Riceviamo e pubblichiamo- Ieri, 29 aprile 2016, dietro invito del Sindaco Paliotta mi sono recata presso la struttura de “Il Gabbiano” di Ladispoli.
Ero fiduciosa. Sbagliavo di grosso!
All’entrata della struttura, il Sindaco mi ha invitato, insieme con il gestore, ad intraprendere il percorso con la carrozzina fino alla vasca natatoria per constatare le varie difficoltà, se esistenti. Non mi aspettavo nulla del genere ma a quel punto se si doveva accertare lo stato dei luoghi, nonostante tutto quello che avevo già messo per iscritto, bisognava ricominciare quel “tour” che io, comunque, avevo già fatto a suo tempo. Vado ad esporre i fatti di ieri. Inizio a narrare, quindi, dal percorso esterno, fronte strada, che porta alla reception e poi all’interno della struttura.
La carrozzina si “incaglia”, immediatamente, nell’incavo del cancello; le rotelline davanti vanno completamente dentro la canalina che fa scorrere il cancello che quindi nemmeno oltrepasso. Il Sindaco stesso mi aiuta a superare l’ostacolo girando la carrozzina e trainandomi all’indietro, perché da sola non ce la faccio. Per l’uscita, stessa storia. Devo mandare a chiamare mio fratello, in macchina davanti ad un passo carrabile perché non abbiamo trovato parcheggio; mi disincaglia nuovamente. Ed è una prima peripezia. Il gestore mi fa notare che le persone, lì, di solito vanno accompagnate. E l’autonomia mi chiedo? Ma viene cancellata d’ufficio? Prendo atto.
Espongo poi che non c’è un percorso, esclusivamente, per la carrozzina come prescritto dalla normativa, e ai lati della rampa comune a tutti gli utenti – aperta al suo inizio con svolta sia a destra che a sinistra – mancano i parapetti/corrimano per un percorso in sicurezza e adeguato sia ad una sedia a rotelle, sia ad una persona con disabilità che potrebbe percorrerla a piedi appoggiandosi ai sostegni che però non ci sono; la pendenza non è delle più dolci e si fa fatica a spostarsi a forza di braccia. Ma tutto questo già lo sapevo perché sono andata in “perlustrazione”, in quei luoghi, più di una volta. Nulla è cambiato da allora.
Prima conclusione: da sola e volendo essere autonoma, una persona con disabilità non ce la fa. Si ha bisogno di un accompagnatore che ti spinge, ti aiuta. Tanti saluti all’autosufficienza e alla voglia di sentirti un essere umano che può fare da sé anche se è su una sedia a rotelle. Ma il concetto dell’autonomia, evidentemente, non è poi così ovvio. Chi non ci passa e non ha problemi di disabilità, “semplifica” con troppa leggerezza e non solo.
Durante il percorso mi viene mostrato il bagno. Faccio notare al gestore, di primo acchito, che mancano i maniglioni al WC. Lo spogliatoio dedicato alle persone con disabilità non l’ho visto. È giù in fondo, mi è stato detto. Ed eccoci, finalmente, di fronte alla vasca ed al bordo della vasca. Sancta sanctorum!
Faccio notare al Sindaco, che, come avevo scritto nelle precedenti lettere aperte, manca uno scivolo d’accesso in vasca e manca pure, in alternativa, un sollevatore. Chiedo allo stesso Sindaco: come entro? Lo chiedo anche al gestore. A braccia? Il gestore conferma.
Guardo l’acqua, guardo gli altri che fanno il bagno, che godono dei piacevoli effetti dell’acqua stessa. E io? Io guardo perché non posso, non potrò entrare, non essendoci un mezzo adatto a me. Allora? Aspetto. Aspettare è la parola d’ordine. Nei miei precedenti scritti rivolti al Sindaco, ho citato, certosinamente, leggi e normative vigenti. Ho citato l’art. 23 della legge 104/92. Ho citato l’art. 3 del D.M. 236/89 sull’accessibilità che esprime il più alto livello di qualità dello spazio costruito in quanto ne consente la totale fruizione nell’immediato. Ho citato la Costituzione Italiana in cui si dice che tutti i cittadini sono uguali. Ma forse il concetto non è nemmeno tanto chiaro per alcuni.
Pertanto voglio citarlo l’art. 3, nella sua parte finale.
“ E` compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.
E solo questo basterebbe per capire che ho diritto di entrare, come ogni altro cittadino, in piscina, intendendo NELLA VASCA CON L’ACQUA! E voglio citare pure, nuovamente, l’art. 24 della legge 104/92, con particolare riguardo al comma 4 sul rispetto delle DISPOSIZIONI VIGENTI in materia di eliminazione delle barriere architettoniche.
Incredibile che nel 2016 la diversità fra esseri umani possa essere rappresentata da una vasca natatoria! E la vasca della piscina tanto agognata, misura questa differenza e la rende insormontabile, insostenibile. Il problema dei problemi. Bisogna calarvisi a forza di braccia e bisogna uscirne sempre a forza di braccia, se le braccia funzionano ancora, perché altrimenti ti devi far aiutare e farti calare e poi farti ritirare su. Sinceramente non ho più parole. Ma sono un fagotto o una persona? Sono un sacco che un facchino si deve incollare? Sono un pupo mosso dal puparo? Ma è proponibile, è comprensibile, è giustificabile una cosa così?
Facciamo la raccolta differenziata, aiutiamo a destra e a manca, citiamo a ruota libera diritti, sbandieriamo l’autonomia e la libertà e poi di fronte ad una vasca di una piscina, un essere umano diventa talmente piccolo, da scomparire. Spogliato della sua dignità. Deve essere sollevato a braccia? Ma è mai possibile chiedo? È mai possibile? Strisciare scompostamente, con il pericolo di cadere, di farsi male? Questa è una persona? Chi sono io? Un vermiciattolo?
L’incontro di ieri a cosa è servito? A “disquisire”, accademicamente, SE la legge prescrive l’accessibilità in piscina, intendendo l’azione di poter entrare in vasca. Disquisire sul sollevatore, sul suo costo, e sul costo dell’operatore che dovrebbe occuparsi dello stesso sollevatore; e tutto questo davanti ad una persona sulla sedia a rotelle che si è recata ad un incontro sperando, finalmente, di sentirsi dire che avrebbe potuto accedere in acqua.
Se c’è, come c’è, la convenzione, tra il Comune e la Concessionaria, relativa ai corsi di acquaticità dedicati ai “portatori di handicap” con tanto di prescrizione terapeutica, il provvedere all’accesso anche delle persone con disabilità motoria, sarebbe stato del tutto consequenziale e naturale, perché sempre di disabilità si tratta!
Ieri si è fatta, tristemente, accademia Signor Sindaco, perché si è parlato ancora e ancora e ancora, DOPO QUASI UN DECENNIO, sempre delle stesse cose! Invece avrei avuto diritto ad una risposta. L’ACCESSIBILITÀ VUOL DIRE POTER ENTRARE ANCHE IN VASCA. Ieri ho perso solo tempo nell’attesa di cosa? E soprattutto non c’era bisogno di un incontro al quale seguirà una risposta, ma solo DOPO che Lei avrà sentito i vari esperti. Dopo?
Gli esperti avrebbe dovuti sentirli PRIMA dell’incontro, almeno per una forma di rispetto nei miei confronti, evitando, Signor Sindaco, di parlare soprattutto di costi di fronte ad una persona che avrebbe voluto, semplicemente, accedere in una struttura aperta al pubblico!
Le avevo chiesto una risposta puntuale, Signor Sindaco. Risposta che, ad oggi, ancora non mi ha dato. E questo è un fatto ulteriore.
Dott.ssa Paola Mauri