze. O almeno questo emerge dai consigli di classe.
Rimane comunque un risultato: i posti vacanti. Non voglio pensare che ci siano dietro manovre, sovrastrutture. Almeno non in questa sede.
Preferisco pensare che il mondo della scuola non era pronto per questo cambiamento. O che questo cambiamento non è fatto per il mondo della scuola.