“Chi ha tanti s
oldi vive come un pascià e a piedi caldi se ne sta”. Così recitava la canzone di Betty Curtis negli anni ’60. Ma in questo nuovo 2013 la regola del prendi, spandi e spendi ha ancora il suo valore? I tanti “dindi” che fine hanno fatto? Vista la crisi – argomento quotidiano a lavoro, casa e nelle pause caffè – abbassiamo il prezzo del quesito spostando l’attenzione di una vocale… ed ecco che dai soldi siamo passati ai saldi.
Dopo aver setacciato Ladispoli, dal viale Italia alle zone periferiche, ci rendiamo conto del primo cambiamento: non si parla più di saldi di fine stagione o postnatalizi ma di saldi che per far fronte alla crisi degli ultimi anni vengono anticipati di fatto rispetto alla data ufficiale. Il risultato però sembra essere lo stesso. Un netto calo rispetto agli anni passati. Confrontando le percentuali fornite dai commercianti, ci rendiamo conto che si parla di un 20% di vendite in meno rispetto al 2012. Si risparmia su tutto: elettronica, abbigliamento, libri e persino giocattoli.
Unica eccezione la salute dove, nonostante tutto, ci conforta l’idea che il cittadino, con tanti sacrifici, cerca di mettere i risparmi da parte per prendersi cura di sè.
Il dato del calo delle vendite fa notizia, ma di certo non si può non tenere in considerazione che la differenza tra boutique e franchising è notevole. Per le prime il cliente di nicchia rimane affezionato, ma per conquistare il resto dei cittadini bisogna lavorare su un ribasso dei prezzi durante l’anno che va a discapito dell’incasso. I secondi puntano su costi più abbordabili che mantengono un via vai di compratori che possono acquistare tre magliette al prezzo di una.
A giudicare dagli introiti delle librerie, anche la cultura continua il trend negativo iniziato nel 2010 e la percentuale del 30% in meno produce un’eco a dir poco allarmante. Se l’avvento delle nuove tecnologie, degli e-book e gli acquisti su internet avevano retto ancora la sfida con carta stampata e librerie, di certo non si può dire lo stesso con la prevalsa di una crisi economica che ha travolto pure i beni di prima necessità.
Imu e tasse a parte – che meriterebbero un intero capitolo a loro “s”favore – proviamo a lavorare su una nuova idea per il territorio: la pedonalizzazione del viale. Ma non si fa nemmeno in tempo a pronunciare la fine della parola che lo sguardo di quasi tutti i commercianti ricorda quello nei duelli dei film Western di Sergio Leone. La risposta è evidente, un no preciso, deciso, ma forse con una piccola via d’uscita: la pedonalizzazione solo in alcuni periodi e orari, prevalentemente notturni, dell’anno.
La percentuale maggiore degli esercizi commerciali che si trova a sfavore di quest’idea è reduce della prova di una “notte bianca” poco pubblicizzata e non conforme con la mentalità delle grandi città e poi, non di poco conto, la problematica dei parcheggi che avrebbe la meglio sulla camminata/shopping del cittadino che si troverebbe costretto a lasciare direttamente la macchina sotto casa.
C’è chi, però, avvilito dalle divergenze di idee dei colleghi adiacenti, si metterebbe in gioco con questa proposta nei mesi più caldi dell’anno: da giugno in poi una pedonalizzazione nei fine settimana, sia per allenare la “forma mentis” della città all’idea di una Ladispoli in continua crescita e, perché no, in sintonia con la filosofia delle lunghe passeggiate per le vie commerciali delle grandi metropoli, sia per vedere se, almeno in questo modo si possano registrare incassi più ottimisti.
Insomma, se tradizionalmente la voce saldi faceva balzare nei nostri pensieri l’immagine di file esagerate fuori dai negozi, alla ricerca di merci altrimenti poco accessibili ai portafogli del comune cittadino, oggi si può quasi evitare la fila alla cassa. Non resta che attendere periodi più floridi, allargare la mentalità a strategie diverse che possano trovare d’accordo tutti i commercianti e sicuramente attendere il risultato delle elezioni politiche. A fine saldi, ovviamente.
Simona Giovanna Virgili
