"Il mio Cyrano barocco tra fragilità dell'anima e anarchia di pensiero". Intervista all'attore Antonio Zavatteri • Terzo Binario News

“Il mio Cyrano barocco tra fragilità dell’anima e anarchia di pensiero”. Intervista all’attore Antonio Zavatteri

Nov 3, 2015 | Cultura, Roma

cyranoFiction, cinema e teatro. Il grande pubblico ha conosciuto Antonio Zavatteri in Gomorra nei panni di Franco Musi, il consulente finanziario della famiglia Savastano che cerca di arricchirsi sfruttando i canali della malavita. Da stasera Zavatteri è al teatro Parioli di Roma con il Cyrano, “un eroe frustrato”, a metà strada tra l’anarchia del pensiero e la fragilità dell’anima.

Zavatteri, ci parli del Cyrano in scena dal 3 all’8 Novembre al Teatro Parioli di Roma
Mettere in scena il Cyrano comporta sempre una serie di problemi se consideriamo il materiale sterminato che è stato usato per mettere in piedi l’opera. Con la regia di Carlo Sciaccaluga e Matteo Alfonso, abbiamo condensato la vicenda almeno nelle sue parti essenziali, e siamo stati costretti a tralasciare tanto materiale descrittivo  dell’ambiente. E’ stato privilegiato il materiale barocco e abbiamo mantenuto una traduzione arcaica che si è caratterizzata per l’incontro concreto tra un linguaggio poetico, musicale e canoro e un teatro moderno fatto di azione, pensiero e relazioni tra i nove attori.
Il linguaggio usato non è inutilmente aulico, ma allo stesso tempo non può essere del tutto quotidianizzato. Nel testo prevalgono i settenari e una rima abbastanza ferrea. Accorgimenti che rendono la parola fondamentale quanto l’azione. Cyrano è una sorta di supereroe, fatto di immagini ed estetica, e coniuga l’anarchia del libero pensiero, la non uniformità alla società e al potere, con la ricerca del bello. Sullo sfondo si staglia la sua immensa frustrazione: essere un combattente e uno spirito libero capace di creazione verbale e di immagini senza pari, ma incapace di relazionarsi con Rossana, la donna amata. Cyrano non si ritiene sufficientemente bello e quindi non è in grado di sostenere una storia reale. E’ un uomo fragile, ed è questa la sfumatura che lo rende importante per un attore.

E’ un periodo molto intenso per la sua carriera. E’ al cinema con “Io e lei” di Maria Sole Tognazzi. Che tipo di esperienza professionale ha vissuto?
Sin dal momento del casting ho notato una speciale empatia con Maria Sole, e anche se ho lavorato con lei solo 4 giorni, ritengo che si sia trattato di sensazioni reciproche. Non a caso, abbiamo dovuto rimandare le riprese per incastrarle con impegni professionali pregressi. Maria Sole riesce a costruire il set basandolo sulla condivisione e non sulla imposizione della conoscenza.

Non posso non farle una domanda su Franco Musi, il consulente finanziario della famiglia Savastano in Gomorra. Le è dispiaciuto uscire di scena così presto?
E’ stata una delle più grosse esperienze lavorative che io abbia fatto per importanza, spessore e presenza del personaggio. Certo… mi è dispiaciuto uscire di scena così presto, ma ad ogni modo è stato un onore lavorare con un cast di attori eccezionali, con Sollima, Francesca Comencini e una sceneggiatura meravigliosa. Il personaggio di Franco Musi mi ha affascinato, un uomo che sogna il grande risultato finanziario per sé e per la sua famiglia, sfruttando i canali della malavita. Un mix di speranza, sogno e debolezza con un epilogo tragico, causato dalla crisi finanziaria mondiale e dal fatto che la famiglia Savastano lo obblighi al suicidio. Un’epopea tragica dei nostri tempi.

Quali sono i progetti artistici per i prossimi mesi?
Farò molto teatro. A dicembre porteremo il Cyrano in tournee in alcune piazze di provincia, e poi ci sarà “Prenom” uno spettacolo di cui curo la regia prodotto con il Teatro Stabile di Genova. “Prenom” è tratto dal film francese “Cena tra amici”, portato al cinema in Italia da “Il nome del figlio” della Archibugi. A febbraio, infine, riprenderò l’Otello di Sciaccaluga, in cui io faccio Iago con Filippo Timi nei panni di Otello.