Scuola e solidarietà • Terzo Binario News

Riccardo-AgrestiSolidarietà ha, come suo significato principale, l’impegno a favore del prossimo, che si esprime in uno sforzo attivo e gratuito, teso a sostenere chi abbia bisogno di un aiuto.

Far parte di una società civile, obbliga ciascuno di noi alla solidarietà, ad una sorta di contratto secondo il quale ognuno deve contribuire al benessere degli altri. Questo avviene attraverso l’azione dello Stato, che è quindi obbligato a garantire i servizi fondamentali per la crescita della società di cui facciamo parte, ad esempio offrendo scuole per l’istruzione, ospedali per la salute, strade per la comunicazione, forze dell’ordine per la sicurezza, tribunali per la giustizia eccetera, scegliendo, tramite concorsi pubblici, le persone da impiegare in questi servizi e fornendo loro i mezzi economici per lavorare al meglio possibile ed in maniera uguale per tutti i cittadini. Quindi lo Stato, per fornire i servizi ai cittadini e remunerare chi lavora, deve avere i fondi necessari dai cittadini, secondo le loro possibilità, i quali avranno quindi tutti diritto alla pari ad usufruirne.

Frazionare lo Stato, chiedendo ad esempio che una Regione di esso mantenga sul proprio territorio le tasse che sono pagate dai suoi cittadini, significa violare il principio di solidarietà su cui si basa l’esistenza stessa dello Stato. Significa pensare che i cittadini di un’altra Regione non meritino solidarietà. In realtà il concetto di solidarietà non sottintende limitazioni, né ha senso parlare di differenze poiché queste iniziano proprio con la singola individualità, l’esistenza stessa delle frontiere non ha alcun senso perché, essendo tutti parte dell’umanità, tutti dovrebbero contribuire ad aiutare tutti. Il concetto di solidarietà trova il suo opposto quando, per avere un aiuto, occorra pagare o comunque offrire qualcosa in cambio dell’aiuto necessario, cioè quando un gruppo privato offra a pagamento i servizi fondamentali che dovrebbe fornire lo Stato. Ma il punto da evidenziare è che i servizi primari, offerti da istituzioni private, sono gestiti da persone, le quali devono, ovviamente, trarne un guadagno (a meno che non si tratti di enti di beneficenza i quali, come lo Stato, trovano nella solidarietà i fondi necessari a fornire le prestazioni) e quindi i loro servizi sono conseguentemente, a parità di capacità gestionale e di correttezza, o più costosi o meno buoni … se non entrambi.

Date queste premesse ci si chiede allora per quale motivo spesso lo Stato ceda le sue strutture a privati o perché spesso i servizi statali siano meno efficienti di quelli privati. Il motivo è che lo Stato non esiste di per sé, ma è gestito da persone, elette dai cittadini, o da tecnici (non adeguatamente gestiti dalla politica, che ne rimane responsabile), che spesso non operano per il bene della società e, quindi, del popolo. Questo tipo di politici, evidentemente, trovano un chiaro tornaconto ad essere rielette, perché le loro scelte, molto spesso, non sono basate su idee miranti al benessere di tutti o al miglioramento della società, ma (escludendo quelle che conducono a vantaggi personali) sono decisioni che cercano solo consenso in base ai risultati dei sondaggi. Questi politici, per essere rieletti, agiscono come desidera la “pancia” del popolo, quella che non parla a ragion veduta, che è facilmente manipolata dalle chiacchiere da bar e per ignoranza non è in grado di “guardare” oltre.

Ad esempio, se prometto più scuole, più ospedali, più sicurezza, più giustizia (e quindi più tasse), perderò il voto di chi non ritiene l’istruzione importante, di chi sta bene e non immagina che potrebbe essergli utile un servizio sanitario efficiente, di chi odia polizia e carabinieri perché ha paura di loro od ha qualcosa da nascondere, di chi ritiene che essere “furbi” sia meglio che essere onesti, insomma di chi non crede che la solidarietà sia la peculiarità delle società forti, ma vuole una anarchia egoistica preferendo che i propri soldi gli rimangano in tasca invece di utilizzarli per il bene comune. Queste persone non giudicano incapaci o corrotti chi li governa e che magari nemmeno ha votato, ma ritiene che la stessa democrazia sia da sostituire con una dittatura.

Se però prometto meno tasse, e magari le riduco realmente, avrò già vinto le prossime elezioni ed il prossimo governo sarà ancora mio. A ben guardare, ridurre le tasse è, in effetti, veramente molto facile: ad esempio potrei ridurre gli sprechi licenziando chi non lavora (ce ne sono tantissimi, ma purtroppo sono quelli assunti con concorsi truccati o assunti per favorire qualcuno che mi assicura un certo numero di voti) oppure, molto più semplicemente, riducendo i finanziamenti ai servizi pubblici, riducendo l’aiuto dello Stato ai più deboli, riducendo la solidarietà, riducendo il motivo stesso dell’esistenza della società.

Non ho chiaro quale sia il motivo per cui la scuola non riceva più i finanziamenti che aveva tempo fa, e che qualcuno si permetteva anche di sprecare, fatto sta che se vogliamo assicurare una didattica efficiente per avere in futuro dei cittadini consapevoli, quindi una didattica divertente, avvincente, interessante e che stimoli curiosità nei nostri giovani, occorre fare di più delle semplici lezioni in classe, ma senza fondi, senza solidarietà, questo è impossibile.

Pubblicato martedì, 9 Dicembre 2014 @ 07:30:12     © RIPRODUZIONE RISERVATA