Qualche tempo fa noi studenti della I H della “Corrado Melone” abbiamo partecipato all’incontro tenuto dal Professor Guido Andriani, dell’Istituto Tecnico Nautico di Civitavecchia, sulla pirateria moderna. Non ne sapevamo molto, ma la prof. di storia ci aveva assicurato che l’argomento sarebbe stato interessante e ci avrebbe coinvolto, infatti, pensando alla pirateria ci viene in mente un periodo passato, lontano nel tempo e nello spazio, con protagonisti uomini romantici e senza paura, invece abbiamo scoperto che ancora oggi la pirateria è praticata nei mari a noi vicini e non si tratta di eroi romantici.
Il pirata moderno (ma forse anche quelli antichi) sono per la maggior parte delle volte persone povere, che spesso non hanno nulla da perdere, e cercano solo di rubare soldi. Infatti tutte le navi hanno sempre a bordo dei piccoli tesori che sono gli stipendi dei marinai che su una nave non sono pochi. Come si difendono le moderne navi? Per evitare gli “svaligiamenti” totali, sulle navi ci sono spesso due casseforti: una vera, che contiene il denaro necessario per affrontare le spese del viaggio e per gli stipendi e la seconda “finta” che, solitamente, si trova nella cabina del capitano. La chiamiamo “finta” perché contiene sufficienti soldi per accontentare questi disperati e perché, essendo in perfetta esposizione, permette ai pirati di derubare immediatamente quella ed andarsene via in tutta fretta. A chi di noi ha chiesto perché farsi derubare e non reagire, il prof. Andriani ha risposto molto chiaramente: a noi non servono eroi morti, ma uomini vivi. Questi ladri non hanno nulla da perdere e per loro la misera vita che vivono è addirittura di peso, per cui non avrebbero difficoltà ad uccidere chiunque si frapponga fra loro ed il denaro.
Oltre ai pirati ladri di soldi, ci sono anche i pirati “ladri di navi”: sono pericolosissimi, per loro la vita dell’equipaggio non conta nulla, cercano navi piccole e veloci e, quando assalgono le imbarcazioni, o uccidono il personale di bordo oppure lo abbandonano su delle scialuppe (ed a volte è anche peggio).
Esistono poi i pirati “terroristi”: costoro assaltano per scopo “dimostrativo”, prendono in ostaggio il personale di bordo e girano dei filmati che servono a suscitare scandalo allo scopo di avere ciò che chiedono. Si tratta, per lo più, di atti di protesta contro una situazione sociale che vivono. Ad esempio lo fanno per avere il rilascio di alcuni loro compagni già arrestati o anche solo per avere enormi somme di denaro necessari ai loro scopi, e per questo addirittura si disinteressano dei soldi presenti sulla nave.
Durante questa spiegazione abbiamo compreso che la cosa più importante è non reagire mai, non solo ma restare calmi e senza fare gesti rapidi o usare flash per scattare foto o offrire resistenza o alzare la voce o usare strumenti di segnalazione o, ovviamente, usare armi da fuoco.
Ma per salire sulla nave, i pirati hanno dovuto avvicinarsi, come ci riescono? I pirati moderni, per fare il loro “mestiere”, utilizzano delle tecniche di abbordaggio studiate accuratamente: fingono di essere barche da pesca, fingono di sbagliare le manovre, fingono di essere in difficoltà, tendono cavi di acciaio fra due navi, si nascondo fra altre barche inoffensive, usano le tecniche messe in atto dai branchi di lupi per deviare le loro prede nella loro trappola, si avvicinano con varie imbarcazioni da tutti i lati (soprattutto da poppa dove sono più difficilmente controllabili) e così via. In effetti le navi pirata sono sempre piccole imbarcazioni molto più veloci delle navi che attaccano. Il metodo di abbordaggio che ci ha incuriosito di più è stato “il falso messaggio d’aiuto”: tutte le navi, nel momento in cui ricevono una richiesta d’aiuto (“mayday!” che in inglese significa “il mio giorno”, ma deriva dal francese “m’aider” cioè “aiutatemi!”), hanno il dovere di aiutare l’equipaggio che lo ha inviato, chiunque si tratti e di qualunque nazionalità sia, anche se si fosse in guerra. Quindi la nave si avvicina e viene attaccata e derubata. Questi attacchi di pirateria, diventati sempre più frequenti soprattutto a largo della costa della Somalia, hanno portato la comunità internazionale a disporre l’eccezione a questo obbligo in questa regione: chi riceve una richiesta di aiuto deve solo “rigirare” la richiesta alle navi da guerra che sono state appositamente inviate in quei mari. Esistono comunque tutta una serie di sistemi deterrenti che scoraggiano queste azioni: le navi vengono dotate di alcuni strumenti che impediscono l’assalto dei pirati come l’uso del filo spinato lungo i fianchi della nave, la possibilità di fare scariche elettriche sullo scafo (pratica ora giudicata illegale), l’uso di getti d’aria compressa o di estintori ad acqua, dissuasori acustici, lancio di agenti chimici scivolanti, uso di laser o led accecanti, il mettere in “rollio” o in “beccheggio” la nave o ancora far uscire grosse bolle di aria dalle stive della nave in modo da rendere difficilissimo l’avvicinarsi delle imbarcazioni pirata. Interessante il caso dell’uso degli agenti chimici: si tratta di oli bollenti che vengono gettati sulle navi dei pirati, però si sono sollevate le proteste degli ecologisti in quanto si tratta di elementi che inquinano e quindi sono stati sostituiti da materiali biodegradabili. In chiusura il Professor Andriani ci ha informati dell’esistenza della “cittadella”, presente in gran parte delle navi più moderne: si tratta di un ambiente “inespugnabile” autosufficiente all’interno alla nave, è sempre nascosta (la porta di accesso si trova in genere dietro un armadio, o tramite una botola a terra coperta da un tappeto) e dotata di caschi, giubbotti antiproiettili e timone per continuare a pilotare la nave in caso di assalto. All’interno si può sopravvivere fino a dieci giorni in attesa che nel frattempo arrivino gli aiuti. In alternativa si possono usare rotte diverse, ma queste innalzano di molto i costi.
Ci sono altre tecniche, ma il discorso diventerebbe molto lungo. Il professore Andriani ci ha spiegato che non esistono libri di testo aggiornati che illustrino le tecniche di abbordaggio e quelle di difesa perché di anno in anno se ne inventano di nuove, per cui è lui stesso a scrivere i testi per i suoi studenti.
Comunque, abbiamo capito che per scongiurare un attacco da parte dei pirati e tutelare la vita degli equipaggi, è importante la massima vigilanza, soprattutto lungo quei tratti di mare che sono maggiormente pericolosi.
Questo incontro è stato veramente interessante e vorremmo proporlo ai nostri amici e compagni, in modo particolare a coloro che amano il mare.
Concludendo possiamo dire che con il Prof. Andriani abbiamo imparato cose nuove che non conoscevamo e inoltre ci siamo anche divertiti grazie alla sua simpatia!