Un detenuto modello, che in carcere si era conquistato la fiducia di tutti, personale compreso e arrivato a svolgere mansioni come quella del giardiniere. Finché non è stato preso con le mani nel sacco (nel senso più stretto del termine) con 26 telefoni muniti di caricabatteria e cavetti destinati ai reclusi del carcere di Aurelia a Civitavecchia di cui quasi tutti smartphone e sei microtelefoni facilmente occultabili. «L’ho fatto per 10mila euro» la confessione al personale della Polizia Penitenziaria che lo ha beccato.
Una 50ina di anni, originario del Litorale, era stato lui stesso anni fa a costituirsi a seguito di una condanna definitiva per omicidio. Dal 2016 gli erano stati concessi dei piccoli privilegi, ottenuti grazie all’affabilità e al rispetto nei confronti della Direzione e degli agenti.
Mai un rifiuto alle richieste, mai una parola fuori posto, mai un rientro in ritardo da un permesso-premio. Nulla che facesse pensare a una trama sotterranea che poteva portare a uno scompiglio gigantesco fra le celle se quei telefoni fossero finiti tutti nelle mani dei detenuti.
Questo lo dimostra, neanche a farlo apposta, l’operazione Nerone portata a termine da Procura di Civitavecchia, Compagnia Carabinieri e Commissariato soltanto mercoledì scorso che ha mostrato come Alessandro Cesarini proprio durante la reclusione potesse ordinare le estorsioni, la prostituzione e gestire la piazza di spaccio sebbene ristretto in carcere. Gli è bastato un cellulare con il quale proseguire gli affari illeciti.
Il 50enne invece ha mantenuto il profilo basso al punto da arrivare a ottenere compiti di fiducia assoluta come quello di poter salire sul trattore per andare a decespugliare le zone dove la vegetazione spontanea si accumula intorno al muro di cinta interno al penitenziario civitavecchiese. Spazi ampi, aria aperta, un certo sapore di libertà riservato a pochissimi. Ed è stato proprio durante uno di questi servizi che il detenuto ha commesso l’errore. Era monitorato già da qualche tempo, proprio in virtù di movimenti sospetti intorno a lui. E l’intuizione è stata giusta. Mentre si trovava nella zona degli impianti, stato visto armeggiare con un sacco che poi ha caricato sul trattore per far rientro in carcere. Quando gli agenti hanno chiesto conto di cosa stesse facendo con il sacco non gli è rimasto altro da fare che confessare. Sembrerebbe gli siano stati offerti circa 10mila euro per compiere l’azione. Ovviamente per il detenuto sono decaduti tutti i privilegi e adesso sono in corso le indagini per capire intanto quel sacco pieno di dispositivi e caricabatterie – tra cui anche una custodia e un orologio – da chi sia stato portato lì e chi fossero i destinatari a cui quei telefoni dovevano essere consegnati. Rimane l’intervento efficace nel Nucleo Investigativo della Penitenziaria che ha impedito come nel carcere di Aurelia a Civitavecchia potesse generarsi il caos.
