La fame, il paradiso, l'Aurelia • Terzo Binario News

La fame, il paradiso, l’Aurelia

Feb 19, 2013 | Antonio Bitti, Blog

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L’ho immaginata, con Vittorio Cataldi che non è più vestito così, e non arriva con la macchina di un tempo da questa parte del mondo, e non dirà mai “eppure che è la fame? Un vizio! E’ tutta un’impressione! Ah, se nun c’avessero abituati a magnà, da ragazzini…”. L’ho pensata così, che neanche lui ci si ritrova, sommerso dentro altre corse, non ci si ritrova come non si ritrovava allora. Lui sta sempre fuori, è un’altra cosa. Se Vittorio morirà ancora, in qualche trafiletto anonimo che per automatismi si moltiplica nella rete per i motori di ricerca, in cerca della cocaina che adesso si trova a prezzi migliori rispetto a quegli anni che Vittorio neanche aveva conosciuto, non lo so. Qui non ci sono Maddalene che possono mantenerti e della solitudine non si può fare a meno. Sei tu che dovresti mantenere Maddalena che parla un’altra lingua, che dell’italiano non conosce gli articoli, e non vuole neanche saperne. E tu hai voglia a dirle che non capisci. Straniero tra stranieri. Non tapparti le orecchie. Coltiva il dialogo. Lo straniero cesserà di essere quest’uomo privo di radici per formare insieme a te, tronco robusto, ruvido o scivoloso e rami ricchi di fronde, uno stesso albero solitario e rinascente. L’unico è universale. Cammina sul bordo della ferrovia quella mattina, dentro quegli interstizi che la speculazione ha lasciato, che ci si fanno anche le riunioni per decidere che cosa farci. E si chiamano in inglese proggetfinansing, e trovano anche dei tecnici che dicono che sono belli quei progetti.

Finanza di progetto – Wikipedia

Ci sono delle canne che costeggiano la ferrovia, come diverse nazionalità per treni che non vengono mai presi. L’alcool può essere una soluzione sostitutiva per la coca, a volte. Addosso i vestiti firmati, quelli che poi ti riconoscono perché li porti, quella Roma raccontata anche da papà e mamma, che ci era venuta prima qui, è lontana. Non hai conosciuto nevicate del ’56. E te nel ’56 nemmeno c’eri. Poi ci arriva anche il depuratore qui.

Sei tu Vittorio, classe ottantatre, che dovresti invadere i network, con la tua storia, quella di oggi, lontano dalla De Filippi, che qui torni anche in bianco e nero, un po’ come un avatar che s’impossessa di nuovo della sua storia, quella che viene da lontano e non sempre comprensibile, per molti ignorata. Alla De Filippi qualche volta ci hai pensato, addirittura come soluzione. Su di te non ci sono eventi. Ti devi togliere da solo dall’anonimato. Ogni mattina. E pensi di farlo con i vestiti che la firma si legge bene, con l’abbandono della scuola che si è consumato come se fosse normale. La macchina è bella, te la sei comprata quando ancora lavoravi, poi va così, e nemmeno ti dicono niente quando non servi più davvero.

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Ti ritrovi solo a dover ricominciare. E qui ci venivi al mare. Al mare non lo sapevi che mamma, a quei tempi, già pensava di venirci a vivere qui. A mamma sembrava tutto più facile Vittorio, almeno le sembrava, per un giro breve, http://provinciadiroma.archivioluce.com/provincia-roma/scheda/video/IL5000046874/2/Le-modeste-vacanze-della-piccola-borghesia-a-Ladispoli-.html

Che il mare era solamente quello di Ostia allora. E questo nemmeno lo consideravi mare. Non si tratta di voler lavorare, e nemmeno di aver smesso di studiare. E nemmeno altro. Si tratta di non capirci più un cazzo, e le frasi smozzicate rimangono sempre quelle e con lei quelle sono rimaste. Che nemmeno mi capisce. Timisoara o Lublino. Non te lo ricordi nemmeno. Stanotte c’era questo piccolo lavoretto. L’hai tirata fuori questa pistola. Ti ha messo sempre paura. L’hai nascosta così bene che non sai più nemmeno dove. A guardarla ti tremano le mani. Per quella crociera troppi soldi, e i mobili e l’affitto. E lei che adesso dice che nemmeno vuole venire più. Ti prende così quando giri intorno tutto il giorno e non sai nemmeno dove finirai. Non lo hai mai saputo. Che adesso mamma chissà dov’è finita con quell’altro là, che sa solo bere. E pestarla. Deve essere un lavoretto breve stanotte. Che con questi sportelli delle banche mica ci capisci più, tu che comunque come generazione ci stai. O no? Dove stai? Che ancora si chiedono Vitto’ se ha ancora senso conciliare l’idea di “città bella” con le istanze reali della popolazione, che talvolta sono legate alle “brutte periferie” in modo quasi morboso? Dal dizionario della lingua italiana “periferia” significa “l’insieme dei quartieri disposti ai margini esterni di un agglomerato urbano” ma anche “la zona più esterna e marginale, in contrapposizione al centro, di uno spazio o di un territorio”. Vittorio mentre tu stanotte te ne stai con l’iphoneapple in mano ad aspettare una chiamata, sei il più evocato, indicato, ignorato, incompreso, discusso in cronaca. Hai preso parte a discorsi, sei entrato in reportage, in inchieste, quelle che si usano adesso, quelle che non parlano più di borgate ma di periferie, sei entrato come target dentro alle variazioni urbanistiche.

L’hai tirata fuori questa pistola. Ti ha messo sempre paura. L’hai nascosta così bene che non sai più nemmeno dove. A guardarla ti tremano le mani. Tu che il centro non hai mai pensato di esserlo, che a te viene normale andare a Timisoara. Che poi ti hanno fatto credere che mica siamo tutti uguali, no, solo perché veniamo da posti diversi, solo perché sarà la lingua. Tu la parli la lingua. L’allarme sicurezza, poi. Sui luoghi della violenza qui non viene Alemanno, o Fini come per Mailat a Tor di Quinto, per vincere le elezioni.

Tu che stasera ti siedi ad un ristorante qualsiasi con lei, senza dire una parola. A che serve ti chiedi. Che entrano due, tre coppie, e sembrano tutte uguali. Non parlano nemmeno loro. Come a te succedeva in casa, quando mangiavi da solo. Gli altri chissà dove. Da qui si va in cronaca lo stesso, sulle pagine che non sembrano far parte del giornale. Sono sempre staccate. E gli anni di galera pesano anche qui. Lo sai e non lo sai. C’è un tempo che somiglia ad un altro tempo, qui. Qui non c’è la nostra vita, dici. Tantomeno la tua. Qui si fa casting. Ed è sempre più difficile respirare. Qui la vita non è una sete soddisfatta.