“Contro il passaggio del servizio idrico ad Acea mi farò promotore, insieme agli altri componenti dell’opposizione, di un sit-in di protesta previsto per il 30 settembre, per il quale auspichiamo una grande mobilitazione cittadina”
Intervista al consigliere comunale di Movimento Civico Ladispoli Città Eugenio Trani.
Dopo le elezioni e qualche schermaglia con la maggioranza post-insediamento, parla in vista della ripresa dell’attività politica che avverrà stasera con il consiglio comunale di Ladispoli.
Diversi gli argomenti toccati: si va dalla nuova opposizione al passaggio ad Acea, dai casi di cronaca in città alle scelte dell’Amministrazione.
I rapporti con la nuova opposizione, rispetto alla precedente
Durante i cinque anni della prima amministrazione Grando, il Movimento Civico Ladispoli Città ha saputo configurarsi come unica forza di opposizione reale a molte delle decisioni assunte dalla giunta e dalla maggioranza consiliare. L’assenza di un’opposizione organica ha comportato non poche difficoltà nel rilevare e sollevare le criticità e nel porre in campo proposte alternative. Questo ci ha portato, nei casi a nostro avviso più seri ed eclatanti, a dover ricorrere a Prefettura e Magistratura, uscendo da quello che, ci tengo a dirlo, consideriamo il luogo preferenziale per la risoluzione dei conflitti: l’agone politico, e l’aula consiliare. La nuova opposizione offre, senza dubbio, gli spazi per agire la politica amministrativa al meglio. Ben sei consiglieri eletti provengono da un’esperienza elettorale comune, della quale hanno condiviso intenti e spunti programmatici. Questo, almeno sulla carta, rappresenta un solido punto di partenza, per condividere obiettivi e azioni da portare avanti nelle commissioni e in Aula. A questo, si aggiungono l’esperienza, la conoscenza del territorio e della macchina amministrativa, che si portano dietro gli altri eletti all’opposizione, con i quali auspico un dialogo costante e costruttivo, così come accaduto in questi primi mesi. È però necessario sottolineare che, l’esito di questa tornata elettorale, ci restituisce un quadro piuttosto allarmante. Il centro destra ha vinto, quasi con il 60% dei consensi. Lo ha fatto in un contesto di astensionismo radicato, nel quale le forze progressiste, nonostante il buon risultato della coalizione “Un nuovo inizio” (per Pascucci sindaco), hanno rivelato una fragilità profonda e annosa. Le mancanze pregresse, hanno reso evidente (se mai ce ne fosse stato bisogno), che un buon progetto elettorale e delle figure credibili, non sono sufficienti a conquistare la fiducia dei cittadini. Servono costanza, coerenza, interazioni continue con la comunità. È necessario trovare una nuova sintonia con i concittadini e costruire un dialogo a più voci, al di là degli argomenti di consiglio, che riporti al centro la politica, le relazioni, la fiducia e la credibilità. Non è un compito affatto facile, soprattutto in un momento così buio e delicato per ciascuno. Il 25 settembre prossimo, con le Elezioni Politiche, potremmo trovarci di fronte a un quadro di ulteriore sradicamento della popolazione rispetto alla classe dirigente. Questo in un quadro sempre più incerto, di sofferenza economica e sociale, nel quale gli amministratori locali sono spesso chiamati a rispondere su bisogni e temi “fuori portata”. Ed è proprio per l’eccezionalità dei tempi che, soprattutto i progressisti, devono sapersi riformulare e ricominciare a fare politica, soprattutto fuori dalle stanze dei bottoni.
Palazzo Falcone
Anche per quanto appena detto, è sotto gli occhi di tutti che il nostro comune non sia una macchina efficiente e che, ormai troppo spesso, non sappia intercettare i bisogni e le richieste dei cittadini. Alle mancanze “incolpevoli” (pandemia, crisi energetica, situazione geopolitica, ecc…), dettate da equilibri molto più vasti dei confini comunali, a Ladispoli si aggiungono pecche gestionali, a volte piuttosto gravi, che rendono ancor più inefficace l’azione amministrativa. Vi faccio degli esempi. Recentemente, ho avviato un’analisi relativa alle manifestazioni estive messe in cartellone dall’Ente, riscontrando una pressoché totale mancanza di controlli e misurazione dei risultati. Fin troppo spesso, negli atti amministrativi, ravvisiamo errori, anche sostanziali, minimizzati dietro la dicitura “mero errore materiale”, come nel caso della delibera di giunta n. 178 di Settembre 2022 relativa alla pista ciclabile, annullata per la mancanza di un allegato come lo schema di convenzione con la Regione Lazio, relativo al contributo per il progetto. Altre volte, l’approssimazione viene fatta “passare in sordina”, come nel caso del Centro Commerciale al Km 38, un’ulteriore colata di cemento prevista in fretta e furia dal Comune, malgrado l’opposizione di forze politiche e grandi comparti cittadini, e sospesa dalla Regione perché mancante della VAS. Le carenze di questa amministrazione appaiono evidenti anche dai tanti temi che non trovano risposte sul piano “strutturale”, come, ad esempio: la questione degli sversamenti nel fosso Sanguinara, la scarsissima attenzione all’abbattimento delle barriere architettoniche, la mancanza di una gestione organica del settore turismo, il Teatro Auditorium ceduto ai privati e ancora chiuso, nonostante un annuncio in fase elettorale che ne prevedeva l’apertura a luglio, il Palazzetto dello Sport inaugurato in pompa magna e ora chiuso al pubblico. Tra le molte cose fatte in “fretta e furia” dalle giunte Grando, merita di essere sottolineato il progetto del parcheggio a vicolo Pienza. Una proposta dirigistica, buttata sul tavolo appena dopo l’insediamento, senza alcun confronto partecipativo con la popolazione, e senza rendersi conto che il piano del traffico non lo prevede. Infine, è questione di questi giorni, la doppia bollettazione di Flavia servizi. Cittadini in fila, con bollette duplicate dal costoso software gestionale che, anzichè facilitare il lavoro, ha di fatto duplicato le utenze idriche e, di conseguenza, le bollette. Insomma, le amministrazioni a guida Grando appaiono arrancare nella progettualità e votate ad agire per compartimenti stagni, dedicando piena attenzione a singole fette d’imprenditoria e ignorando molto spesso il volere della collettività.
Questione del passaggio del servizio idrico da Flavia ad Acea
La gestione di Flavia non è certo stata esente da critiche: denaro pubblico sprecato per un pozzo che non ha risolto alcun problema, la località Monteroni, con acqua non potabile dal 2018 (senza riconoscere alcun tipo di ristoro alla popolazione residente) e, non ultimo, il passaggio della gestione ad Acea. Una scelta dolorosa, con grave partecipazione della Regione Lazio e, a nostro avviso, non inevitabile. Nel passato recente, le amministrazioni a guida Paliotta (anche con l’assunzione di responsabilità diretta delle giunte da lui guidate) hanno tenuto testa allo spauracchio del commissariamento regionale e rispedito al mittente, con ricorsi e opposizioni, il paventato obbligo di passaggio al gestore unico. È evidente che, nel tempo, i margini di azione si siano sempre più assottigliati e, dal mancato rispetto dell’esito referendario del 2011, la situazione sia via via tracimata verso una volontà netta, da parte dei governi nazionali che si sono succeduti, di conferire ai gestori unici il servizio idrico integrato. Alla luce delle battaglie ventennali che Ladispoli ha intrapreso, peraltro in un contesto unitario, nel quale le forze del cdx e del csx hanno da sempre operato insieme per il mantenimento del servizio in-house, avremmo desiderato un maggior coinvolgimento da parte dell’amministrazione nella fase decisionale e, soprattutto, un coinvolgimento della comunità. Anche finendo con l’assumere scelte drastiche ed estreme, come il continuare ad opporsi al commissariamento e guadagnare ulteriore tempo prezioso. Arrivo a dire questo perché, purtroppo, lo scenario che si è invece configurato porterà, già da novembre, i cittadini di Ladispoli a ricevere bollette maggiorate di oltre il 30%. Ciò in una fase in cui il costo della vita sta diventando insostenibile, comportando uno scivolamento di moltissime famiglie e persone sotto la soglia di povertà. Incaricato dai colleghi di opposizione, ho recentemente preso parte ad un tavolo dell’amministrazione Grando con il gestore unico Acea-ato2. Ne è emerso un quadro piuttosto triste per la nostra comunità che, senza la Flavia ad occuparsi del servizio, sarà contabilizzata come uno dei tanti numeri di una grande società, perdendo qualità in termini di: presenza degli operatori sul territorio, tempistiche nella risoluzione dei problemi, facilità di interazione con il gestore. Ladispoli perderà le sue casette dell’acqua, che il gestore potrebbe sostituire con un massimo di due nuovi distributori per oltre 40.000 abitanti. Non ci sarà più uno sportello al pubblico e, nell’arco di poco, vedrà allontanati anche i tecnici che ben conosce da anni, poiché le politiche aziendali del Gestore Unico, non prevedono il mantenimento della territorialità dei dipendenti. Personalmente, continuerò a professarmi contrario a questo passaggio, alla privatizzazione de facto, di un bene comune inalienabile, qual è l’acqua. Mi farò promotore, insieme agli altri componenti dell’opposizione, di un sit-in di protesta, previsto per il 30 settembre, per il quale auspichiamo una grande mobilitazione cittadina.
I casi di criminalità in città
La situazione in città è piuttosto preoccupante. I casi di microcriminalità, violenze e cronaca nera sono ormai all’ordine del giorno, come se Ladispoli fosse piombata in un gorgo oscuro. Credo che, prima di qualsivoglia discorso sulla sicurezza dei luoghi, sia necessario riflettere su alcuni dati. Nel 2021, il reddito pro capite dei nostri cittadini è stato di 16.000 euro, sotto la media nazionale e paragonabile a una borgata periferica di Roma. Il caporalato e il lavoro in nero sono cresciuti a dismisura e, quasi 1500 abitanti, risultano percettori del Reddito di Cittadinanza per sopravvivere. Una misura necessaria e importante, ma da sola insufficiente a scongiurare lo scivolamento sottosoglia anche di questi nuclei famigliari e persone singole. I casi di marginalità, violenza domestica, bullismo, consumo e spaccio di stupefacenti, ecc… appaiono paragonabili a quelli di centri molto più estesi del nostro e le richieste di accesso a strutture di servizi per il sostegno psicologico, registrano dati esplosivi, soprattutto in epoca post-pandemica. Tutto questo non si affronta con una risposta di carattere repressivo e securitario. Le Forze dell’Ordine, ora ben rappresentate sul territorio, svolgono un lavoro fondamentale in termini di controllo ma è l’Ente a dover creare le condizioni affinché la situazione possa cambiare, sul piano del supporto sociale, della proposta culturale e del recupero occupazionale. Solo attraverso una programmazione amministrativa trasparente, volta all’esclusivo bene comune, e capace di leggere l’attuale, è possibile restituire alla comunità di Ladispoli una dimensione vivibile, che dia possibilità e, uso un termine forte, speranza. Soltanto riservando la maggior parte delle risorse disponibili al terzo settore, alla cultura e ai saperi, sarà possibile investire nel recupero e nella crescita della città. Esclusivamente coinvolgendo gli operatori del settore, i rappresentanti dei comparti che operano sul territorio e le istituzioni cittadine, di concerto con le forze dell’ordine, sarà possibile amministrare in modo consapevole e riportare Ladispoli alla luce del sole piuttosto che sotto quella dei flash dei cronisti.