Zls, l'Usb critica la Regione: "Civitavecchia e il comprensorio penalizzati" • Terzo Binario News

Zls, l’Usb critica la Regione: “Civitavecchia e il comprensorio penalizzati”

Ott 24, 2024 | Civitavecchia, Politica, Regione Lazio

Chi in questa città ha salutato con favore la delibera di istituzione della ZLS, finalmente licenziata dalla Giunta Rocca, forse non ha avuto modo di apprezzarne il relativo Piano di Sviluppo Strategico. Deve essere per forza così, perché quello che temevamo è purtroppo avvenuto: la diversa perimetrazione stabilita penalizza pesantemente Civitavecchia, delineando inoltre un intervento incoerente ai fini dello sviluppo delle aree portuali. Ma andiamo per ordine.

Come è noto, la nuova proposta doveva ricondurre nei limiti di legge la smisurata estensione della ZLS istituita nel 2022 dalla Giunta Zingaretti. Un qualche ridimensionamento era quindi nell’aria, ma nessuno poteva aspettarsi che le aree ammesse per Civitavecchia e il suo porto scendessero dai precedenti 769 ha (5,33% della passata ZLS) agli attuali 223 ha (3,92%): un taglio esagerato, tanto più considerando i soli 66 ha ammessi per le aree comunali. Destino anche peggiore per gli altri comuni comprensoriali, che dai complessivi 615,72 ha (4,27%) precipitano ai 52,52 ha (0,91%) della sola Tarquinia, visto che Tolfa, Allumiere e Santa Marinella vengono tranquillamente esclusi dalla lista.

Non tutti i comuni hanno però avuto lo stesso trattamento. Anzi. Pur nel quadro di una scontata riduzione, diversi sono infatti i territori che incassano un aumento relativo della propria quota, come ad esempio Colleferro, Cisterna di Latina, Guidonia o la fortunatissima Frosinone, che da 301,1 ha (2,09%) sale nientemeno che a 530 ha (9,28%). Una roba che andrebbe spiegata.

E tuttavia questo è ancora niente perché la Giunta Rocca, a furia di tagli selettivi e di palesi sperequazioni, riesce in qualcosa di effettivamente impossibile: ovvero, fare spazio addirittura a 23 nuovi comuni per 763,79 ha di ulteriori aree (13,37%) e innalzare quindi fino a ben 49 (dai precedenti 29) i comuni inseriti nella ZLS. Una scelta che premia alcuni territori ammissibili ad aiuti pubblici ma non per questo meno esente da critiche. Primo, perché polverizza l’intervento complessivo. Secondo, perché questi inediti inserimenti vanno a detrimento di diversi altri comuni con le medesime prerogative, Civitavecchia compresa, e non riguardano sempre zone incentivabili (per almeno 173 ha). Terzo, perché a prescindere dai comprensibili interessi territoriali, lo scopo precipuo delle ZLS non è certo quello di realizzare un riequilibrio socio-economico delle zone svantaggiate nelle singole regioni.

Del resto, è proprio su quest’ultimo aspetto che emerge il limite più grave della nuova ZLS, la quale, è bene ricordarlo, dovrebbe essere innanzitutto finalizzata a favorire nuovi investimenti nelle aree portuali. Così dispone la legge. Poi si sa che a tale scopo questa possa includere anche aree più interne: ma se per questa via si finisce per ammettere soprattutto comuni diversi da quelli in cui sono gli scali (ben il 91,57%, contro il precedente 88,91%), anche quando mancano di una chiara connessione economico-funzionale, non ospitano imprese “port-related” e né sono prossime a svilupparle, il rischio che l’intervento cambi natura e perda di efficacia è purtroppo evidente.

Da strumento coordinato per la crescita mirata del sistema logistico-portuale, la ZLS si trasforma così in qualcosa di diverso, per buona parte in un sostegno all’imprenditoria diffusa incongruente agli obiettivi dichiarati e per di più viziato da localismo. Come dimostra proprio la perimetrazione proposta, che, oltre all’eccessiva frammentazione, prevede nei territori in cui insiste il maggior porto della regione – il Lazio settentrionale – solo il 9,70% delle aree ammesse (che prima erano il 14,50%).

In definitiva, abbiamo idea che non sarà un simile provvedimento a sanare l’asimmetria di un porto “core” privo di retroterra industriale e di un adeguato traffico merci. Poi vedremo come si concluderà l’istruttoria del Governo, nella speranza che possano essere inserite aree realmente “retroportuali” e magari riconosciuta l’opportunità di istituire a Civitavecchia – con le procedure previste – una “zona franca doganale”. Ma per ora la frittata è fatta”.

USB Civitavecchia