di Stefania Pascucci e Riccardo Agresti
“Mi sento giovane come voi, anche se siamo distanti varie generazioni!” è iniziato così il colloquio fra Paolo Romano, Alessandra Fattoruso ed i ragazzi della Melone che hanno posto una miriade di domande per soddisfare la propria curiosità e non sono rimasti delusi, anzi…: fra aneddoti e battute, il nostro ospite ha raccontato, in poco meno di due ore, cosa significhi essere attori professionisti e tanto altro.
Grazie ad Alessandra Fattoruso ed al dottor Paolo Bricchi, i ragazzi della “Melone” hanno avuto la possibilità di incontrare il noto attore e regista Paolo Romano che ha spiegato cosa sia l’arte della recitazione. “Ho scoperto tardi di voler fare l’attore: alle medie volevo fare il calciatore, come tutti i bambini sani di mente, ma è al liceo che si comincia ad avere chiara la propria strada. Ho fatto l’attore quasi per esclusione, eliminando le altre possibilità che non piacevano o non mi appassionavano sufficientemente. È importante fare ciò che ci piace perché, essendo una scelta nostra, ci appassiona e ci permette di impegnarci con determinazione, superando tutte le avversità”. Paolo Romano ha ammesso che inizialmente non si sentiva abbastanza forte, anche se in realtà tutti continuavano a spronarlo ed a confermargli che era veramente bravo. Decise allora di “rafforzarsi” studiando recitazione a Milano presso il C.T.A. e successivamente si presentò per frequentare un corso presso la Civica Scuola d’Arte Drammatica “Paolo Grassi”. Per l’ammissione all’accademia si presentarono oltre 500 candidati, ma ne furono accettati solo 20 e di quei venti solo in 8 si diplomarono, tra cui lui. Dodici si persero lungo il cammino, chi bocciato e chi ha abbandonato perché si sentiva inadatto: c’era l’obbligo di frequenza, tutti i giorni dalle 8.00 alle 18.00, furono “spremuti” ben bene. Fu quella la sua “chiamata”: decise che avrebbe fatto l’attore e studiò per esserlo perché, ha detto, per svolgere bene questo lavoro, occorre avere una grande preparazione alle spalle. Seguire i corsi in accademia contribuisce a formare non solo la professionalità di attore, ma anche la personalità, fortificandola sul palcoscenico e nella vita.
Un altro modo di iniziare a recitare è essere “enfant prodige” ma il talento non basta, pochissimi di quei ragazzi riescono a proseguire la carriera. La notorietà può far male, rischia di tenere lontani dalla realtà e per i giovani questo può essere letale se non si è sufficientemente forti e preparati ed il talento, per quanto grande possa essere, non aiuta ad affrontare la vita reale. In ogni caso non si può andare avanti senza strumenti e senza studio e formazione. Se non si ha quella forza, che proviene dalla preparazione, si viene prima o poi scartati in quanto il pubblico si accorge di una scena “vuota”, senza la passione e l’emozione che possono essere trasmesse solo se dietro ad un volto e ad una immagine c’è preparazione e lavoro, e così quel pubblico che ti aveva ammirato finisce per abbandonarti.
Essere attori non è facile. Significa essere in grado di far rivivere sulla scena o sul set parole scritte anche 2000 anni fa, sottolineandone il valore e l’importanza, e questo non è semplice se non si ha un substrato culturale profondo che permetta, prima di tutto a se stessi, di comprendere il senso di ciò che si recita, per poterlo poi donare allo spettatore. Chi fa l’attore è continuamente giudicato. Occorre sempre avere la capacaità di superare le porte “sbattute” in faccia, i rifiuti di chi non ti comprende; ma se si crede in se stessi, se si riesce a far cicatrizzare queste ferite, che segnano dentro, si ottiene la forza di andare avanti. Per questo occorre avere una buona preparazione che dia la forza di credere in se stessi, perché si è consapevoli delle proprie capacità, di avere la conoscenza e la cultura per proseguire; se si è rifiutati la colpa non è nostra, almeno non sempre…
Oggi è possibile lavorare come attore in vari campi, ma agli inizi della carriera di Paolo Romano, questi campi erano nettamente divisi: chi faceva teatro, come lui, non lavorava con il cinema o con la TV. In effetti sono modi estremamente diversi di recitare. Oggi occorre maggiore flessibilità ed è possibile passare dal teatro al cinema, alla televisione senza traumi, ma solo se si è sufficientemente strutturati. Il lavoro dell’attore non si limita solo a quello della performance in una pièce teatrale o delle scene di un film. Un utile paragone è quello con l’atleta centometrista il quale certamente non lavora solo nella gara, della durata di poco più di una decina di secondi. Per giungere alla competizione ed ottenere certi risultati, occorre prepararsi per mesi e anni, con studio, impegno e allenamento.
Il lavoro dell’attore è molto diverso fra teatro e cinema ed anche fra Italia e i paesi esteri. Per il cinema o la TV, sui set all’estero c’è silenzio ed è possibile concentrarsi, invece in Italia il disturbo del rumore, la confusione di chi parla e grida sono enormi: non è per niente facile passare ore ed ore nel caos, attendendo l’inizio delle riprese e poi, quando arriva il comando del regista con il suo “Azione!”, si deve piangere o ridere, da personaggio, in base alla scena che si interpreta, per quei pochi secondi e senza alcun legame con la scena precedente, girata magari la settimana prima o ancora da riprendere. Per essere in grado di trasmettere sensazioni, occorre essere strutturati, saper gestire anche queste situazioni.
Nel teatro è diverso: sul palcoscenico si svolge quasi un “viaggio” nel personaggio che si interpreta, un viaggio che inizia all’apertura del sipario e termina quando questo cala, quando riecheggiano gli applausi e ci si ritrova ad essere se stessi, dopo essere stati “qualcun altro” per un paio di ore. Invece nel cinema, questa magia viene vissuta solo dallo spettatore. Nel teatro c’è simbiosi fra pubblico e attore, entrambi vivono una realtà diversa che dipende da entrambi: attori e pubblico. L’attore “sente” l’umore del pubblico, ne avverte la partecipazione e recita diversamente da sera a sera, proprio in funzione del pubblico che ad ogni replica è diverso. Lo stesso silenzio del pubblico viene percepito in maniera differente da scena a scena e da sera a sera. L’attore contribuisce alla preparazione di quel silenzio o di quell’applauso, costruisce insieme al pubblico l’atmosfera che porterà alla commozione o allo scoppio di risa liberatorio. Cinema e teatro hanno difficoltà profondamente diverse. Nel primo la difficoltà è diventare il personaggio per pochi secondi: dopo ore di attesa, non è facile creare l’emozione dal nulla. Nel teatro il rischio è, invece, l’imprevisto, il vuoto di memoria, ma questo può avere anche aspetti divertenti. È possibile che, dopo tante repliche, in una serata particolare, ad un tratto si saltino per errore, per distrazione o deconcentrazione, battute o pagine del copione; il divertimento è rendersene conto ed osservare la faccia degli altri attori, compagni di scena, che rimangono bloccati, ti guardano e si vede che stanno pensando: “E ora che dico?” ed ancora più divertente è vedere come si riesca insieme a “mettere una pezza”, senza che il pubblico lo noti. Anche questa è emozione, è vita, anche se vissuta solo dagli attori. Nel cinema questo problema non esiste, occorre ricordare poche battute alla volta, ma non è assolutamente facile immedesimarsi e saper trasmettere sensazioni ed emozioni per solo pochi minuti. Addirittura è più facile farlo durante un provino: in quel caso si è quasi soli davanti al regista, che magari è anche distratto ma si riesce ad immedesimarsi, a commuoversi e far commuovere perché nel buio della sala si è “soli” con il tuo personaggio che rivive con te stesso.
Se nel teatro il rapporto con gli altri attori diventa cameratismo, perché si prepara insieme lo spettacolo e poi si vive insieme in tournée, al cinema il rapporto con il partner può essere difficile. Paolo ha avuto la fortuna di avere un aspetto molto piacevole per cui gli hanno sempre associato partner femminili molto carine e, tranne pochissime eccezioni (ma non si è trattato di odio, quanto di freddezza, difficoltà a sentire empatia a causa della freddezza della persona), molto simpatiche ed empatiche ed è sempre stato un reale piacere lavorare con loro, soprattutto nelle scene in cui occorreva baciarsi. “Una volta, mentre si girava una scena di un bacio con una splendida attrice, mi resi conto che lo “stop” tardava ad arrivare ed il bacio si prolungava. Aprendo un occhio, mi resi conto che un elettricista stava cambiando le luci, per cui, evidentemente, non si stava più girando. Richiusi l’occhio e continuai a baciare quella splendida ragazza ringraziando il regista, Nencini, e la sua dimenticanza!”. In quei pochissimi casi di mancanza di feeling, Paolo ha affermato che usa un metodo infallibile: il metodo “IBAN”, cioè ricordarsi che si è professionisti e che si è pagati per quel lavoro. Quindi, si utilizzano tutte le proprie capacità tecniche e professionali per mostrare, non senza difficoltà, di provare passione anche per quell’attrice che vorresti mandar via per la sua antipatia. “Tuttavia una situazione veramente difficile è capitata quando stavo girando una scena di sesso con una bellissima attrice. Purtroppo sul set era arrivato il marito il quale, oltretutto, si era messo a seguire le riprese dal monitor: la situazione è stata realmente, enormemente imbarazzante ed ancora adesso non so come sia riuscito a portare a termine le riprese di quella scena!”.
Cos’è la fama, essere famosi? Oggi si può avere una fama immediata tramite youtube, ad esempio ultimamente decine di migliaia di follower guardano e rendono famosi i protagonisti di video dove una pallina viene schiacciata su un tavolo. Ma che senso ha avere una fama effimera? Cioè essere famosi per un tempo brevissimo e poi essere completamente dimenticati? Alla lunga la celebrità di quei video non tiene, dopo un po’ il pubblico cerca qualcos’altro e chi era famosissimo poco tempo prima, poi è cancellato non avendo lasciato nulla dietro di sé, nessuna emozione che sola rimane di te in chi ti ha visto, e non si è più nessuno, nemmeno un ricordo. Per proseguire e lasciare qualcosa nel pubblico occorre avere preparazione, studiare sempre, rinforzarsi senza sosta, tenendo conto che non si è mai all’apice e ci sono ancore nuove sfide da dover affrontare.
Per avere successo conta maggiormente il talento o la preparazione? “Io sono un “precisino”, passo giorni a prepararmi, mentre altri giocano più sulla improvvisazione e questo spesso porta anche a grandi risate sul lavoro. Ad esempio per la fiction “Un posto al sole” (trasmesso da RAI 3, dove Paolo Romano interpreta il personaggio di Eugenio Nicotera) si viene a conoscere il giovedì quali siano le giornate in cui si è impegnati sul set durante la settimana successiva e mi capita anche che la notte precedente non riesca a dormire per la tensione. Ovviamente il talento aiuta, ma da solo non è sufficiente. Chi abbia solo talento può andar bene una volta o due, ma poi, senza affidabilità, durerà poco, e nessuno lo prenderà in considerazione per la mancanza di serietà; il talento non coltivato finisce e lascia il vuoto di ciò che quell’artista avrebbe potuto dare ancora. Invece chi si basa solo sul lavoro e sul rigore, riesce a proseguire il lavoro, anche se forse, ma non sempre, ad un livello minore, e sopravvive. Insomma occorrono entrambi, talento ed impegno, ma forse ancor più serve la fortuna”.
Se il film che lo ha un pochino indirizzato alla passione di attore è stato “Servo di scena”, quello che gli ha lasciato al momento l’emozione più forte è stato “A new day in old Sana’a”, un film d’amore girato nello Yemen, vincitore al Cairo International Film Festival 2005, in cui è protagonista con il ruolo di Federico, cui è rimasto molto legato. A quel film, ha raccontato, è legata anche una sua disavventura, quella di avere perso la macchina fotografica del padre (smarrimento di cui non si perdonerà mai) insieme al suo portafogli con i documenti: le disavventure per riuscire a rimpatriare resero il rientro una vera peripezia.
Alla domanda su come faccia a memorizzare e a ricordare il copione, anche in tempi brevi, Paolo Romano ha spiegato che ha una memoria visiva molto marcata, per cui ricordare “fotograficamente” la pagina del copione lo aiuta moltissimo. Ha però spiegato che usa anche una sua tecnica personalissima: quella di memorizzare solo le iniziali, ad esempio “sei speciale solo tu” è “s. s. s. t.”. Ma anche a lui capita, qualche volta, di dimenticare la battuta e al momento in cui torna in mente gli altri lo ascoltano stupiti dire ad esempio: “Ma sì, avrei dovuto dire “k. l. u. m. z.”!”.
Paolo Romano ha lavorato con molti attori davvero bravi e di calibro cui, ha detto, si è avvicinato sempre con la deferenza dovuta a chi è “grande”. Dover recitare con Giancarlo Giannini non lo ha fatto dormire per varie notti: lui è una icona, un grande e ne temeva il giudizio; eppure Giannini fu gentilissimo: “Mi mise subito a mio agio e mi diede consigli utilissimi. Altri attori eccezionali, con cui ho lavorato, che si sono mostrati altrettanto disponibili, sono stati Terence Hill, Paolo Ferrari, Sergio Fiorentini…”.
Paolo Romano non esita a ribadire alla platea dei nostri allievi quanto sia importante studiare perché una testa non erudita si fa manovrare più facilmente, mentre se si studia si riesce a formulare pensieri propri e comprendere la realtà che ci circonda; ragionando con la propria testa si riesce a comprendere cosa desideriamo veramente e cosa vogliamo fare della nostra vita; si acquisisce la capacità di analizzare i problemi e non farsene travolgere. Più si usa il cervello e più lo si rinforza, per cui “occorre leggere, leggere e leggere”, solo in questo modo, una volta individuato l’obiettivo, si è in grado e si ha la forza culturale di combattere per raggiungerlo. “Il mondo che noi adulti stiamo lasciando ai giovani non è per niente bello e quindi sarà dura, occorre essere determinati, non essere inutilmente competitivi. Ma non bisogna arrendersi mai. D’altro canto se non crediamo in noi stessi, perché altri dovrebbero credere in noi? Se non ci impegniamo, perché dovremmo essere scelti? Occorre sempre la forza di volontà e la determinazione che ci viene dalla preparazione”. Chi ha sofferto la fame e viene in Italia ha grandissima forza di volontà ed ha la determinazione a riscattare la propria condizione che molti italiani, abituati al divano ed ai videogiochi, non hanno più e poi ci si lamenta che chi ha capacità, volontà e preparazione ci passi avanti. Occorre recuperare voglia di fare, perché è giusto che lavori chi ha capacità, volontà e professionalità, perché in questo modo il risultato sarà migliore.
L’Italia è vista all’estero come la culla della cultura occidentale, insieme alla Grecia, e grazie al Rinascimento è effettivamente da ritenersi la patria dell’arte. L’UNESCO ha riconosciuto all’Italia il maggior numero di siti, al mondo, patrimonio dell’Umanità. Il teatro è arte. Ma oggi chi va a teatro? Fatto un rapidissimo sondaggio nella sala piena di ragazzi, si evidenzia tristemente che di circa 100 persone, solo una decina va a teatro una volta l’anno (e forse solo perché li porta la nostra Scuola). Questo è gravissimo perché il teatro è cultura. Ma in una società dove la cultura deve essere pagata e dove si viene spinti ad acquistare altro invece dell’arte, ovviamente i teatri chiudono e le compagnie si sciolgono, perché non riescono a sopravvivere. A questo si aggiunge che se inizialmente il teatro era l’unico modo per vivere le storie e la messa in scena costava tantissima fatica per cui solo il meglio era disponibile; poi è venuto il cinema, quindi la TV ed ora youtube e il livello culturale è andato man mano diminuendo. Ora sono accessibili ad un pubblico enorme cose senza senso, come appunto i video delle palline che si schiacciano su un tavolo.
La conclusione dell’incontro è stata ancora un’osservazione divertente di Paolo Romano: molti fan rimangono delusi quando lo vedono passeggiare insieme alla vera moglie e non con il personaggio Viola Bruni della soap opera “Un posto al sole”!
Una mattinata interessante, intensa e divertente in cui si è parlato di arte, di teatro, di impegno, di preparazione, di studio, di talento, di obiettivi e di sogni da inseguire… ancora una volta un’occasione preziosa per i nostri alunni per confrontarsi con una grande personalità e con il mondo della cultura, per conoscere ed entrare in contatto con la realtà. Chissà, magari alcuni dei nostri ragazzi dopo questo incontro cominceranno a pensare a come orientarsi per il futuro, a ciò che potranno fare o chi vorrebbero diventare da grandi… Non lo sappiamo in questo momento, ma forse anche grazie ad una piacevole chiacchierata come questa, avranno cominciato a maturare qualche scelta o a riconoscere una loro particolare inclinazione, un sogno cui dare vita, un obiettivo da raggiungere…