Strasburgo si tinge di nero: l’estrema destra che spaventa l’Europa • Terzo Binario News

jonathanManca poco più di un mese alle elezioni Europee che si terranno nei 28 paesi dell’Unione tra il 22 e il 25 maggio prossimi. Sarà un appuntamento importante sotto numerosi punti di vista. Negli ultimi 6 anni, l’UE ed il suo ruolo nel Vecchio Continente, sono stati al centro di un focoso dibattito interno ai singoli Stati membri. Allo scoppio della crisi economica nel 2008 Bruxelles ha risposto con manovre finanziarie di severa austerità, causando malcontento soprattutto nei paesi più duramente colpiti, quelli del Sud Europa.

Il crescente malumore ha dato spazio e vigore alla nascita di formazioni politiche espressamente antieuropeiste ed ostili alla moneta unica ed ha contribuito a rafforzare tutti quei partiti che da sempre si muovevano su posizioni euroscettiche. Le prossime consultazioni saranno un banco di prova importante per la tenuta dell’intero impianto comunitario che ha dovuto fare i conti, non solo con la crisi economica e finanziaria, ma anche con un deficit democratico e di trasparenza non più sostenibile in un mondo in cui le istituzioni hanno la necessità di ridurre notevolmente il gap che le separa dai cittadini.

C’è senz’altro bisogno di anteporre, ad un’Europa di tecnocrati e burocrati, un’Europa in cui i cittadini dei 28 paesi possano riconoscersi nei valori, nelle istituzioni e in una storia comune. La funzione di un’Europa unita politicamente ed economicamente è stata determinante negli ultimi sessant’anni, garantendo stabilità e prosperità ad un Continente uscito devastato dai due conflitti mondiali. C’è un fronte però, quello delle destre europee, più o meno estreme, più o meno xenofobe e nazionaliste, che nutre nei confronti di Bruxelles un sentimento d’odio profondo e che sta lanciando una campagna elettorale dura, spregiudicata, i cui bersagli principali sono istituzioni comunitarie e moneta unica (per chi è nell’Eurozona).

In questa vera e propria crociata tutto il fronte delle destre avrà un alleato d’eccezione: Vladimir Putin. Questo il guanto di sfida che il Presidente russo lancia all’Unione Europea, un supporto non espressamente economico, ma logistico e mediatico a tutte le formazioni politiche che fanno della lotta all’Europa comunitaria il loro cavallo di battaglia. L’analisi è contenuta in uno studio datato Marzo 2014 a firma dall’importante ed autorevole centro di studi ungherese “Political Capital Policy Research and Consulting Institute” (qui il link al documento The Russian Connection). Non è casuale il sostegno, quasi unanime, dell’estrema destra europea alle politiche putiniane degli ultimi tempi, dalla Siria all’attuale situazione ucraina, passando per le violazioni dei diritti umani e della libertà di stampa attuate dal Cremlino, per finire con un comune sentimento antiamericano.

Le posizioni su cui convergono tutte le forze di destra sono numerose: una nuova architettura istituzionale comunitaria con il ritorno di maggiori poteri e prerogative ai singoli Stati nazionali, fino a posizioni più radicali che vogliono l’immediata uscita dall’UE e dall’Euro (un’exit strategy impraticabile e dannosa). Xenofobia, antisemitismo (vedi il caso dell’ungherese Jobbik) e lotta all’immigrazione sono altri temi caldi, così come è ritenuto un oltraggio il possibile ingresso in Europa della Turchia. Senza ombra di dubbio la guida della compagine dell’EAF (European Alliance for Freedom) sarà affidata a Marine Le Pen forte del successo ottenuto dal suo Front National nel corso delle ultime elezioni amministrative francesi e che, secondo gli ultimi sondaggi Pollwatch, potrebbe ottenere il 21,5 dei consensi e 18 seggi nel prossimo Parlamento Europeo.

Non bisogna poi sottovalutare il partito di estrema destra ungherese Jobbik che alle consultazioni politiche del 6 aprile, dopo una campagna elettorale connotata da un forte antieuropeismo e antisemitismo, ha ottenuto il 20,5% dei consensi, diventando il terzo partito del paese. Per la prima volta parteciperà alle elezioni Europee anche il partito di connotazione neonazista greco Alba Dorata che, dopo l’exploit del 2012, punta ad ottenere il 10% dei suffragi il prossimo maggio. Ma la formazione ellenica non naviga in acque particolarmente serene, soprattutto dopo l’arresto del suo leader Michaloliákos lo scorso settembre.

A marzo poi Alba Dorata ha perso anche il deputato Chrysovalantis Alexopoulos dopo che quest’ultimo ha accusato il partito di propagandare le proprie idee con metodi criminali. In Italia la Lega Nord guidata da Matteo Salvini ha più volte endorsato Putin e le sue politiche, tanto che al Congresso del Carroccio, il segretario leghista ha deciso di invitare alcuni parlamentari di Russia Unita. Ma la connotazione regionalista, ben poco coerente con le spinte nazionaliste che arrivano dagli altri partiti, rischia di compromettere i rapporti tra Lega e parte degli alleati in seno all’EAF. A completare il fronte della destra europea troviamo l’FPÖ austriaco di Heinz-Christian Strache, il ATAKA bulgaro, la formazione tedesca dell’NPD, il partito lituano Ordine e Giustizia, il British National Party britannico, il Vlaams Belang belga, il Pvv di Wilders in Olanda e altre formazioni minoritarie.

Un clima di rabbia, sfiducia nelle istituzioni e paura si è diffuso capillarmente in tutta Europa ed ha contribuito ad alimentare formazioni politiche che proprio facendo leva su temi come nazionalismo, xenofobia e lotta a istituzioni comunitarie e al modello di sviluppo Occidentale in generale hanno costruito il proprio consenso. Ma chi pretende di fare a meno dell’Europa si apre la strada verso il baratro. Emblematico il caso ungherese dove il governo Orbàn predica politiche protezionistiche, pretendendo di chiudersi a riccio all’interno del suo fortino magiaro ma, alla prova dei fatti, nell’ultimo anno il pil dell’Ungheria, per l’85%, è stato rappresentato da esportazioni realizzate da imprese con capitali esteri.

Un’Europa divisa, politicamente ed economicamente, rimarrebbe letteralmente schiacciata tra i colossi Asia ed America regredendo ad un ruolo di secondo piano nel palcoscenico globale. La soluzione ai problemi odierni dell’UE non può essere la fine di un progetto, imperfetto si, ma che ha garantito pace e stabilità al Continente. L’uscita dall’Europa rappresenterebbe un grave passo indietro, un ritorno a politiche ottocentesche anacronistiche e d’impronta nazionalista che segnerebbero il tracollo definitivo. Le propagandistiche ricette avanzate dall’estrema destra europea sono semplicemente una non-soluzione ai problemi che affliggono oggi l’UE. Non-soluzioni, che però, sembrano piacere a molti.

Pubblicato giovedì, 17 Aprile 2014 @ 10:27:44     © RIPRODUZIONE RISERVATA