Ladispoli, in manette i costruttori del primo appalto dello stadio • Terzo Binario News

Ladispoli, in manette i costruttori del primo appalto dello stadio

Gen 25, 2018 | Cronaca, Ladispoli

di Francesco Scialacqua

Dopo gli arresti per il secondo appalto dello stadio a Ladispoli in manette anche gli imprenditori che si occuparono del primo appalto poi naufragato.

Ieri, i Finanzieri del Comando Provinciale di Roma, all’esito di indagini disposte dalla Procura della Repubblica capitolina, hanno dato esecuzione all’ordinanza di custodia cautelare degli arresti domiciliari emessa dal Giudice delle Indagini Preliminari del locale Tribunale nei confronti di due fratelli, CIACCIA Davide (classe 1966) e CIACCIA Mario (classe 1969), responsabili, in concorso tra loro, del reato di bancarotta fraudolenta ai danni della società, “FRATELLI s.r.l. in liq.ne”, con sede nella Capitale ed operante nel settore edilizio.

Le indagini però non sarebbero strettamente legate all’attività degli imprenditori per la costruzione dello Stadio Angelo Sale. L’appalto era stato infatti affidato dal comune di Ladispoli alla Ciaccia Appalti S.r.l., già Appalti S.r.l. ed ora Gruppo F.C. S.r.l. E’ proprio quest’ultima società che è finita nel mirino delle fiamme gialle.

Le attività di indagine, hanno fatto emergere le condotte dissipative e distrattive perpetrate dagli indagati in danno dei creditori.
Gli indagati sono accusati infatti di aver pianificato operazioni contabili e finanziarie (nella gran parte fittizie) volte a rappresentare all’esterno un andamento florido e redditizio, sia per ottenere finanziamenti dagli Istituti Bancari, sia per convincere i creditori dell’affidabilità dei piani concordatari nell’ambito della procedura concorsuale.

Le Fiamme Gialle del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Roma, congiuntamente all’aliquota della G. di F. della Sezione di Polizia Giudiziaria, hanno scoperto che i fratelli CIACCIA, dal 2011 al 2015, occupandosi della gestione e amministrazione della società in liquidazione hanno messo in atto una strategia finalizzata all’appropriazione dei beni, anche tramite altre società ad essi riconducibili (molte delle quali portate al fallimento), dismettendo importanti partecipazioni attraverso operazioni infragruppo e distraendo beni e risorse dal patrimonio sociale, evidenziando condotte che, come scrive il G.I.P., sono connotate “dall’avida distrazione in proprio favore di ogni utile, costituito anche dagli ingenti finanziamenti bancari richiesti ed ottenuti in uno stato di ormai conclamata decozione e di insolvenza”..
In particolare, i due fratelli hanno:

  • ceduto a loro stessi l’intero capitale di società del gruppo a mezzo di compensazioni con crediti pregressi;
  • effettuato cessioni di quote del capitale sociale detenuto;
  • ceduto rami d’azienda ad altre società sempre a loro riconducibili;
  • effettuato operazioni di compensazione dei debiti determinando un trattamento di natura preferenziale nei propri confronti;
  • tenuto i libri e le altre scritture contabili in modo da non consentire una fedele e corretta rappresentazione dei fatti di gestione e delle variazioni della consistenza del patrimonio aziendale, al fine di procurarsi un profitto e di recare pregiudizio ai creditori;
  • ritardato ovvero omesso di registrare contabilmente le diverse operazioni societarie rappresentando una situazione patrimoniale florida e stabile, contrariamente al reale stato di insolvibilità ormai irreversibile in cui versava la società, causando una esposizione debitoria di oltre 112 milioni di euro.

Come sottolineato dal G.I.P. nel provvedimento cautelare “La continuità operativa, l’intesa professionale, la straordinaria attitudine dimostrata dai due indagati nella oculata manipolazione dei bilanci e nella alterazione dei dati, la spiccata inclinazione dimostrata da costoro nella gestione disinvolta delle attività finanziarie strettamente connesse a quelle economiche, infine l’articolata rete imprenditoriale che ruota intorno a tali affari sono tutti elementi che hanno irrobustito l’impianto cautelare” ed hanno “perfino dimostrato la singolare scaltrezza di movimento degli indagati nelle maglie della giustizia”.

Ma la vicenda più delicata sulla costruzione dello stadio Angelo Sale di Ladispoli sarebbe quella legata all’inchiesta della procura di Civitavecchia circa gli affidamenti degli stralci d’appalto tramite gare alle quali sarebbero state invitate diverse società legate ad un’unico imprenditore. Società dove sono ricorrenti sedi e residenze degli amministratori appartenenti tutti alla stessa famiglia. L’inchiesta, allargata ad un complesso di appalti per oltre 4 milioni di euro aveva coinvolto anche un funzionario comunale di Ladispoli arrestato ai domiciliari.