So che son baci
anche se,
per l’ occhio altrui,
cazzotti e testate.
So che son baci
quelle gambe
che scalciano spasmodiche.
So che son versi d’amore
sussurrati all’orecchio
i tuoi urli laceranti
So che l’impotenza mia
, la rabbia, la tristezza,
la speranza e la stanchezza
sono amore sconfinato
non espresso.
Questi versi li ho dedicati ad una mia amica che ha ben due figli disabili, difficili da gestire e gravi quanto il mio. Condividiamo questo percorso accidentato e doloroso partendo da due punti di osservazione diversi e soprattutto da due formazioni culturali diversissime. Eppure nella difficoltà troviamo delle convergenze e sono sua alunna alla scuola della sofferenza, alunna ribelle, come diversamente non potrei essere fa parte della mia storia la ribellione, il pugno levato e l’urlo tra i denti. La poesia nell’incipit serve ad aprire una discussione profonda sulla condizione della famiglia, quando in casa c’è un figlio disabile grave, soprattutto quando la disabilità è mentale. La madre ha un ruolo molto importante all’interno della stessa, a maggior ragione dove c’è un figlio disabile.
La disabilità psichica è una condizione lacerante, vivere vicino ad un figlio con questi problemi di grave instabilità comportamentale è corrosivo del sistema nervoso, una corrosione lenta e sottile che cammina dentro. La famiglia non può e non deve essere lasciata sola di fronte a questo dramma. La madre spesso si sublima in questo dolore e dà tutto affinché questo figlio o figlia o addirittura figli, come nel caso della mia amica, possano essere felici. Un’utopia questa che rincorre qualsiasi madre del resto. La diversità è nella mancanza di servizi efficaci ed efficienti. La chiusa della poesia è l’Urlo della disperazione, la stessa che ci porta ad inseguire i sogni, a trascorrere ore ed ore della nostra disgraziata esistenza, sbattuti in riunioni, dove le parole, tante parole, ci confondono e ci fanno sognare…. e sognare non si può nella nostra condizione. Il risveglio è troppo crudo e ogni volta ci segna il volto, che nel tempo perde la sua morbidezza.
La pelle nel suo avvizzire dovuto agli anni, sembra accelerare i segni della decadenza nei nostri volti e la rabbia, covata da sempre, non riesce più ad essere camuffata ed esplode in quei lineamenti duri e severi, che tanta angoscia mi suscitano e tanti terribili interrogativi. Anche io un giorno avrò gli angoli della bocca serrati in giù che esprimono un rancore sordo? No, non voglio, voglio poter sorridere, rivendico la felicità, perché la nostra e la vostra felicità dipende da quanto tutti noi siamo disposti a metterci in gioco, mettendo da parte gli individualismi. Partecipare con spirito critico e costruttivo al benessere della propria città, veicolare gli amministratori comunali, utilizzando tutto quanto previsto dallo Statuto della Città di Ladispoli, per promuovere iniziative, volte ad attirare l’attenzione sui gravi problemi dello stato sociale o welfare per essere europei. Ma Europei solo per l’uso di parole inglesi? Nell’Europa del nord i servizi alla persona sono seri ed affidabili, in Olanda sono arrivati addirittura a pensare alla sessualità dei portatori di handicap, cosa che qui da noi è poco meno che innominata! Come genitore di un disabile grave, rivendico il diritto a vivere una vita dignitosa ed accettabile, tanto per la mia famiglia, quanto per mio figlio. Rivendico e chiamo in aiuto tutti a sollecitare le istituzioni, affinché afferiscano su questo territorio i fondi necessari per l’attivazione di centri diurni e case famiglia.
Ora però parliamo di poesia. Quando parlo di fruibilità della poesia, non intendo solamente la capacità di godere del piacere dei versi, perché altrimenti dovrei tirarmi fuori e parlare solo dei grandi. Ma di quelli ne han parlato a iosa ben più celebri pensatori e soprattutto edotti. Intendo invece dimostrare quanto la poesia può dare e servire le problematiche umane, quanto è vera e acuta nell’osservazione delle percezioni interiori. Ovviamente con la prosa abbiamo analizzato il problema della sofferenza e del disagio della disabilità nella famiglia e lì la solita Silvia, petulante e postulante, vi ha afflitto con le disgrazie sue e di tutti quelli come lei. La poesia invece, che ha vita propria e di cui io sono solo meschina penna, analizza il problema dal punto di vista emotivo. Non spiega la poesia, perché non è prosa, la poesia accenna contorni ed ombre e lascia spazio all’immaginazione. Se il significato dal particolare arriva all’universale, trasmettendo sensazioni quasi reali, allora il poeta ha toccato la sua vetta e più che lui, mero strumento, la poesia In questo caso il compito di questa specie di versi spuri, no so neppure se riuscito, era quello di regalarVi per un attimo l’emozione cruda di tanto amore e dolore insieme, che noi proviamo quotidianamente.