Partendo dal presupposto che è vero che il Presidente della Repubblica dev’essere il garante di tutti i cittadini, che è una carica istituzionale e una serie di considerazioni – di questi tempi – mai scontate, c’è da dire che tutti coloro che affermano che la partita del governo fosse esclusa dalle trattative per il Capo dello Stato dicono una sciocchezza piuttosto evidente.
Il rinnovo del settennato di Napolitano è da leggere esattamente in questo senso. È il primo passo verso il tentativo (chi parla di certezza è troppo ‘confident’) di formare l’ennesimo governo di larghe intese. È con ogni probabilità (e mia personale speranza) l’ultimo passo di un sistema che sta mostrando in queste ore la propria inadeguatezza in maniera assolutamente lampante. È l’ultimo passo di coloro che – almeno pubblicamente – affermano convintamente che ci sia bisogno di ‘un’ governo. Come se si potesse prescindere dal ‘tipo’ di governo da formare. Come se tutti i governi fossero uguali.
Parlando specificatamente di Napolitano, sono vari i motivi per cui sarebbe stato auspicabile che il Presidente non fosse rieletto, partendo dalla prassi istituzionale per arrivare all’ipotesi di governo che quest’inedita situazione prepara. Sbaglia chi si sofferma sull’età anagrafica, Napolitano non sarà un giovincello ma Rodotà – e lo dico perché i principali critici del Presidente avrebbero preferito quest’ultimo – a brevissimo avrà anche lui i suoi 80 anni.
La differenza sta principalmente in ciò che i due rappresentano in termini di ipotesi di governo. Mentre il secondo avrebbe potuto essere l’auspicabile grimaldello per uscire dall’impasse fra il centrosinistra e il M5S (che magari avrebbe potuto essere più solido, in questo senso) il primo rappresenta il mantenimento dello status quo. Altro che il cambiamento sbandierato fino a ieri.
I fini strateghi dietro quest’operazione hanno reagito in maniera conservativa, consci del fatto che i tempi sono maturi perché questo sia veramente l’ultimo (più o meno lungo) giro. È una mossa di arroccamento in un momento in cui invece ci sarebbe stato bisogno di un po’ di coraggio. Sia chiaro, la ‘colpa’ non è da ascriversi al Presidente quanto a chi non è stato capace di portare avanti una soluzione differente.
Quando c’è un vuoto si tende a riempirlo, lo si è imparato con Grillo e lo si è visto in queste ore (e all’inizio della vicenda Monti) con Giorgio Napolitano. E spesso non avviene nel migliore nei modi.