Biglietti falsi, all’Atac di Roma un giro d’affari di oltre 70 milioni di euro l’anno. • Terzo Binario News

Biglietti falsi, all’Atac di Roma un giro d’affari di oltre 70 milioni di euro l’anno.

Nov 8, 2013 | Cronaca, Roma

biglietti falsi atacROMA – Rischia di diventare un caso la vicenda che ha colpito l’Atac, azienda romana dei trasporti. Una inchiesta di Repubblica –che porta la firma dei giornalisti Daniele Autieri e Carlo Bonini-, svela il sistema che da oltre dieci anni stampa biglietti falsi per un ricavo annuo di oltre 70 milioni di euro. L’inchiesta, partita dalla denuncia della Guardia di Finanza che indagava sui conti dell’azienda, riporta numeri e dati, e fa i nomi di ex manager ed ex ad che sono passati nel corso degli anni in Atac, sotto la giunta Veltroni e Alemanno, e in ultimo quella di Marino, dimostrando un accordo politico bipartisan tra destra e sinistra per tutelare il sistema a delinquere che da anni si arricchisce con illeciti e fasulli. Una inchiesta che fa tremare i polsi alla dirigenza Atac, 12mila dipendenti, un miliardo di passeggeri nel 2012 (un terzo di quelli della “Rapt” parigina, un quarto di quelli londinesi della Transport for London), un deficit annuo di oltre 150 milioni e un debito che ha raggiunto 1 miliardo e 600 milioni e alla politica, in una città con un deficit stimato di 800 milioni di euro, con rischio di bancarotta, che da anni è specchietto per le allodole di un “oliato sistema” a discapito dei servizi per i cittadini.

L’ACCORDO – Nell’aprile 2008 una cena a casa dell’ex ad dell’Ente Eur, Riccardo Mancini, è il cenacolo per blindare un accordo politico per la spartizione del bottino. Alla cena oltre al sindaco Gianni Alemanno, anche il senatore Pdl Vincenzo Piso, a rivelarlo la fonte di Repubblica. Nel 2013, all’alba della vittoria di Marino, arriva in azienda Danilo Broggi, si parla di “discontinuità”, nulla impedisce però di distruggere una piramide di controllo ben salda; infatti alla presidenza dell’Atac c’è ancora Roberto Grappelli (confermato da Marino, dopo la nomina nel 2012 di Alemanno. Tra gli scranni Atac anche Antonio Cassano ex direttore generale Atac e a disposizione di Broggi (detiene la gestione operativa dell’azienda), Gioacchino Gabbuti ad di Atac Patrimonio (società nata per vendere il patrimonio immobiliare dell’azienda ma che fino ad ora non ha concluso una sola operazione) e infine Franco Middei (su cui gravano inchieste per appalti sospetti, è in Atac dal 2008). Tutti ricompensati con ricchi stipendi.

LA FONTE – A svelare il meccanismo della produzione dei biglietti falsi una fonte interna ad Atac, di cui Repubblica ha garantito l’anonimato, dichiara «l’Atac stampa biglietti per autobus e metro. E i biglietti sono denaro. Chi ha le mani sui biglietti, ha le mani sulla cassa. E se quella cassa è in parte in chiaro e in parte in nero, perché quei biglietti sono in parte veri e in parte falsi, chi ha le mani sull’Atac ha di fatto le mani su una banca che batte moneta»

IL SISTEMA – I conti non tornano, se infatti si legge il bilancio 2012, risulta che i passeggeri in mobilità nella capitale sono oltre un miliardo l’anno, i ricavi dei biglietti, circa 249 milioni di euro, coprono il 20% del totale della produzione dell’azienda. Campanello d’allarme per la Guardia di Finanza che ha parlato di un “sistema oliatissimo capace di creare una contabilità parallela”. La fonte spiega come funziona il sistema: «Tutti i biglietti emessi da Atac – dice – hanno un numero. Il processo normale di bigliettazione è costruito in modo che quando il biglietto viene ceduto ai rivenditori ufficiali entra automaticamente in una white list. Una volta acquistato e obliterato lo stesso biglietto finisce invece in una black list. Così quando il ciclo si conclude, white list e black list si ricongiungono e i biglietti venduti e utilizzati vengono cancellati. Quest’ultimo passaggio nel sistema di Atac non c’è. La black list non è mai ricongiunta con la white list e un ipotetico biglietto clonato con lo stesso numero di serie può passare anche dieci volte senza che le macchinette lo riconoscano. Atac è come la Banca d’Italia: ha la carta moneta, ci scrive sopra che cifra è, vende e rendiconta. Il tutto senza segregazione di responsabilità, cioè senza alcun controllo esterno»

LA SOCIETà – Un sistema fuori controllo, solo all’apparenza. Lo dimostrano le dichiarazioni della fonte. Tutto inizia 13 anni fa quando nel 2000 la società australiana Erg vince l’appalto per la fornitura della tecnologia informatica per la bigliettazione, una denuncia dell’ex presidente di Atac fa sapere che il sistema non funziona, e allora che Erg entra in Atac, cambia nome in Claves e torna a lavorare con gli stessi uomini che gestiscono il servizio e con una quota importante di una fiduciaria romana la Finnat. L’illecito nasce e si consuma in Via Sondrio, rivela la fonte, dove in un bunker ad accesso limitato da anni entra ed esce lo stesso personale: «Quello è il nucleo di dipendenti ex-Erg che non sono mai cambiati nel tempo. Sono una ventina e in tutti questi anni non è mai stata introdotta alcuna discontinuità nel personale. Lì dentro è raccolta l’intelligenza del sistema di bigliettazione».

LA NOTA DI BROGGI – Per ora queste le dichiarazioni rilasciate dall’ad Broggi dopo l’inchiesta di Repubblica: «La questione della truffa consumata sul sistema di bigliettazione Atac è nota all’azienda. Atac ne ha fatto oggetto di documenti di indagine interna sin dal 2010. Tale attività ha condotto, nell’agosto del 2012, alla consegna alla Procura della Repubblica di un rapporto commissionato a uno studio legale esterno. Sin dal momento del mio insediamento, tuttavia, ho avviato ulteriori approfondimenti sui processi organizzativi per verificare se ci siano state o meno inerzie da parte aziendale. Per il resto, credo sia importante che le indagini facciano il loro corso e arrivino presto a conclusione. E in tal senso riconfermo la piena collaborazione da parte di Atac al lavoro dei magistrati, sui quali l’azienda ripone la massima fiducia».