Nel Giorno del Ricordo, intervengono “I Disturbatori” a Santa Marinella. Cosa dovrebbe essere il 10 febbraio: un giorno importante per ricordare la tragedia di decine, centinaia di famiglie italiane. Cacciate dalle proprie case, dalle proprie terre e in massa gettate con inaudita violenza e cinismo in quelle fessure del terreno carsico note come foibe.
Una pagina oscura del nostro passato. Intrisa di una ingiustificata violenza e di un silenzio durato decenni che rende tutti colpevoli. Colpevoli di aver negato, nascosto, dimenticato, ignorato questo tragico epilogo della seconda Guerra Mondiale, consumatosi nei modi più cruenti a guerra finita.
In virtù di ciò, la presa di coscienza di quei fatti, di quelle morti e delle cause, confuse tra la resa dei conti e la pulizia etnica, imporrebbe una liturgia distaccata, laica e apolitica. In quelle foibe le responsabilità sono ben identificabili in ragione di una macabra stratificazione delle vittime. Tante, centinaia furono le vittime slave durante il conflitto e migliaia gli italiani specie nel ‘45 e oltre la fine della guerra, segnando così cause, moventi e matrici diverse. Tanto diverse che, quella presa di coscienza, dovrebbe lasciare spazio alla sola commemorazione dei fatti, senza commenti, dietrologie o considerazioni storiche o ancor peggio attualità socio-politiche.
Purtroppo, la tentazione di non perdere l’occasione e travalicare l’essenza della circostanza appare essere sempre forte, trasformando l’ epitaffio in una orazione. Commemorare vuol dire, ove fosse necessario rammentarlo, riportare alla memoria dei presenti i fatti, le date, le circostanze, gli eventi, gli aneddoti, le citazioni, i luoghi e ogni quant’altro possa rispettosamente dare dignità a chi ha sofferto e donato, suo malgrado, la vita per consentire a noi oggi di ritrovarci e liberamente esprimere idee e opinioni.
Ed è proprio questa libertà che in talune circostanze dovrebbe trovare un limite, un argine. Voluto e difeso da chi, nel ruolo di super partes, cura e presiede l’evento. Nonché, nel rispetto della dignità delle vittime e della sensibilità di chi intende onorarle. Purtroppo, sebbene appare cosa semplice e sicuramente condivisibile, il monito di Brenno “vae victis” resiste ad ogni sforzo evolutivo e resta il leitmotiv di tanti.
Per questo qualcuno ci ha definiti “disturbatori”. Bene. Certi della bontà del nostro pensiero, accettiamo simpaticamente l’epiteto”.
I Disturbatori
