La rappresentazione a cura della Biadi Music Academy, intervista al regista e attore Ludovico Buldini
Molti gli artisti impegnati per l’evento del 6 e 7 agosto ad
Anguillara al Parco Archeologico dell’Acqua Claudia con la mise en
scène a cura della Claudia Biadi Music Academy dell’opera Andromaca di
Leonardo Leo.
Tra loro il regista ed attore Ludovico Buldini, nella foto, al quale
abbiamo rivolto alcune domande sull’esperienza che lo coinvolgerà come
narratore.
Ludovico Buldini, da attore come vede il connubio tra opera e prosa?
Non mi è mai capitato di lavorare al fianco di cantanti d’opera, ma
quando mi è stato proposto di partecipare allo spettacolo in chiave di
narratore mi sono entusiasmato. L’opera è un mondo antico, con delle
radici profonde che affondano nelle origini del teatro italiano, è un
mondo dove la tecnica permette di staccarsi totalmente dalla
dimensione quotidiana del corpo dell’attore per renderlo strumento
espressivo di un mondo altro. Personalmente penso che essere in
contatto con questa tecnica e con questo universo espressivo che ho
sempre visto solo da lontano, possa essere un modo per esplorare altre
capacità della scena. Le parti operistiche, che si aprono nel racconto
come finestre, possono trasportare nell’animo dei personaggi con una
forza evocativa diversa da quelle a cui potrebbero accedere attori di
prosa. Questa differenza, questo valore aggiunto dell’opera, è
qualcosa da preservare e da scoprire. D’altro canto la presenza di un
narratore che ripercorre la tappe fondamentali della storia, lasciando
ai cantanti le parti più spiccatamente musicali, snellisce molto lo
spettacolo, rendendolo più vicino alla sensibilità contemporanea.
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Il Parco Archeologico dell’Acqua Claudia con la sua antica villa di
epoca romana è un teatro sui generis. Da attore quali connessioni si
generano con il luogo quando si va in scena?
Lo spettacolo senza il luogo non esiste. Diventa ciò che è sera per
sera a seconda di come è l’ambiente in cui si tiene sia per la sua
conformazione, sia per il pubblico presente. È un corpo vivo che
reagisce a quello che percepisce intorno. Parliamo di sfumature, ma
sono queste che nascono dalla connessione con il luogo,
coinvolgendolo.
In Andromaca si esibiranno anche i giovani cantanti della Claudia
Biadi Music Academy. Qual è il valore dei giovani in teatro?
Non so se si può parlare di giovani come categoria unica e distinta.
Ci possono essere tanti giovani che non apportano nulla di nuovo, come
persone più in là con l’età che invece continuano a ricercare. In
questo ambito sono importanti la curiosità e la necessità di trovare
le proprie soluzioni al problema dell’espressività. Di certo per un
giovane è più facile abbandonarsi a questa avventura a cuor leggero.
Magari non ha una famiglia da sfamare o non ha ancora ricevuto tutte
le porte in faccia che lo hanno portato a calmarsi e mettersi nei
ranghi. Il valore che i giovani possono portare è il coraggio
dell’incoscienza.
In un’estate di ripresa degli spettacoli dopo lo stop pandemico,
l’appuntamento di Anguillara con le due recite del “dramma per musica”
di Leonardo Leo come si colloca?
Dopo la pandemia percepisco in me e intorno a me un desiderio maggiore
di condivisione con gli altri di esperienze concrete. Un desiderio che
forse prima si era perso, o di cui non si vedeva l’importanza.
L’appuntamento di Anguillara spero possa avere l’intensità necessaria
a soddisfare questa nuova fame.
Quali sono a suo avviso oggi le modalità per diventare un buon
interprete e quali caratteristiche si devono avere?
Per me un buon interprete ha una connessione libera con sé stesso.
Sprofonda senza autocompiacimento, senza paure e repressione, nella
materia densa che si porta dentro e fa di questa il nutrimento della
sua espressione. Ha un corpo fluido, morbido, pronto ad accogliere il
flusso che esce dal profondo. Per raggiungere tutto questo deve
studiare e praticare tanto per maturare una consapevolezza del suo
corpo e della sua anima, che in fondo poi sono la stessa cosa. Se avrà
la disponibilità di lanciarsi nell’impresa e il coraggio di andare
fino in fondo, potrà comunicare qualcosa di valido agli altri. Siamo
stanchi del superfluo e dell’inutile, quando andiamo a teatro vogliamo
vedere qualcosa di necessario. Il futile è ovunque, questi spazi
devono esserne immuni.
La Claudia Biadi Music Academy si è assunta un ruolo molto difficile:
quello di avvicinare i giovani alla musica classica e lirica. E’
impresa possibile a suo avviso?
Credo sia difficile che queste forme espressive possano tornare ad
essere di larghissima diffusione, e forse questa è anche la loro
fortuna. Ma, nonostante siano sonorità a cui le nostre orecchie non
sono più abituate o che riconoscono come qualcosa di passato,
riducendole a stereotipi, è possibile trovare il modo di riscoprirne
la vitalità, la capacità ancora di trasportare in universi ricchi di
suggestioni e possibilità di scoperta. Un aneddoto. Prima di andare a
un concerto di piano solo, un mio amico pianista mi ha tenuto una
sorta di lezione di musica in cui mi guidava all’ascolto dei pezzi che
avremmo sentito. Ho poi apprezzato molto di più il concerto. Quando
invece sento un concerto di musica classica senza sapere niente prima,
è molto facile che io mi alieni nei miei pensieri, perché non mi ci
riesco a connettere. La musica classica e la lirica possono allargare
il loro pubblico, coinvolgendo certamente anche giovani. Quello di cui
hanno bisogno è un’educazione all’ascolto. Compito di chi vuole
difonderle è proprio educare quante più persone possibili. Sicuramente
nasceranno tanti nuovi appassionati.