Marino esce di scena: "Si doveva andare in aula non dal notaio. I consiglieri si sono sottomessi all'unico mandante". Il Pd: adesso finalmente si volta pagina • Terzo Binario News

Marino esce di scena: “Si doveva andare in aula non dal notaio. I consiglieri si sono sottomessi all’unico mandante”. Il Pd: adesso finalmente si volta pagina

Ott 30, 2015 | Politica, Roma

campidoglio (1)“La crisi auspicavo si potesse chiudere in aula invece si e’ preferito di andare dal notaio, segno di una politica che decide fuori dalle sedi democratiche riducendo gli eletti a persone che ratificano decisioni assunte altrove: cio’ nega la democrazia”. Con queste parole finisce l’era di Ignazio Marino. Dopo un lungo tira e molla con il Partito Democratico e il ritiro delle dimissioni, sono stati 26 consiglieri comunali a dimettersi e a dimissionare il primo cittadino, che ormai era rimasto senza squadra.

Il primo consigliere a firmare l’atto che riporta le dimissioni contestuali dei 26 consiglieri comunali e’ stato il capogruppo del Pd Fabrizio Panecaldo. L’ultima firma e’ stata del consigliere del Pdl Roberto Cantiani. Le firme dei dimissionari sono state consegnate al segretario generale del Campidoglio. A dimettersi sono stati i 19 consiglieri del Pd: oltre al capogruppo Fabrizio Panecaldo, l’ormai ex presidente dell’ assemblea capitolina Valeria Baglio, Erica Battaglia, Orlando Corsetti, Athos De Luca, Michela Di Biase, Cecilia Fannunza, Alfredo Ferrari, Valentina Grippo, Liliana Mannocchi, Dario Nanni, Marco Palumbo, Giovanni Paris, Laura Pastore, Ilaria Piccolo, Maurizio Policastro, Antonio Stampete, Giulia Tempesta, Daniela Tiburzi. Gli altri due consiglieri di maggioranza che hanno firmato le dimissioni sono Daniele Parrucci di Centro Democratico e Svetlana Celli della Lista Civica Marino. I cinque consiglieri comunali di opposizione che hanno lasciato l’incarico sono i due consiglieri della Lista Marchini, Alfio Marchini e Allessandro Onorato, e poi Ignazio Cozzoli e Francesca Barbato del gruppo fittiano Conservatori Riformisti e, infine, Roberto Cantiani del Pdl.

E’ sferzante la rasoiata che Marino lancia alla sua squadra di governo e poi dritto a Palazzo Chigi: “Sono stato accoltellato da 26 nomi e cognomi ma da un unico mandante. Non mi fa piacere vedere da democratico che il Pd e’ andato dal notaio con chi ha militato nel partito di Berlusconi”. Le frizioni tra Marino e Renzi sono state confermate dal primo cittadino: “Non ho affatto avuto un rapporto turbolento con Renzi, nell’ultimo anno non ho avuto nessun rapporto”.
Pronta la replica del premier Matteo Renzi che, intervistato da Bruno Vespa ha dichiarato: “Marino non è vittima di una congiura di palazzo, ma un sindaco che ha perso contatto con la sua città, con la sua gente. Al Pd interessa Roma – ha aggiunto Renzi – non le ambizioni di un singolo, anche se sindaco”.

Rincara la dose il commissario dem romano Matteo Orfini: “L’esperienza di Marino è finita e il sindaco deve ammettere di aver fatto degli errori. Ora dobbiamo lavorare per ricostruire”.  Secondo Orfini non c’è stato alcun mandante ma è stata “una valutazione politica”.
Non ci sono dubbi, invece, sul futuro politico di Marino: “E’ ancora del Pd, il nostro partito non espelle nessuno”.

E tra i 19 consiglieri? Tutti miracolosamente allineati alle nuove strategie dopo aver sostenuto a spada tratta il primo cittadino contro i detrattori? Non tutti la pensano allo stesso modo, e a dire il vero in pochi parlano. Forse tutti hanno chiaro che il loro futuro politico potrebbe terminare qui.

“Sono triste e amareggiata – dichiara la presidente dell’Assemblea Capitolina Valeria Baglio -. Abbiamo concluso un’esperienza amministrativa importante. Io credo che noi siamo pronti a ripartire facendo tesoro dei risultati positivi ottenuti e cercando di scrivere una nuova storia che possa migliorare la vita dei romani. Roma oggi e’ in affanno e deve riprendersi quell’orgoglio che merita. Credo che oggi nessuno debba essere felice, e mi rivolgo anche ai colleghi delle opposizioni, e credo che questa decisione non debba pesare ulteriormente sulla citta’. Bisogna abbassare i toni e fare in modo che le varie forze positive si mettano insieme”. Interpellata sui malumori tra i suoi colleghi dimissionari nel Pd, Baglio risponde: “Io era tra coloro che avrebbe preferito il dialogo in Aula, pero’ credo anche che Roma non poteva aspettare oltre. E’ stata una decisione politica che poi e’ diventata istituzionale, e in un grande partito si e’ discusso, sono emerse tante sfumature ma abbiamo dimostrato di saper portare avanti le decisioni per il bene della citta’”.

Adesso, finalmente, a Roma si “volta pagina”. Dopo le ultime 48 ore in bilico, i vertici del Pd hanno iniziato adesso ad allungare lo sguardo oltre Ignazio Marino. I giudizi sull’ormai ex sindaco di Roma restano intatti, specie dopo i “tatticismi” sulle dimissioni ritirate che ha allungato i tempi della crisi al Campidoglio e “danneggiato la città e i cittadini”. Per il Pd è stato una sorta di “arbitrio” del primo cittadino uscente su Roma. Ma adesso è ora di andare oltre Marino. Oggi, di prima mattina, fonti vicine al segretario del Pd hanno smentito frizioni con Matteo Orfini: “Tra i due c’è piena sintonia e unita’ di intenti su Roma”. Nonostante questo, già da ieri e anche oggi si sono rincorse le voci dentro il Pd sulle forti critiche mosse per la vicenda Marino al presidente del partito: “La gestione del caso Roma è stato un disastro, che tra l’altro avrà un impatto negativo sul Pd enorme”, è il ‘tam tam’ che si ascolta nel partito dai renziani ma anche da altre anime del partito. Un fronte che probabilmente non si spegnerà oggi. Oggi, però, molti renziani sottolineavano con forza il ‘valore’ della fine del caso Marino: “Non è mai successo che, per far ripartire la città, un partito rimetteva tutta la partita nelle mani dell”arbitro’. Qui non ci sono giochi di palazzo, arriva il commissario e poi il voto”.

Adesso, quindi, è il momento di “voltare pagina”. Subito con la gestione commissariale. Appena possibile (alcuni pensavano di potercela fare entro domani) il prefetto di Roma Franco Gabrielli indicherà il commissario del Campidoglio. Sembra fatta per Bruno Frattasi. Per la legge, il nome del commissario entro 90 giorni andrà poi formalmente indicato dal governo al presidente della Repubblica. Lo schema cui il Pd, e Renzi per primo, pensa per Roma è quello di un ‘ticket’ con Gabrielli stesso finalizzato a risolvere i problemi concreti della città: rifiuti, viabilità, decoro urbano, trasporti. Al commissario per il Giubileo dovranno essere assicurati fondi e un ‘dream team’ con un provvedimento ‘ad hoc’ da approvare al più presto, comunque entro fine anno. Per la Capitale, lo stesso Renzi ormai da tempo indica un solo punto di riferimento: l’Expo. In questa chiave, nell’idea del premier il Giubileo per Roma potrà essere un “momento di rinascita” per la città così come l’Expo lo è stato per Milano. Su Facebook, oggi il premier ha esaltato l’esperienza dell’Esposizione: “Ha vinto l’Italia, non il governo”, ha scritto sottolineando: “La nostra Italia è un’Italia coraggiosa, che non scappa davanti alle sfide, ma le affronta e le vince”. Solo dopo aver accettato (con tutta l’intenzione di vincere) la sfida Giubileo, la questione del candidato del Pd alle elezioni (circola la data del 12 giugno) si concretizzerà. Intanto, però, il totonomi impazza. Si parla dell’ipotesi Gabrielli, sul modello Sala a Milano. O di Raffaele Cantone. Ma si rincorrono i nomi più politici, come quello di Beatrice Lorenzin (che oggi ha fatto trapelare il suo ‘no, grazie’), Marianna Madia o Alfio Marchini. Dario Franceschini si è chiamato fuori e quello di Maria Elena Boschi sembra più un nome gettato a caso nella mischia.